Cinquant’anni dalla morte di Carlo Carrà. Il dinamismo, l’ideale anarchico, la metafisica
!["Manifestazione, Cavaliere rosso" di Carlo Carrà](https://staticfanpage.akamaized.net/wp-content/uploads/2016/04/15455243002_8ecf1e5d4a_o.jpg)
Carlo Dalmazzo Carrà morì il 13 aprile del 1966. Artista dal forte animo eccentrico, aveva ereditato la tradizione ottocentesca ma per sua natura prese parte a tutte le vicende del rinnovamento artistico dell'epoca nuova, dal Futurismo alla metafisica, dal Novecento, ai Valori Plastici. Era appena scoccato il ‘900 quando si recò a Parigi in occasione dell'Esposizione Universale, e al Louvre rimase folgorato dal firmamento della pittura dell'epoca: Delacroix, Gèricault, Manet, Pierre-Auguste Renoir, Paul Cézanne, Claude Monet, Gauguin divennero per lui pura ispirazione creativa. La sua vita artistica fu spesso scandita da folgorazioni, incontri e circostanze casuali che puntualmente lo rapivano scandendo fasi ben precise della sua pittura.
In questo senso nella maturazione della sua poetica la vicenda del funerale dell'anarchico Galli divenne una vera e propria catarsi artistica che diede vita ad uno dei suoi più grandi capolavori: il Galli fu ucciso dal custode della fabbrica che picchettava nel corso dello sciopero generale del 1904, l'artista fu incredibilmente rapito dalla vicenda, tant'è che inizio a disegnare alcuni bozzetti, che anni più tardi sfoceranno nella celebre opera Il funerale dell'anarchico Galli. Il suo approccio alla pittura è intriso di emotività, memorabile la sua versione della vicenda:
Vedevo innanzi a me la bara tutta coperta di garofani rossi ondeggiare minacciosamente sulle spalle dei portatori; vedevo i cavalli imbizzarriti, i bastoni e le lance urtarsi, sì che a me parve che la salma avesse a cadere da un momento all'altro in terra e i cavalli la calpestassero.
E poi l'esperienza all'Accademia di Brera e l'incontro con altri mostri sacri della pittura ‘rinnovata' come Umberto Boccioni. Da lì a poco non tardò di insinuarsi il periodo divisionista, la pittura italiana si stava sprovincializzando e fu Filippo Tommaso Marinetti a dare il colpo di grazia con un linguaggio espressivo nuovo, inedito, incredibilmente rinnovato. Il Futurismo inondò letteralmente l'animo di Carrà, al fianco di Gino Severini e Giacomo Balla con cui partecipò al movimento d'avanguardia per eccellenza. L'arte di Carlo Carrà è un lungo viaggio, fatto di epifanie, di aneddoti che hanno plasmato l'andamento della sua poetica. Le esperienze hanno permeato l'animo dell'artista introducendolo via via nel corso degli anni sempre a nuovi gusti ed esigenze pittoriche.
La pittura di Carrà si lascia contaminare da influssi dechirichiani e metafisici: intorno al 1915 Carrà lascia sfumare la velocità e il dinamismo, lasciandosi sedurre dall'arte metafisica. Ma il pittore non tardò a raggiungere presto una propria individualità artistica, per cui Carrà non rimase cristallizzato tra le formule del movimento, che nella sua pittura fu sempre sconfinato dalla poesia e dal senso del magico.