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Coco, il buio e il ritorno con Mai Più Forse: “Un manifesto per motivare me stesso e il pubblico”

CoCo, a 4 anni da Floridiana, ritorna con un nuovo album solista dal titolo Mai Più Forse. Un disco in cui l’artista si spoglia delle proprie paure, alla ricerca di un senso di rivalsa, dopo il buio degli ultimi anni.
A cura di Vincenzo Nasto
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Coco, foto di Comunicato Stampa
Coco, foto di Comunicato Stampa

Il ritorno di CoCo con Mai Più Forse, il nuovo disco a 4 anni da Floridiana, celebra un nuovo momento del rapper campano. Una presa di posizione che è costata qualche anno di buio, "ho affrontato un lungo periodo di buio, facevo cose, ma non mi piaceva niente. Rincorrevo continuamente qualcosa e ho buttato anche tante cose che ho scritto", ma che poi ha trovato nel bivio più importante della sua carriera, un nuovo inizio. Un nuovo racconto che non fruga solo nelle sue insicurezze, ma pone un nuovo obiettivo, un senso di rivalsa anche contro il tempo passato a pensare di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato. Poi il nuovo team a cui dedica l'immagine, una seconda cover del disco e un rapporto del pubblico che potrebbe portare Coco a esibirsi, per la prima volta da solista, in un luogo storico della città: il PalaPartenope di Napoli. Sullo sfondo anche il rapporto con il padre, che come in Tutto Uguale, contenuta in Acquario, compare nel disco con una nota vocale: "Quel messaggio è arrivato in un momento preciso della mia vita in cui ne avevo bisogno. Mi arrivò alle 5:30 di mattina e sapevo che sarebbe dovuto entrare nel disco". Nell'album compaiono anche Anice, Luché, Geolier, Ernia e la coppia forma da Yung Snapp e Guè. Qui l'intervista a CoCo.

Qualche mese fa, hai raccontato la genesi di Mai Più Forse, un'espressione che ti ha accompagnato durante il disco. 

È una dichiarazione di intenti, mi ripeto spesso mai più dubbi, mai più incertezze, mai più procrastinare, mai più dubitare di me. Mai perdere più anni dietro la paura di sbagliare, di non essere al posto giusto al momento giusto. Quindi il disco nasce principalmente per motivare me stesso. È un manifesto.

Il tempo, anche quello trascorso, è uno dei grandi temi del disco, legato anche all'attesa del pubblico nei tuoi confronti: come hai affrontato questa sensazione?

Ho affrontato un lungo periodo di buio, facevo cose, ma non mi piaceva niente. Rincorrevo continuamente qualcosa e ho buttato anche tante cose che ho scritto. Mi sono trovato a un bivio.

Quale?

Se trovo ispirazione in quello che mi piace, anche se piace solo a me, continuo a farlo al 100% oppure non ha senso. Quando sono riuscito a sbloccare questa cosa, poi il disco è nata in maniera molto veloce. Il tempo mi ha sempre frenato, questo timer sulla testa degli anni che passano e vedevo la musica andare sempre più veloce.

E cambiare le sue direzioni, le sue piattaforme. 

Oggi sembra che i dischi non valgano più un ca***, perché l'importante è fare il singolo che va su Tik Tok. Vengo da un'altra scuola, dalla scuola del disco che ha una sua importanza.

Un progetto da 18 tracce sembra testimoniarlo: com'è stato lavorare in poco tempo a un progetto del genere?

Sono 18, ma se fosse stato per me, ne avrei potute mettere anche 27/28. Abbiamo pensato quelle giuste per il primo shot, non per forza le migliori: ce ne sono altre che non ci sono nel disco, ma usciranno sicuramente. Poi è stato facile, perché una volta che ho centrato quale era il mio messaggio, qual era la strada che volevo percorrere, è stato tutto d'un fiato. Se non mi avessero dato una deadline sarei ancora lì a cacciare pezzi che mi piacevano uno più dell'altro. A un certo punto ho detto basta, il disco è così.

Tra i messaggi del disco c'è sicuramente la voglia di motivare le persone, com'è stato tradurre questo messaggio in musica?

Credo che negli ultimi anni, nei miei ultimi dischi, ho perso un po' di motivazione nei pezzi. Ho instaurato un rapporto così profondo con i fan, anche perché in molti si rispecchiavano nelle mie insicurezze. Ma non c'era quel messaggio motivazionale dei miei primi dischi, come La vita giusta per me, sono diventato magari una spalla su cui piangere. Con questo nuovo disco voglio ancora che ci abbracciamo e piangiamo assieme, ma voglio anche fare qualcosa di nuovo con loro, raggiungere un obiettivo.

C'è un brano in cui tu senti sia più forte questo messaggio?

Forse Preferisco Morire. Mi faceva piacere riprendere con l'intro di Ora o mai più, anche perché mi sono accorto che molte cose che scrivevo nel 2016 e le pensavo tutt'ora, e non è per forza una cosa positiva. Avevo bisogno di quella voglia di rivalsa, di alzare la voce.

Ci sono delle cose che hai ascoltato che hanno influenzato questo disco?

Pochi ascolti dall'estero, forse è stata anche la mancanza di qualcosa che mi ispirasse ad avermi frenato. Penso a ora invece, in cui ho preso tanto anche da mondi diversi. Come con Emanuele (Geolier), lui è un esempio. Nonostante siamo molto diversi, mi ha dato tanto ascoltare il suo modo di comunicare, di essere diretto, di toccare argomenti con spontaneità. Mentre in America, asclto quasi tutti dischi vechi: Drake, J Cole, i primi di Kendrick Lamar.

E dal punto di vista sonoro, come senti Mai Più Forse?

È un disco con grande equilibrio ed è una cosa a cui tenevo. Negli ultimi progetti, purtroppo o per fortuna, ho sempre sperimentato cose diverse e a volte hanno confuso l'ascoltatore. Ho cercato di semplificare perché avevo bisogno di far arrivare il mio messaggio.

Nel disco canti: "La felicità forse è un problema, non una soluzione".

Io negli anni ho capito che forse quello che più mi è mancato e mi manca a sprazzi è la serenità. La felicità per me è una cosa legata ad un momento, a un'esperienza, a un'emozione. Viene un po' travisato e questo rincorrere alla fine non ha una soluzione. In questo momento vorrei la serenità mia, ma anche delle persone che amo.

Come in Tutto Uguale in Acquario, anche in questo disco ritorna la voce di tuo padre. 

Rappresenta perfettamente la mia vita e il rapporto che con la musica. Noi parliamo raramente, non perché abbiamo qualche tipo di conflitto, ma siamo due persone molto simili e che hanno affrontato delle difficoltà come la perdita di mia madre/sua moglie. Ora vive alle Canarie e ci sentiamo una volta ogni 3 mesi: quel messaggio è arrivato in un momento preciso della mia vita in cui ne avevo bisogno. Mi arrivò alle 5:30 di mattina e sapevo che sarebbe dovuto entrare nel disco.

Ritorniamo ai fan, alla ripresa dei live: come hai pensato di portare Mai Più Forse sul palco?

Devo ammettere che sto facendo fatica a pensare, adesso, al prossimo step dei live. Anche perché sono consapevole che si è creato un rapporto così stretto con i fan, che in questi ultimi anni di assenza, mi chiedevano più del ritorno live che del ritorno con un disco. Il mio sogno/obiettivo è fare il Palapartenope con questo disco.

Se dovessi rappresentare con un'immagine Mai Più Forse?

Ho trovato una grande forza nelle persone che che sono entrate a far parte del progetto e stanno lavorando con me a 360 gradi: per l'amore del progetto e della musica. Forse senza queste persone non sarei riuscito a fare questo salto. Io sono una persona che crede tanto al team e questo disco è frutto dell'amore che fortunatamente ho trovato nella mia vita grazie a queste persone. Metterei una foto del mio team.

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