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Un po' di storia
Proprio pochina, eh, perché l'espressione "una beneamata ceppa", anche nella variante "una beneamata cippa", la troviamo attestata da meno di vent'anni. Anzi, fino agli anni '10 di questo secolo ha una diffusione (scritta) praticamente irrilevante.
Il significato lo conosciamo: se dico che non me ne importa una beneamata ceppa, intendo che non me ne importa niente. E si arriva a questo significato in una maniera trasparente, che è anche il successo di questa espressione: una sofisticata serie di strati d'eufemismo. Strati avvolti intorno a precedenti espressioni analoghe che si riferiscono ai genitali maschili, pensiamo a "una mazza", "un piffero", che sono eufemismi sì ma piuttosto scoperti, fino ad arrivare a quelle del tutto esplicite, come "un cazzo".
Il ceppo
"Ceppo", come eufemismo per i genitali maschili, pare anch'esso piuttosto recente. Il riferimento non è difficile da intendere: il ceppo dell'albero si stacca e innalza senza rami dal piano della terra. Anzi ha quella gradevole ispirazione panica che rivede nella natura tratti del corpo umano (e il fiume è la mia vena, il monte è la mia fronte,/ la selva è la mia pube, la nube è il mio sudore). Se invece si parla di cippo, non parliamo comunque di qualcosa di molto diverso: è un tronco di colonna o pilastro, volentieri con fine monumentale, ed etimologicamente è un allotropo del ceppo (un fratello diverso, entrambi figli del cippus latino).
La svolta al femminile
Nell'innumerevole famiglia di parole che indicano i genitali maschili, molte hanno genere femminile, dalla minchia alla fava. Quindi non dovrebbe stupirci se nell'espressione che vediamo si parla di ceppa, e non di ceppo, ma non si può non notare come questa piccola opzione per la variante femminile compia già un piccolo passo d'eufemismo: "un beneamato ceppo" suonerebbe più duro, il richiamo al membro virile sarebbe più diretto.
La beneamata
"Beneamato" è un aggettivo ricercato ma comune. Sono due i casi in cui si usa: quando si vuole suonare rétro e quando si vuole essere ironici. Le storie sono piene di principesse beneamate, di beneamati fratelli, e lì il gioco è proprio creare un'aura di passato con parole che suonano passate. Ma invece, se mia moglie parla del suo beneamato marito intende che le ci vuol pazienza, se inizio a raccontarti l'ultima dei miei beneamati vicini è sottinteso che c'è un attrito costante.
Questo tendenza d'uso su queste due direttrici è tipico delle parole auliche: lo strato finale d'eufemismo è proprio la giustapposizione a "ceppa" di un aggettivo altisonante come "beneamata", un aggettivo che domina qualunque frase in cui sia pronunciato, lunghissimo da pronunciare, con quello iato fra bene e amato, positivo in maniera quasi caricaturale nel suo riferimento al bene e all'amore.
La ceppa di Di Maio
Salvini dice che servono inceneritori per gestire i rifiuti campani, Di Maio risponde che "gli inceneritori non c'entrano una beneamata ceppa" per questo e quel motivo e comunque sono fuori dal contratto di governo.
"Una beneamata ceppa" è un'espressione gagliarda, ma non serve ripetere che, poiché triviale nonostante gli strati d'eufemismo, non è un'espressione che dovrebbe essere spiattellata da un ministro. Non solo perché è volgare e chi non sa scegliere un registro con cui esprimersi non può serenamente nemmeno andare a fare la spesa, figuriamoci fare il ministro. Ma anche e soprattutto perché ne rivela la debolezza. Solo gli impotenti con le spalle al muro usano toni di questo tipo, e in questo scambio ciò che emerge chiaramente è che Salvini domina e Di Maio prova a inseguire.
Salvini disse, quella volta, di essere "incazzato nero": fu quando Mattarella gli bocciò Savona al Ministero dell'Economia. Salvini era impotente e usò quell'espressione. Ora invece fa le sue affermazioni più agghiaccianti seguendo l'etichetta più stretta e corretta: come diceva Wilde, "Uno deve sempre giocare correttamente, quando ha in mano le carte vincenti". (Difatti Salvini ha poi neutralizzato l'uscita di Di Maio chiarendo che "I termovalorizzatori sono fondamentali, li faremo: senza ceppa".)