Cile, inaugurata la mostra vietata 42 anni fa da Pinochet
Doveva essere inaugurata il 13 settembre 1973, ma il colpo di stato di Pinochet ne impedì l'apertura al pubblico: "La exposición pendiente 1973-2015" riapre, a 42 anni di distanza, nel museo Bellas Artes di Santiago. La mostra inaugurata in Cile in questi giorni resterà aperta fino al 21 febbraio 2016, e ripropone il percorso pensato quarant'anni fa alla riscoperta di artisti come Josè Clemente Orozco, Diego Rivera e David Alfaro Siquieros, considerati i tre più grandi esponenti del Muralismo messicano. "L'esposizione doveva essere inaugurata il 13 settembre, due giorni dopo il colpo di Stato, e ovviamente non avvenne mai. Per le ragioni che sappiamo il colpo di stato impedì l'apertura al pubblico" ha spiegato Carlos Palacios, il curatore. "Per questo è importante: le opere d'arte sono strumenti di comunicazione, e ai tempi non gli fu permesso di parlare".
L'11 settembre del 1973 Augusto Pinochet bombarda La Moneda, il palazzo presidenziale che all'epoca ospitava Salvador Allende, e porta a compimento il golpe militare in Cile. Una dittatura che durerà fino al 1990, e che provocherà l'arresto di decine di migliaia di persone, molte delle quali risultano ancora scomparse. All'epoca chiunque fosse sospettato di devianza dal regime era automaticamente destinato a tacere: il numero ufficiale delle persone uccise o scomparse è di più di 3 mila e duecento: fra queste, il poeta cileno Pablo Neruda. Dunque l'arte, lo strumento più forte di sovversione che ci sia, non ha modo di esistere. Soprattutto quella di artisti messicani come Rivera, Siqueiros e Orozco: i "tre grandi" del Muralismo messicano, un movimento nato dalla rivoluzione, che parla al popolo usando come tele i muri degli edifici e che crede nel valore collettivo e sociale dell'arte.
José Clemente Orozco fu senz'altro il più complesso di questi muralisti, il più riflessivo ed introspettivo, ossessionato dal tema della sofferenza umana in tutte le sue forme: un tema che passa nelle sue opere attraverso una conoscenza e un amore profondo per il simbolismo. Nella sua pittura Orozco non ha mai nascosto le sue critiche nei confronti della rivoluzione messicana, sopratutto per le violenze e le morti che il movimento sociale stava richiedendo. Uno dei suoi murali più famosi è "The Epic of American Civilization", oggi conservato al Dartmouth College del New Hampshire. Dipinto tra il 1932 e il 1934, il murale ricopre circa 300 metri quadri di superficie, diviso in 24 pannelli. "Migrations", "Human Sacrifices" e "Hispano-America" sono solo alcuni dei momenti narrativi che costituiscono la gigantesca rappresentazione epica della conquista delle popolazioni precolombiane.
Diego Rivera predilige invece i protagonisti del popolo, e la sua arte si contraddistingue per i forti attacchi alla chiesa e al clero. Vive tra Messico, Italia e Spagna, e ha dunque modo di avvicinarsi ad esperienze artistiche fra le più diverse: frequenta Pablo Picasso e Amedeo Modigliani, di cui dipinge anche un ritratto. Nel '29 sposa Frida Kahlo. Il suo murale più famoso è senz'altro "El Hombre in cruce de caminos", realizzato negli Stati Uniti sul Rockefeller Center, che è divenuto emblema della critica al capitalismo.
La mostra ripercorre quest'esperienza attraverso tre artisti in effetti molto diversi fra loro, ma con alle spalle un comune retroterra sociale, politico e culturale: influenzati dal social-realismo, artisti come Orozco e Rivera utilizzano il murale come strumento diretto di comunicazione col popolo. È un movimento, quello del Muralismo messicano, che affonda le proprie radici culturali e di lotta nella storia delle civiltà precolombiane, nell'esperienza sanguinosa della conquista spagnola e nella liberazione rivoluzionaria del 1910: tre momenti diversi della storia del popolo, che però coesistono nelle narrazioni figurative raccontando una storia di lotta e rivoluzione.