Clet: il segnale stradale diventa arte (INTERVISTA)
Una sagoma nera che porta via la barra bianca di un divieto stradale; un omino che distrugge quel divieto con una chitarra; la barra che diventa gogna; una crocifissione sulla T della “strada senza uscita”; la freccia di un obbligo che trafigge un cuore o quella da cui nascono fiori…
Sono tantissime e sempre più geniali le alterazioni dei segnali stradali messe in atto da Clet Abraham, artista francese ma fiorentino d’adozione. Impossibile non conoscerlo, o meglio, impossibile non aver visto qualche suo intervento: ognuno di noi di certo, almeno una volta, ha sorriso stupito, si è fermato sorpreso, ha scattato una foto di fronte a qualcuno dei divertenti segnali modificati dagli stickers di Clet. Che si passeggi per Firenze, per Roma, Bologna, Milano, per Londra, Bruxelles o Amsterdam, i luoghi “invasi” dai messaggi dell’artista sono innumerevoli. Quando lo si riconosce per le strade di una città straniera, ci si sente a casa: il suo è diventato quasi un marchio, ma multiforme e pieno di contenuti, sociali, politici, filosofici.
Dopo una formazione artistica tradizionale, Clet è passato dalla pittura a un originalissimo tipo di espressione artistica, un’arte pubblica, collettiva, abusiva ma delicata, vicina alla street art ma affatto sui generis: in uno straordinario equilibrio tra umorismo, provocazione, critica e cura estetica, ha fatto dei cartelli stradali la propria tela e il proprio megafono. I suoi messaggi riguardano principalmente il concetto di coercizione; intendono sfidare il potere, di qualsiasi tipo esso sia, con l’ironia. Le incursioni temporanee degli stickers di Clet servono a muovere le coscienze, a far riflettere sui concetti di legalità, obbedienza, imposizioni e divieti.
Dunque quale supporto migliore, per affrontare questo tema, di un sistema di segnaletica stradale? Un sistema simbolo di regole imposte, obblighi e divieti che nelle mani dell’artista diventano racconti divertenti, episodi amari, esortazioni e bonari ammonimenti. Un apparato visivo tanto anonimo quanto familiare che, proprio perché assimilato da noi come visione quotidiana, se è alterato dall’intervento artistico, crea un effetto di straniamento piacevolmente spiazzante.
Abbiamo intervistato Clet nel suo studio e in giro per Firenze. Nel video ci racconta le ragioni e le intenzioni del suo lavoro, i suoi modelli ispiratori, le difficoltà dei suoi interventi, il rapporto complicato con le autorità; ci mostra i ricchissimi taccuini dei disegni da cui nascono gli stickers e ci porta con sé in una spedizione urbana per trasformare un cartello stradale.