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Coltivare l’utopia per renderla realtà: Ettore Favini in “Verdecuratoda…voi”

Con un doppio progetto espositivo alla Fondazione Pastificio Cerere, Ettore Favini predispone azioni artistico-ecologiche per la creazione di una grande ideale “scultura vegetale”, che possa ricreare un ambiente favorevole a ripopolare le città di farfalle.
A cura di Gabriella Valente
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È un ‘attivismo artistico-ecologico’ quello che Ettore Favini (Cremona, 1974) sollecita con i suoi progetti più recenti, presentati a Roma, fino al 5 aprile, dalla Fondazione Pastificio Cerere, nell’ex stabilimento industriale del quartiere San Lorenzo.

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Lievemente disorientante per il visitatore scoprire che in mostra, piuttosto che osservare, bisogna agire; più che contemplare, c’è da fare. D’altra parte, il titolo della personale di Favini dà già un indizio: “Verdecuratoda…voi” dichiara un coinvolgimento del pubblico, la richiesta di una sua partecipazione attiva. ‘Scultura’ protagonista dell'evento è un distributore di piccole sfere di plastica con ‘sorpresa’, apparecchio di quelli che solitamente attraggono i bambini e dispensano gadget di vario genere o gomme da masticare. Questo oggetto, dall’aspetto un po’ vintage e dai richiami decisamente ludici, è il primo passo di un’azione responsabile del visitatore: inserendo una moneta da un euro e girando una piccola manopola, egli infatti potrà prelevare la propria pallina, all’interno della quale non troverà gadget, ma semini da interrare secondo le istruzioni indicate sul foglietto allegato. Sono semi di piante o di fiori particolarmente utili alla vita delle farfalle, al loro nutrimento e alla loro riproduzione. Ecco perché la parete di fronte al distributore è decorata con farfalle stilizzate, a evocare l’ambizioso atto finale di questo intervento, che è appunto quello di riportare le farfalle in città.

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Ettore Favini lavora frequentemente sul tema della natura e del paesaggio, con elementi naturali come materie prime e soggetti delle opere, ma in questo caso ha sviluppato la sua ricerca in chiave propriamente ecologista, dimostrando come l’arte contemporanea non sia, e non possa essere, slegata dai problemi del proprio tempo. Con Verdecuratoda – un'associazione che intende diffondere la cultura dell'arte attraverso l'attivazione di pratiche legate all'ambiente e alla sostenibilità – Favini promuove attività ecologiste transdisciplinari e relazionali. Nella personale “Verdecuratoda…voi” coinvolge il visitatore impegnandolo in un comportamento attivo, che è parte di un intervento collettivo di metamorfosi ambientale per un futuro sostenibile.

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Se ciascuno pianterà i semi estratti giocosamente dal dispenser, facendo crescere e curando la propria porzione di verde, si creerà pian piano “la più grande scultura vegetale del mondo”, di cui si avrà una mappatura sul sito www.verdecuratoda.com, dove ognuno potrà indicare il luogo della semina e pubblicare le fotografie delle piantine. Il fruitore dell’opera viene effettivamente responsabilizzato in quanto con la sua doppia azione (di acquistare i semi e di interrarli) attua un duplice contributo: quello di sostenere l’associazione Verdecuratoda e quello di incrementare il verde in città. L’artista inaugura il primo atto di questo progetto piantando, nel cortile esterno della Fondazione, i semi che lui stesso ha prelevato e mostrando così la propria porzione di verde. Tappa iniziale di un progetto molto ampio – che prevede la realizzazione di speciali sculture-distributori progettate dalla studio d’architettura IaN+ e la loro collocazione in musei, gallerie e altre istituzioni che vorranno aderire all’iniziativa -, “Verdecuratoda…voi” si svilupperà su vasta scala, coinvolgendo un numero sempre maggiore di persone e centrando così uno degli obiettivi principali della ricerca di Ettore Favini, ovvero la partecipazione attiva del pubblico alla creazione dell’opera.

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La maggior parte dei lavori dell’artista cremonese si crea o si compie nel contatto con il pubblico. Interessato alle dinamiche relazionali e processuali, più che ad aspetti formali, Favini è strenuo promotore di un’arte pubblica:

Per diventare pubblica, un’opera non deve necessariamente essere collocata in un luogo esterno o destinato alla collettività. Non mi interessa l’arte pubblica come ‘posa del manufatto’ in un luogo pubblico, ma invece la creazione di una stretta relazione con il contesto. Dove è possibile, il lavoro deve diventare ‘esperienziale’, non restare fisso, come nel caso del monumento tradizionale. Deve poter mutare, essere organico e interagire sia con il pubblico che con il luogo

Seguendo questa convinzione, l’artista finisce per sottrarsi all’autorialità dell’opera e lasciare che questa si faccia da sé: sia che realizzi opere con materiali vegetali sia che coinvolga nell’opera il pubblico, l’artista ha a che fare con innumerevoli variabili naturali o umane, poste fuori dal proprio controllo, che richiedono un’attesa, tempi anche lunghi per compiersi e che hanno in sé possibilità di fallimento. Ogni opera è una sperimentazione, un tentativo, una scoperta: in questo senso, il risultato finale per Favini ha una rilevanza limitata, mentre ciò che conta è la processualità dell’opera, il suo farsi, il suo trasformarsi nel tempo, il suo essere organica ed aperta, come la natura e il mondo in generale.

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In “Verdecuratoda…voi” l’autore propone un progetto, stimola delle azioni, dei microinterventi che, se accolti dalla comunità, produrranno i loro frutti in grande scala e nell’arco di lunghi tempi. Sebbene la speranza di forestazione urbana sembri solo simbolica e utopica, il progetto di Favini al Pastificio è supportato da elementi teorici e pratici che conferiscono pragmatismo a questa ‘ambizione verde’. Quasi come appendice didascalica, in mostra è proiettata “La Verde Utopia” (2009), video-intervista di Ettore Favini e Alessandra Sandrolini a Gilles Clément, paesaggista teorico del Terzo Paesaggio e del Giardino Planetario, il quale, nella conversazione con l’artista esalta il valore dello spazio incolto, cioè non utilizzato, sia esso urbano o rurale, in quanto luogo atto ad accogliere la diversità biologica. Il concetto di differenziazione, secondo Clément, è fondamentale e da tutelare tanto in natura quanto nella società, perché è solo la diversità che assicura le condizioni dell’invenzione e permette nuove ibridazioni. Dalla teoria alla pratica, il paesaggista francese invoca un impegno sociale e politico a creare modelli economici per un sviluppo ecologista, in una visione che solo apparentemente, sostiene, è utopica.

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Tutto il verde curato da Ettore Favini per questa mostra ha come scopo ideale, forse più simbolico che pratico, quello di riportare in città le farfalle che, in quanto indicatori dello stato di salute dell’aria, con la loro assenza ne dichiarano le condizioni negative. Risulterà inoltre superfluo ricordare quanto spesso le farfalle siano state soggetto dell’arte, simboli dell’effimero, della fragilità e dello scorrere inesorabile del tempo. Anche Favini sceglie di renderle protagoniste delle sua opera, seppure in una chiave più ecologica, realizzando dei grandi manifesti pubblicitari che ritraggono specie di farfalle italiane scomparse dalle città: “Le farfalle volano sulla città pulita” è l’intervento che l'artista presenta, contestualmente alla sua personale, per il ciclo “Postcard from…”, giunto alla sua terza edizione, con il quale la Fondazione Pastificio Cerere affida ad un artista l’ideazione di un grande manifesto da affiggere nel cortile della galleria e in diversi impianti pubblicitari, con l’intento di diffondere l’arte contemporanea nel contesto urbano. Nell’ambito di questo progetto Favini inizia dunque a ripopolare, almeno idealmente e visivamente, la città con le farfalle.

Ettore Favini, con “Verdecuratoda…voi”, ha saputo volgere la teoria in pratica: le sue speculazioni concettuali sul tema dell’ecologia si sono concretizzate in un gesto artistico che a sua volta si è rivelato intervento pratico, per di più collettivo, sulla realtà.

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