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Carola, Boldrini, Emma Marrone: il maschilismo si cela dove meno te lo aspetti

In una “normale” mattina di tournée, capita di ritrovarsi a far colazione di fianco a un gruppetto di allegri ragazzi, che presto si trasformano in mostri per via delle loro continue orribili “battute”, violente e insopportabili. E capisci di risvegliarti in un paese profondamente sessista dove le donne sono sempre considerate subalterne, dove il gap fra gli stipendi è altissimo, dove i femminicidi non calano, dove il tasso di occupazione femminile è tra i più bassi in Europa e dove sin dall’asilo si educa ad una cultura che vede le bambine giocare con le bambole e la cucina e i bambini a calcio o a cazzotti.
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Come spesso accade nella mia vita, alcune mattine mi sveglio in albergo e dopo qualche minuto di smarrimento in cui mi chiedo dove sono, forse a causa di quello spritz di troppo bevuto la sera prima dopo lo spettacolo, la cosa che più mi manca sono le vocine dei miei piccolini che mi svegliano urlando e saltando sul lettone, così prendo subito il telefono, facciamo una videochiamata e poi, dopo aver inforcato i miei occhiali da sole per nascondere la mia espressione poco sveglia, vado a far colazione. E anche se non sono un grande amante del salato di prima mattina, in hotel approfitto sempre del buffet continentale e mi strafogo come un porco tra brioches, prosciutto, formaggio, marmellate e pane tostato di ogni tipo. Mi siedo e ordino un gran bel caffè doppio. Nella “sala breakfast” la tv è accesa su un canale di musica e di fianco al mio tavolo, ci sono tre allegri ragazzi, probabilmente musicisti, che commentano i video musicali, ridono e fanno battute: apparentemente tre giovani progressisti, di mentalità aperta. Ma in questi tempi bui e ambigui, l’oscurità si cela là dove meno te lo aspetti e i tre sono dei terribili mostri sessisti.

In tivù sfilano video di cantanti e musicisti che loro non apprezzano, e così fanno qualche battuta sugli accordi usati dal "Liga" che, a loro dire, sarebbero sempre gli stessi e per questo “praticamente da quindici anni suona sempre la stessa canzone ma con un titolo diverso” o sul cappellino di Max Pezzali che “anche se mi fa cagare è un grande perché se l’è fatte tutte…” e da qui comincia la lenta inesorabile discesa verso il baratro. Viene annunciato il video di una cantante donna (di cui non faccio il nome solo per non mortificarla e non far da megafono ai tre piccoli idioti): parte ed insieme partono anche i loro commenti. C’è però un’enorme differenza con quanto accaduto fino a quel momento con i “colleghi” uomini: i commenti non sono sulla musica o sulla qualità della stessa, ma sono tutti su di lei, sulla sua persona e in qualche modo, che nemmeno loro comprendono (e sia chiaro che questa non è una scusante, perché sono adulti, vaccinati e, a quanto pare, hanno studiato e viaggiato), sul suo essere donna. Uno dietro l’altro, fra assordanti e fastidiose risate, urlano i peggiori, e ovviamente banali e crudeli, stereotipi sessuali, su di lei, su quello che le farebbero e come glielo farebbero, su quello che secondo loro lei fa e come lo fa, ma soprattutto che non dovrebbe cantare, che le sue canzoni fanno schifo perché “è una cagna troia” e “se ne dovrebbe stare a casa”.

Io ho una bimba molto piccola di 4 anni che fra 14 anni ne avrà 18 e se penso che qualcuno possa dire o pensare di lei queste cose, impazzisco ma non perché sia geloso o possessivo (peraltro sono sentimenti che non mi sono mai davvero appartenuti) ma perché trovo aberrante che un essere umano adulto possa credere di essere libero di pronunciare ad alta voce tali amenità. Non so se sia colpa dei social o semplicemente i social siano un megafono di tutto ciò, è come chiedersi se sia nato prima l’uovo o la gallina, so però che in molti, forse troppi, scambiano spesso la libertà, con “dire e fare un po' quel cazzo che gli pare” perché troppo spesso si dimentica che la propria libertà vive sin quando non nuoce quella altrui.

Certo con un vicepremier capopopolo che soffia di continuo sulla fiamma dell’odio e dell’ignoranza, è facile che chiunque si senta autorizzato ad esprimere il proprio odio senza alcuna ragione e così assistiamo di fatto, oramai quasi del tutto disarmati, alla creazione di una generazione di persone rabbiose senza rabbia. E quello che mi sconcerta nel profondo è che tutto ciò lo si possa trovare dove meno te lo aspetteresti: in un gruppetto di artisti, intellettualoidi, pseudo libertari che indossano magliettine con gli stilemi dell’anarchia. Ciò significa che il problema è ben più profondo e celato di quanto non sembri, che la donna in Italia non è vista soltanto come un oggetto ma anche come una cosa (perdonate la battutaccia), che nonostante tutto, nonostante le lotte, la cultura, gli anni e le generazioni, la donna è sempre e comunque subalterna, ancora oggi, nel 2019. Ed è per questo che, quando all’ennesima inaccettabile “battuta” mi alzo di scatto, mi avvicino al loro tavolo e fissandoli uno ad uno gli dico che quanto stanno dicendo e facendo è inaccettabile, loro mi guardano come se fossi una creatura proveniente da un altro pianeta e non comprendono nella maniera più assoluta quale sia il problema, anzi pensano che io sia un bigotto moralista perché loro stanno solo scherzando, e stanno quasi per mandarmi a cagare quando gli volto le spalle e vado via quasi certo che in questo paese non ci sia speranza.

Ma d’altronde in un paese dove il gap fra gli stipendi delle donne e degli uomini è di 2.700 euro in più a favore degli uomini, dove le donne manager guadagnano sei volte meno dei maschi, dove non ci sono tutele per le madri lavoratrici, per le madri single, per le donne in attesa, in un paese dove

«i femminicidi – come commenta Oliva de Conciliis – non calano, e rimangono una piaga orribile. E sono la punta dell’iceberg di una condizione di violenza, soprattutto familiare, per la quale si sta facendo poco a livello legislativo»,

in un paese dove il tasso di occupazione femminile è tra i più bassi in Europa, in un paese dove nell’attuale governo su 64 componenti solo 11 sono donne, in un paese dove sin dall’asilo si educa alla cultura sessista che vede le bambine giocare con le bambole e la cucina e i bambini giocare a calcio o a cazzotti, credo sia ovvio che le donne siano subalterne all’uomo e che dopotutto sia “accettabile” che tre ragazzotti di provincia si sentano autorizzati ad apostrofare pubblicamente una donna con i peggiori termini si possano immaginare. Termini che probabilmente però li farebbero capitolare se gli stessi epiteti fossero attribuiti alle loro mamme, perché alla fine l’Italia è il paese dove “le donne son tutte troie, tranne mia madre”.

E così accade che la ex Presidentessa della Camera venga messa alla gogna in definitiva solo perché donna, che una capitana coraggiosa venga minacciata pubblicamente di essere violentata e uccisa solo perché donna, che una cantante venga continuamente offesa e vilipesa solo perché donna e le donne in questo paese non dovrebbero esprimere le proprie opinioni in merito a faccende che “competono solo ai maschi” né giammai esprimere il proprio dissenso perché le donne in Italia o sono madri o sono troie. E per quanto l’italiano medio si professi più di ogni altra cosa esperto di figa e pallone accade che in occasione del campionato mondiale di calcio femminile – che in teoria in una sola occasione andrebbe a riassumere le più grandi passioni dell’italiano medio – egli sputi rabbia e odio su tutte le componenti della nazionale femminile perché sono donne e le donne non giocano a calcio, stanno a casa a cucinare, e ciò dimostra che più di ogni altra cosa l’italiano medio è stupido, ottuso e se gli indichi la luna lui fisserà il dito. D’altro canto andando a riassumere brevemente i fatti degli ultimi mesi, possiamo arguire che se minacci di morte, stupro e violenze varie, una donna – che peraltro ne aveva appena salvate 42 – dinanzi a decine di testimoni e telecamere, non solo nessuno ti zittisce, ma tutto sommato va bene, al massimo forse ti prendi una strigliata perché avevi bevuto un po' troppo. Viceversa se esponi uno striscione satirico sul tuo balcone indirizzato al vice primo ministro (uomo!), arriva la Digos, la polizia, la finanza, i vigili del fuoco e l'Inps e ti obbligano a toglierlo e volendo ti portano anche in questura.

E cosa si può fare contro tutto questo? Contro tutto questo sessismo fascista imperante? Facile: insegnare ai bambini e alle bambine nuove favole, nuovi giochi, nuove parole, dove non siano i principi a salvare le principesse ma dove Biancaneve è una fanciulla emancipata che fugge da sola dal regno della matrigna e raggiunge in montagna i partigiani attendisti e dopo aver sconfitto e ucciso la malvagia regina, instaura con loro una dittatura del proletariato nano, o meglio ancora un regno di libertà e di unicorni. Non insegniamo alle giovani donne a portarsi lo spray, a sapersi difendere, ad avere paura; non insegniamo mai più a usare la fellatio nella réclame di un gelato; non insegniamo l’espressione “oggetto del desiderio”; non insegniamo il concetto di colpa, perché non può esserci colpa se non si vuol essere seri a diciotto anni. Insegniamo nuove, vecchie parole: “sindaca, presidentessa, ingegnera, architetta”, perché tutto nasce dalle parole e se è normale e consueto usarne alcune come “infermiera, maestra, dottoressa” perché sono mestieri che siamo abituati vederli svolti da donne (forse perché ritenuti più femminili), altri mestieri invece ci appare inutile e sbagliato declinarli al femminile solo perché sono lavori da maschio, lavori di potere, di forza e le donne in Italia sono mamme o troie, tuttalpiù infermiere o maestre, perché alla fine accudiscono o assistono, mai il contrario.

Perciò abituiamo i bambini e le bambine a dire sindaca, ingegnera, ministra e sarà normale prima o poi pensarli come lavori al femminile, sarà normale rivolgersi a delle persone chiamandole ragazze e ragazzi e non solo ragazzi o solo bambini, perché il maschile non sia più l’aggettivo dominante. Insegniamo ai nostri bambini a essere uguali, a giocare alle bambole e con il pallone, insegniamo ai maschietti a non essere maschietti, insegniamogli un’altra morale: di certo non dirò mai alla mia bambina chi amare, né come o quando amare, non le chiederò di essere mamma o troia, la lascerò giocare come vuole, non le insegnerò nulla che non insegnerei anche a suo fratello. E a suo fratello insegnerò che non deve sempre e per forza essere “maschio”, che non deve sempre mostrarsi tale, che nulla gli appartiene per diritto di casta, che il corpo è solo e soltanto della persona a cui appartiene, che può giocare con le bambole o con il pallone e che dovrà prendersi cura di sua sorella perché è sua sorella, non perché sia femmina e che lei dovrà prendersi cura di lui, perché è suo fratello. E che sarà sempre e solo lei a scegliere chi si prenderà cura di lei.

E così forse in giorno accadrà che non sarà più una grande notizia che Laura Boldrini vinca una causa e il querelato le chieda scusa e sia costretto a fare lavori sociali oltre che pagare una pena in danari per via delle minacce e offese scritte in passato sui social; che Carola Rackete ottenga giustizia contro chi ha seminato il falso sul suo conto e sul suo operato; che la nazionale di calcio abbia vinto il mondiale, indipendentemente che a giocare siano uomini o donne; un giorno forse accadrà che Emma Marrone possa esprimere le proprie (peraltro assai belle e condivisibili) opinioni in merito ai fatti di qualsiasi genere, siano esse legate a vicende politiche o meno senza essere taciuta, offesa e minacciata; accadrà finalmente che le persone saranno valutate in base a quel che sono, alle loro capacità e non al loro aspetto fisico, non al loro sesso; accadrà finalmente un giorno che le canzoni di una cantante faranno cagare, solo perché sono delle canzoni di merda e non per chi le canta.

E forse un giorno accadrà che guardando la mia piccolina piccola nei suoi meravigliosi occhioni blu, non senta più la necessità di chiederle “scusa piccolina, è anche colpa mia.”

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