Chi è Salman Rushdie, lo scrittore de I versi satanici, aggredito a New York
Fu una giornalista della BBC di cui Salman Rushdie non sapeva come si fosse procurata il suo numero a dirgli, per prima, che era stato condannato a morte dall'Ayatollah Khomeini. Era il giorno di San Valentino del 1989, da pochi mesi era uscito il suo libro "I versi satanici" e da qualche giorno aveva preso coscienza che il suo matrimonio, durato solo un anno, era finito. Quello che successe quel giorno l'ha raccontato lui stesso in un saggio scritto in terza persona pubblicato sul New Yorker. Uno scritto focalizzato proprio sulla fatwa, l'editto che metteva sulla sua testa una ricompensa di oltre due milioni di dollari a causa della pubblicazione de "I versi satanici" ritenuto blasfemo dal regime iraniano e che aveva portato a vari scontri – con morti – anche in altri Paesi come India e Pakistan, oltre ad avere effetti anche su chi a quel libro aveva lavorato.
Sebbene quel libro e la fatwa siano ciò per cui il grande pubblico conosce Salman Rushdie, lo scrittore indiano, naturalizzato britannico, non era un esordiente, anzi. Nato a Bombay nel 1947 da una famiglia benestante, studiò a Cambridge e fin da piccolo si appassionò alla scrittura, ma fu nel 1981, otto anni prima del libro che gli avrebbe completamente stravolto la vita, che pubblicò "I figli di mezzanotte" – il secondo, pubblicato dopo Grimus -, libro che lo rivelò al grande pubblico e alla critica anche grazie alla vittorie del prestigioso Booker Prize.
Le pagine di Rushdie devono tanto al realismo magico, che abbiamo imparato a conoscere grazie soprattutto ad alcuni scrittori sudamericani come Gabriel Garcia Marquez, ma come lo stesso scrittore ha spiegato le sue influenze arrivano anche dal postmoderno e in particolare da Thomas Pynchon, di cui è tra i pochi che è riuscito a incontrarlo di persona. A proposito del realismo magico, la storica critica letteraria del New York Times Michiko Kakutani scrisse: "Nel caso di Mr. Rushdie, ha usato gli espedienti allucinatori del realismo magico per cercare di catturare, metaforicamente, l'ampiezza e il caos della realtà contemporanea, la sua somiglianza con un sogno o un incubo".
Rushdie scrisse il romanzo "La vergogna", nel 1983 e nel 1988 fu la volta dei Versi Satanici. "Informo l'orgoglioso popolo musulmano del mondo che l'autore del libro "Versetti satanici", che è contro l'Islam, il Profeta e il Corano, e tutti coloro coinvolti nella sua pubblicazione che ne erano a conoscenza, sono condannati a morte. Chiedo a tutti i musulmani di giustiziarli ovunque li trovino": sono le parole con cui l'Ayatollah stravolse la vita dello scrittore, ma anche di Hitoshi Igarashi, il traduttore giapponese del libro, ucciso nel 1991, di Ettore Capriolo, che fu accoltellato nella sua casa a Milano e del traduttore norvegese William Nygaard che fu aggredito con colpi d'arma da fuoco a cui, per fortuna, sopravvisse.
Per anni Rushdie fu costretto, quindi, a vivere nascosto e sotto scorta come raccontò nel libro "Joseph Anton" (titolo ispirato dai nomi di Joseph Conrad e Anton Cechov), e nonostante le sue scuse, la fatwa fu rinnovata, compromettendo per anni i rapporti tra la Gran Bretagna e l'Iran. Nel frattempo Rushdie ha continuato a scrivere confermandosi come uno degli autori più importanti al mondo: tra i suoi libri ci sono "La terra sotto i suoi piedi", "Shalimar il clown", "Furia" e "Quixote". A proposito dei Versi, a Fanpage.it raccontò: "È un libro che continua a essere mal descritto perché non è propriamente un libro polemico sull'Islam, anzi per la maggior parte non si parla affatto di Islam. Si respira un clima di paura e questo potrebbe portare qualche problema, ma penso che oggi ci siano ancora molti editori coraggiosi e con forti valori che lo pubblicherebbero".
Lo scrittore, che è stato sposato quattro volte e ha due figli, oggi vive negli Stati Uniti ed è stato nominato Cavaliere dalla Regina per i suoi meriti letterari. La fatwa contro di lui non è più appoggiata dal Governo iraniano fin dal 1998, ma continua a essere tenuta in piedi da alcune organizzazioni che la confermano negli anni. Nonostante ciò, Rushdie ha scelto di tornare a vivere da uomo libero, senza scorta. Il 12 agosto lo scrittore è stato aggredito e accoltellato da un uomo mentre teneva una conferenza a New York.