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Cinque frasi per capire Corrado Alvaro, scrittore antifascista e meridionale

L’11 giugno del 1956 ci lasciava uno dei maggiori esponenti della letteratura e del meridionalismo italiano novecentesco. Lo ricordiamo con un profilo e cinque citazioni tratte dalle sue opere più importanti.
A cura di Redazione Cultura
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Lo scrittore Corrado Alvaro
Lo scrittore Corrado Alvaro

Sessant'anni senza Corrado Alvaro. Lo scrittore dalle mille anime, politiche, civili, letterarie. Voce critica della dittatura e di Mussolini (nel 1925 aderì al Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce), della sua Calabria, del meridione, dell'Italia sorta sulle ceneri della Seconda Guerra Mondiale e dei suoi nuovi poteri. Nel '45 fonda con gli amici scrittori Libero Bigiaretti e Francesco Jovinera il Sindacato Nazionale Scrittori, in cui ricoprirà la carica di segretario fino alla morte. Autore, oltre ai romanzi, alle raccolte di racconti e ai saggi, di oltre venti sceneggiature per il cinema. Conobbe la povertà del Sud come pochi altri grandi scrittori prima e dopo di lui. Allo stesso modo comprese la società italiana come pochi altri grandi scrittori prima e dopo di lui.

“La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile.”

Due anni dopo, nel '47, si dimise dalla direzione di un giornale di destra, il Risorgimento di Napoli, in disaccordo con la linea editoriale. Si riteneva di sinistra, il suo approccio era inconciliabile alla realtà. Era nato a San Luca, paesino sull'Aspromonte, la culla della ‘Ndrangheta moderna. Oggi lassù risiede una fondazione che porta il suo nome. Nel centro di Reggio Calabria, invece, in piazza Indipendenza, nei pressi del Museo della Magna Grecia, c'è un monumento a lui dedicato.

“I calabresi mettono il loro patriottismo nelle cose più semplici, come la bontà dei loro frutti e dei loro vini. Amore disperato del loro paese, di cui riconoscono la vita cruda, che hanno fuggito, ma che in loro è rimasta allo stato di ricordo e di leggenda dell'infanzia.”

Dal punto di vista letterario è stato esponente di quell'approccio a sfondo sociale che da parte sua ha contribuito ad arricchire con costruzioni di grande impatto umanistico. Il suo “Gente in Aspromonte”, del 1930, lo rivela come scrittore al pubblico e alla critica, tredici racconti sui "cafoni" calabresi a tutt'oggi considerati tra le più alte espressioni della letteratura meridionalistica e tra le migliori del nuovo realismo novecentesco. Dentro c'è la durezza della vita dei pastori in Aspromonte durante i primi anni del ventesimo secolo, canto dolente dei compaesani di Alvaro, una sentita e acuta protesta contro le ingiustizie sociali causate dal sistema latifondistico. Uomini e bestie. Con l'unificazione d'Italia nel 1861 la speranza di un miglioramento delle condizioni sociali per i contadini calabresi resterà una chimera. Corrado Alvaro è lì, con la sua penna, a fermare per sempre sulla carta la lotta della povera gente contro le angherie su cui si è fondata l'Italia unita.

“Il meridionale ha un tale desiderio del potere, poiché non conoscendo una libera società dipende tutto dai potenti, che è entusiasta del potere qualunque esso sia.”

E poi le soddisfazioni, i premi, a temperare il racconto dell'ingiustizia e della povertà del Sud. Nel 1951 vince il premio Strega con "Quasi una vita", sbaragliando la concorrenza di mostri sacri della letteratura italiana. Fu denominato l'anno della "grande cinquina" nella quale figuravano anche "L'orologio" di Carlo Levi, "Il conformista" di Alberto Moravia, "A cena col commendatore" di Mario Soldati e "Gesù, fate luce" di Domenico Rea. Non proprio un illetterato, insomma.

“Dei Greci, i meridionali hanno preso il loro carattere di mitomani. E inventano favole sulla loro vita che in realtà è disadorna. A chi come me si occupa di dirne i mali e i bisogni, si fa l'accusa di rivelare le piaghe e le miserie, mentre il paesaggio, dicono, è così bello.”

Come cronista collaborò con quasi tutte le più importanti testate italiane di quegli anni. Partecipò alla Grande Guerra e subito dopo scrisse per il Corriere della sera, Il resto del carlino e con Il Mondo. Scappò da Mussolini nel '27 e si mise a fare l'inviato, nacque così “Viaggio nella Russia sovietica”. Rientrò in Italia nel 1938 e condannò ogni dittatura politica attraverso le pagine del libro “L’uomo è forte”.

“Abbiamo il diritto di sapere non solo ciò che i rappresentanti del popolo hanno in testa, ma anche quello che hanno in tasca.”

Corrado Alvaro ci ha lasciati l'11 giugno del 1956, sessant'anni oggi.  La morte lo sorprese a Roma, aveva il corpo e l'animo afflitto da un tumore ai polmoni. Ne aveva già sconfitto uno in passato, non gli riuscì lo stesso col secondo.

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