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Come far notare a qualcuno che sta confondendo ‘perpetrare’ e ‘perpetuare’

Succede di sentir dire “Tizio ha perpetuato dei crimini terribili” o “Voglio perpetrare la tradizione di famiglia”. Ecco, siamo davanti a un malapropismo, allo scambio di una parola per un’altra simile nell’aspetto ma molto diversa nel significato. Come far notare questo errore in maniera costruttiva?
A cura di Giorgio Moretti
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Primo punto, essenziale: lo spirito con cui si fa la correzione. Vi sarà sicuramente capitato di iniziare a chiamare una persona col nome sbagliato, e che quella non vi abbia corretto per delicatezza: dopotutto è un errore dappoco. Ecco, lo spirito costruttivo è quello dell'amica che di nascosto ti dice o fa intendere "Si chiama Alfredo, non Antonio!", uno spirito che siamo tutti in grado di sfoderare in casi del genere e che sarebbe bello potesse avere uno spazio un po' più organico. Per esempio in casi del genere.

Entrambe parole piuttosto ricercate, perpetuare e perpetrare vengono confuse spesso. Anche da chi magari, a freddo, ne saprebbe perfettamente descrivere i diversi significati: ‘perpetuare' significa propriamente ‘rendere perpetuo', e quindi far durare nel tempo, fino all'iperbole dell'eternità. Ha una splendida ascendenza latina, che ce lo compone come un ‘continuare a dirigersi' (qui per- descrive proprio continuazione, e petere significa ‘andare verso'). Quindi posso perpetuare l'abitudine dei miei nonni di comprare sempre la Settimana Enigmistica, con la commemorazione si cerca di perpetuare il ricordo di una pagina di storia che non si vuole si ripeta, e via dicendo. Far durare.

‘Perpetrare' invece significa ‘compiere, commettere', riferito invariabilmente a un'azione malvagia, o illecita, o che almeno si biasima. Classicamente si pèrpetra un crimine. L'ascendenza è sempre latina ma il per- ha un valore diverso, quello di ‘completamente' (lo troviamo anche in ‘perdonare!); il verbo patro, invece, ha il significato di ‘eseguire, compiere'. Molto curioso come l'idea di un compiere del tutto sia stata cucita su azioni turpi, non benefiche. Ma dopotutto di le buone azioni non raggiungono mai una fine stabile, completa, mentre a quelle cattive per essere complete basta rompere le uova una volta.

Hanno quindi origini molto diverse, ma non ci si può mettere a fare una lezione d'etimologia a chi sbaglia: per molti sarebbe seccante. Ci soccorrono due piccoli espedienti.
Il primo è il migliore, e richiede un'attuazione immediata: nel momento in cui si sente usare la parola perpetrare invece di perpetuare, quando la parola tornerà a noi possiamo usarle correttamente, in modo da far intendere implicitamente l'errore, evitando che nella disattenzione di un discorso acceso sia ripetuto e rafforzato. Insomma, noi lo stiamo chiamando "Antonio" invece di "Alfredo", e l'amica gli dice ad alta voce, facendosi sentire da noi, "Alfredo, come va?". Così potremmo immaginarci scambi come "Voglio petrpetrare la tradizione" "Anche a me piace perpetuare le tradizioni di famiglia", "Ha petpetuato delle azioni terribili" "Davvero, ha perpetrato crimini inimmaginabili".

Nel farlo possiamo avere una piccola accortezza, molto graziosa: marcare la ‘u' o la ‘r', insomma, il suono che distingue una parola dall'altra. E non per evidenziarla in maniera caricaturale, ma per far sentire la differenza di sensazioni che dà la diversità del suono. La ‘u' e la ‘r' non sono solo le lettere distintive di una parola dall'altra, sono anche il centro delle due parole, una imperniata sl suono ‘tra', una sul suono ‘tua', una dal cuore aspro, arrotato (e guarda caso è il commettere azioni malvagie), una dal cuore aperto, sospeso (che racconta un perdurare indefinitamente nel tempo). I significati delle parole non sono veicolati senza sentimenti, e far sentire la sensazione che suscita il suono particolare di una parola è il modo migliore per farle avere lo spazio che merita, per farla notare. E quindi, in maniera discreta, per correggerla.

Il secondo espediente invece è differito. Quando sappiamo che una persona tende a fare errori del genere, che presto o tardi la metteranno nell'imbarazzo di un piccolo errore là dove vorrebbe essere del tutto corretta, condividere su gruppi chat o canali social passaggi o articoli che spieghino l'errore, insomma, dar modo di pensarci su con un riferimento esterno. Magari prendendola non direttamente in stile "Ora ti spiego l'errore da non fare", ma in modo mediato, tipo "Come far notare a qualcuno che sta confondendo ‘perpetuare' e ‘perpetrare'". Fra amici bisogna coprirsi le spalle.

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Nato nel 1989, fiorentino. Giurista e scrittore gioviale. Co-fondatore del sito “Una parola al giorno”, dal 2010 faccio divulgazione linguistica online. Con Edoardo Lombardi Vallauri ho pubblicato il libro “Parole di giornata” (Il Mulino, 2015).
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