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Cinquant’anni dalla morte di Carlo Carrà. Il dinamismo, l’ideale anarchico, la metafisica

Moriva a Milano il 13 aprile del 1966 Carlo Carrà, il pittore che all’inizio del ‘900 contribuì a edificare l’era dell’arte rinnovata. L’arte di Carlo Carrà è un lungo viaggio, fatto di epifanie, di aneddoti che hanno plasmato l’andamento della sua poetica e la realizzazione dei suoi capolavori, dall’adesione al Futurismo fino alla folgorazione metafisica.
A cura di Silvia Buffo
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"Manifestazione, Cavaliere rosso" di Carlo Carrà
"Manifestazione, Cavaliere rosso" di Carlo Carrà

Carlo Dalmazzo Carrà morì il 13 aprile del 1966. Artista dal  forte animo eccentrico, aveva ereditato la tradizione ottocentesca ma per sua natura prese parte a tutte le vicende del rinnovamento artistico dell'epoca nuova, dal Futurismo alla metafisica, dal Novecento, ai Valori Plastici. Era appena scoccato il ‘900 quando si recò a Parigi in occasione dell'Esposizione Universale, e al Louvre rimase folgorato dal firmamento della pittura dell'epoca: Delacroix, Gèricault, Manet, Pierre-Auguste Renoir, Paul Cézanne, Claude Monet, Gauguin divennero per lui pura ispirazione creativa. La sua vita artistica fu spesso scandita da folgorazioni, incontri e circostanze casuali che puntualmente lo rapivano scandendo fasi ben precise della sua pittura.

In questo senso nella maturazione della sua poetica la vicenda del funerale dell'anarchico Galli divenne una vera e propria catarsi artistica che diede vita ad uno dei suoi più grandi capolavori: il Galli fu ucciso dal custode della fabbrica che picchettava nel corso dello sciopero generale del 1904, l'artista fu incredibilmente rapito dalla vicenda, tant'è che inizio a disegnare alcuni bozzetti, che anni più tardi sfoceranno nella celebre opera Il funerale dell'anarchico Galli. Il suo approccio alla pittura è intriso di emotività, memorabile la sua versione della vicenda:

Vedevo innanzi a me la bara tutta coperta di garofani rossi ondeggiare minacciosamente sulle spalle dei portatori; vedevo i cavalli imbizzarriti, i bastoni e le lance urtarsi, sì che a me parve che la salma avesse a cadere da un momento all'altro in terra e i cavalli la calpestassero.

E poi l'esperienza all'Accademia di Brera e l'incontro con altri mostri sacri della pittura ‘rinnovata' come Umberto Boccioni. Da lì a poco non tardò di insinuarsi il periodo divisionista, la pittura italiana si stava sprovincializzando e fu Filippo Tommaso Marinetti a dare il colpo di grazia con un linguaggio espressivo nuovo, inedito, incredibilmente rinnovato. Il Futurismo inondò letteralmente l'animo di Carrà, al fianco di Gino Severini e Giacomo Balla con cui partecipò al movimento d'avanguardia per eccellenza. L'arte di Carlo Carrà è un lungo viaggio, fatto di epifanie, di aneddoti che hanno plasmato l'andamento della sua poetica. Le esperienze hanno permeato l'animo dell'artista introducendolo via via nel corso degli anni sempre a nuovi gusti ed esigenze pittoriche.

La pittura di Carrà si lascia contaminare da influssi dechirichiani e metafisici: intorno al 1915 Carrà lascia sfumare la velocità e il dinamismo, lasciandosi sedurre dall'arte metafisica. Ma il pittore non tardò a raggiungere presto una propria individualità artistica, per cui Carrà non rimase cristallizzato tra le formule del movimento, che nella sua pittura fu sempre sconfinato dalla poesia e dal senso del magico.

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