Com’è il nuovo album dei Club Dogo, la guida alle canzoni: la grandezza di un testamento
Son passati 9 anni, ma sembra che nessuno se ne sia accorto, men che meno i Club Dogo, che hanno pubblicato nelle scorse ore il loro ottavo disco in studio, omonimo. Il progetto, dopo le attese, i 10 Forum D'Assago conquistati in poco più di 72 ore, i cartelloni per le strade di Milano, è stato anticipato dagli stessi tre protagonisti prima della mezzanotte, in un release party che si trasformerà nei prossimi giorni in un pop-up temporaneo a Piazza San Babila, nei pressi dello storico Muretto, cuore dell'evoluzione dell'hip hop nella capitale economica del paese.
11 tracce, poco più di 30 minuti di musica: l'album è una cartolina per gli amanti dell'hip hop italiano, un quadro moderno in cui ammirare "Goya che abbraccia i propri figli", come canta Marracash in Nato per questo, terza traccia del disco. A proposito di Marracash, per chi attendeva la presenza di personaggi della Dogo Gang, da Enz Benz a Montenero, si dovrà (si fa per dire) accontentare di Marracash e poco più. Anzi, a modellare questo nuovo progetto, ci sono le collaborazioni di Elodie e Sfera Ebbasta, oltre alla presenza di Kaze in Indelebili e un sample di Nada nell'intro di Malafede.
Ma a impressionare di questo progetto, e non sorprende nel dirlo, sono le melodie e le produzioni di Don Joe. Un compito arduo il suo, quello di immortalare nel tempo un suono boom-bap che fotografi e renda omaggio a un gruppo storico dell'hip hop italiano, senza dover per forza suonare classico, senza dover lottare con l'attualità. Tracce come Mafia del boom-bap, Malafede e In sbatti sono la sua firma su un progetto che lottava contro il peso, altissimo, delle aspettative.
La guida alle canzoni del nuovo album dei Club Dogo
Andiamo a scoprire quindi, com'è stato il viaggio dei Club Dogo nel nuovo progetto. Qui la guida alle canzoni di Club Dogo.
- C'era una volta in Italia: Le frasi del brano hanno tappezzato Milano nelle scorse settimane, un vending machine di punchline, chiaro riferimento all'immaginario che i Dogo hanno distribuito nei primi anni 2000 in Italia. Da "Il sogno di ogni zanza si è avverato" a "Club dogo is for the people", richiamo a "Per la gente", brano contenuto in Che bello essere noi. Giusto per aggiungere interesse a un album che verrà ascoltato e studiato dalla nuova scena, Jake timbra il cartellino nell'outro della sua strofa: "Muoio ricco sfondato o mentre cerco di farlo, mischiavate lo sciroppo ed intanto l'hip hop è morto, sono qui per farti il NARCAN dentro l'808, fratè".
- Mafia del Boom Bap: Il mic passato dalle mani di Jake a quelle di Guè, strofe alternate e riferimenti al mondo del cinema: Dogo at his finest in una delle tracce più riconoscibili dell'album. Dal tipico walk the walk, talk the talk di origini statunitensi al patto cinematografico con Equalizer con Denzel Washington e Fight Club, tra i titoli più inflazionati nel rap italiano: Mafia del Boom Bap rappresenta il tentativo più esplicito di un esercizio di stile in questo progetto. Il richiamo al "ritorno del pappone sulla traccia" di "neffiana" memoria fa il resto.
- Nato per questo: Un'intro campionata da Long Red dei Mountain annuncia l'arrivo della traccia più attesa dell'album: i Club Dogo con Marracash, come recitano le scritture. Si tratta del secondo episodio di un brano del giugno 2009, contenuto in Dogocrazia: Meglio che morto. Se in quell'occasione i tre protagonisti raccontavano lo spostamento dal quartiere al contratto in major, tutte le salite affrontate, Nato per questo è il racconto di quanto le loro vite siano cambiate, ma non la realtà che viene osservata ogni giorno, men che meno la loro attitudine: "Questa strada s'incendia, dopo una vita intensa si diventa leggenda, e resto sempre lo stesso e non cambierò mai, mai, mai. Anche questa volta Marracash riesce a restituire una fotografia attuale, non solo nel mondo musicale in cui "Goya abbraccia i suoi figli": "Questa vita assurda si regge su due leggi semplici, con gli sbirri non ricordi, con gli amici non dimentichi".
- Malafede: Uno degli esperimenti meglio riusciti di Don Joe avviene in Malafede, dove viene interpolata nell'intro il ritornello di Sei mio di Nada, brano del 1970. Il tappeto, molto più intimo, accoglie le fragilità di Guè e nel ricordo della morte di suo padre, ma anche nella descrizione di un solitario a Milano. Il racconto del successo è viziato, come per Jake, che dopo aver espresso quanto il successo non lo abbia salvato, manda un piccolo messaggio alla nuova generazione del rap italiano: Giovane G (G), non fare i video coi ferri in macchina, se nella vita non ti sei fatto una notte in piazza. La musica che ho amato oramai è una festa in maschera ma io ci sono andato soltanto con la mia faccia". Non poteva esser detto meglio.
- King of the Jungle: Arriviamo a un altro esercizio di stile, ma con un richiamo al passato. King of the Jungle infatti, sembra esser uscito da Forza Campione con Zuli ed Ensi, contenuto in Fastlife 3 di Guè. Le melodie del brano, con una chitarra latina in sottofondo, sembrano adempiere al proprio scopo, alleggerendo la pressione derivata da Malafede, regalando anche nell'outro del brano un richiamo a Note Killer di Jake, che canta il ritornello. Si tratta di uno dei ritornelli più amati dell'hip hop italiano, non si fatica a capire il perché.
- Milly. Arriviamo all'ospite a sorpresa del progetto, Sfera Ebbasta, e uno dei tentativi di unire due passati differenti dell'hip hop italiano. Due realtà che hanno contribuito a scrivere due ere nettamente distinte dell'hip hop italiano. Se c'è qualcosa che unisce le due narrative utilizzate dagli autori è il linguaggio, unico, nel racconto dei quartieri milanesi. In Milly, oltre al chiaro riferimento a Lil Wayne e a una delle tracce più iconiche del rap americano anni 10 del 2000, sembra esser una traccia tributo a Jake La Furia degli altri due protagonisti. Da Guè che lo cita in "I social (nell'originale tele) mostrano fasto e ricchezza, visti dagli occhi della povertà e della tristezza, l'equilibrio si spezza (Ah)", che riprende la strofa di Jake in Vida Loca a "Sai che esco dal fumo delle marmitte, la bamba, il fumo e le chicche", incipit de Il mio mondo, le mie regole, in Dogocrazia.
- In sbatti: Se il coca-rap in Italia viene legato principalmente a Milano, i Club Dogo ne sono il motivo. Anche in questo progetto, come era accaduto in Cocaina in Che bello essere noi, le immagini prodotte dai due autori sono un autentico rollercoaster, dal taglio alla distribuzione, dalle sirene nelle sere milanese come Ulisse alla citazione a Il padrino di Francis Ford Coppola in "Mentre un bimbo è battezzato (il figlio di Michael), un uomo è ammazzato".
- Soli a Milano: Ecco che arriva la terza collaborazione nel progetto, questa volta con Elodie. È il racconto di una città che ha cresciuto i protagonisti, che li ha resi un manifesto, con cui i giovani continuano ad imitarli. Come per il riocontra, la tecnica nell'invertire le sillabe alle parole, presa in prestito da rapper come Lazza o Nerone. C'è anche una sottile critica all'attuale scena musicale, concentratasi a Milano così tanto da aver perso la diversità dei racconti: "Generazione apatica, se la musica è plastica, milano che ti sputa dopo che ti mastica". È il racconto di una fastlife, su cui Guè ha costruito un filone narrativo, a cui si aggiunge la voce di Elodie: sembra esser ritornati nel 2010, alle collaborazioni tra rap e pop, con il secondo relegato nel ritornello melodico.
- Tu non sei lei: Siamo arrivati al secondo episodio di All'ultimo respiro, contenuto in Che bello essere noi. O è ciò che ricorda il testo, un amore tossico che viene registrato nella barra: "Quando noi stavamo insieme era tutto meglio, era real. Mi scorrevi nelle vene, baby, tipo anestesia" o in "Il giorno che mi fregherai, pregherai, di non avermi mai incontrato, il tuo non è amore, è un contratto".
- Frate: Serviva, all'interno del nuovo progetto dei Club Dogo, un chiaro riferimento ai fan, al passato, alla strada condivisa. In Noi siamo il club, era avvenuto nella traccia con Il Cile "Tutto ciò che ho", in Club Dogo questo ruolo se lo prende Frate. Perché è ancora questo il mondo che si rivede nei Club Dogo, un misto di tamarria e populismo, che li ha portati sul tetto di Milano, oltre la Madonnina. Tutto riassunto in "Quattro pregiudicati gridano il mio nome, frate'. Balordi, ultras, buttafuori, avvocati, frate', mi proteggono dagli sbirri e dalle coltellate".
- Indelebili: Per l'ultimo album dei Club Dogo, i tre protagonisti hanno scelto una fotografia del presente, sottolineando come l'unico aspetto che li abbia resi attuali, sia stata la realness tradotta in musica. Tempi moderni che soffocano, come quando Jake canta: "Questa musica non parla di niente senza conflitto, questa è l'epoca delle cripto, è Apocalypto". Una pagina ingrigita in cui non è il futuro tecnologico a preoccupare, ma quanto tutto sia diventato banale, scontato: "Qua cancellano persone, poi cambiano i libri e i film, più che l'intelligenza artificiale, mi fa paura la tua stupidità". Ma non c'è pace che assolva i Club Dogo, non c'è prezzo che rassereni: "Non lasciarti portare via, da una legge, da una bugia, sei indelebile, sei intoccabile. Lei mi dice voglio solo che resti real". La voce femminile nel ritornello, incantevole, è quella di Kaze, artista italiana di origini kenyane.