La vicenda della Legion d'Onore francese conferita al presidente egiziano al-Sisi in merito al caso Regeni mette in gioco questioni ben più importanti di un simbolo, ma che riguarda l'Europa e la sua capacità di essere (e non solo mostrarsi) unita al di là dei singoli interessi statali. Bene, anzi, benissimo, hanno fatto Corrado Augias, Giovanna Melandri e tutti gli altri italiani insigniti del più alto riconoscimento possibile della Repubblica francese a riconsegnare, non solo simbolicamente, la Legion d'Onore per protestare nei confronti di un atto insostenibile, considerando il comportamento dell'Egitto relativamente all'assassino di Giulio Regeni, cittadino europeo e italiano. Cosa per cui sarebbe più che opportuno il ritiro da parte dell'Eliseo, come nel 2018 fu fatto per "indegnità" nei confronti del presidente siriano Assad, che tuttavia giocò d'anticipo restituendola prima che gli fosse tolta. Relativamente all'oggi, invece, c'è da evidenziare un altro aspetto che riguarda il nostro Paese.
Come ha evidenziato Emma Bonino nel suo messaggio al presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron, infatti, c'è un limite a tutto, anche a ciò che è possibile fare in nome degli interessi nazionali:
So perfettamente che la Francia, come l’Italia e altri paesi europei ed extraeuropei, ha nei rapporti con l’Egitto importanti interessi economici, commerciali e di equilibrio geostrategico da salvaguardare ma deve pure esistere un limite alle considerazioni della realpolitik.
Considerazione da sposare in pieno. Eppure, qui casca l'asino, si sarebbe detto un tempo. Perché se le ragioni che hanno portato il "protocollo" delle burocrazia francese ad assegnare ad al-Sisi un tale prestigioso riconoscimento sono sempre inaccettabili, bisogna evidenziare come il comportamento italiano nei confronti dell'Egitto, a causa di interessi nazionali strategici e in virtù di quella realpolitik che viene imputata alla Francia, resta altrettanto inaccettabile per noi cittadini del Belpaese. Certo, da noi non è saltato in mente a nessuno di onorare il leader egiziano del titolo di Cavaliere alla Repubblica, così come c'è da ricordare che l'accoglienza in pompa magna riservata dall'allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi al dittatore libico Mu'ammar Gheddafi non fu accompagnata dall'assegnazione di riconoscimenti della Repubblica.
Eppure l'ipocrisia delle Istituzioni italiane (e non certamente dei singoli che in questi giorni stanno protestando contro la Francia, che hanno mostrato coraggio ammirevole) nel perpetuare a non assumere decisioni importanti (non definitive, né irrimediabili, semplicemente a dimostrazione di una schiena dritta in ambito internazionale) rispetto ai nostri rapporti con l'Egitto resta uno scempio figlio di un'ipocrisia di Stato che si sta consumando oggi sulla memoria di Giulio Regeni, sul corpo dei suoi genitori, Paola Deffendi e Claudio Regeni, di Patrick Zaky, ma che pende sul futuro di tutti gli italiani che si sentono parte di una collettività – per l'appunto di uno Stato – all'interno dell'Unione Europea.
Per continuare a sentirci tali, però, non possiamo restare soli o attendere l'azione del singolo, per quanto ammirevole, di un intellettuale o la dichiarazione di un ex ministro. C'è bisogno che le più alte cariche delle Istituzioni repubblicane (fin qui si è sentita la sola voce del Presidente della Camera, Roberto Fico) trovino il coraggio e la maniera politicamente sostenibile per risolvere il groviglio di interessi economici e militari che stanno mortificando l'idea stessa di cittadinanza italiana ed europea.
Oltre a rammentare ai cugini francesi l'imbarazzante comportamento che hanno avuto riconoscendo la Legion d'Onore di napoleonica memoria ad al-Sisi, dovremmo – temo – rivolgere con più insistenza l'attenzione all'ipocrisia dei nostri governanti nel continuare ad avere ottimi rapporti con quello stesso Stato che ha rapito, torturato e poi assassinato il nostro concittadino Giulio Regeni.