Caro Facebook, grazie per le dirette video ma abbiamo ancora bisogno di scrivere
Non è stato difficile intuire come negli ultimi cinque anni il mondo della scrittura, dei contenuti e del giornalismo web si stesse modificando, dal lancio delle infografiche, ai listing fino a quella freschissima ‘ciliegina sulla torta' delle dirette video. Quali sono le sorti della scrittura nella nuova dimensione tecnologica? È in atto la trasformazione: baipassare la scrittura. La frenesia della comunicazione, la voracità dell'utente in internet fanno ormai del testo scritto qualcosa di ‘old', di tedioso, lento, antico e da qui il trionfo spontaneo delle gallery, dove l'immagine è dieci gradini più in alto rispetto a un testo che ha via via un'importanza sempre più marginale.
L'eroismo della scrittura e la sua breve vita nel web
La scrittura è come se stesse divenendo un ingranaggio inadeguato nella velocità di apprendimento di informazioni che l'utente vuole acquisire nel minor tempo possibile. Quella stessa scrittura che dalla carta stampata si era munita, e con sforzi titanici, di armi strategiche per adattarsi alla natura ipertestuale del web, costretta a lasciare la sua lineare e confortevole dimensione cartacea, di cui potevi sentirne il profumo dei fogli appena stampati. In quel contesto accogliente la scrittura era una regina e invece oggi è come una ‘Cenerentola', l'ultima ruota del carro, viene dopo il SEO, dopo le immagini, i video e si carica sulle spalle formule di esasperato sensazionalismo pur di trainare clic.
Il destino della scrittura si gioca in Silicon Valley
Con molta nostalgia bisogna ammettere che è proprio così e c'è poco da fare se le fila di questo destino sono mosse direttamente dalla Silicon Valley:
Se dovessi fare una scommessa direi: video, video, video. Il miglior modo per raccontare una storia ai tempi d'oggi è il video, fornisce molte informazioni in pochissimo tempo.
Si è espresso così Nicola Mendelsohn, vice presidente del popolare social network per Europa, Medio Oriente e Africa al Most Powerful Women International Summit di Fortune, che di recente si è tenuto a Londra. È così la pensa anche l'intero entourage Facebook, la divinità digitale che dai ‘torbidi' algoritmi ha inglobato giornalismo, realtà editoriali e commerciali di ogni sorta, politica e istituzioni e, assieme a ciò, le vite di tutti i comuni mortali inclusa la loro privacy.
Gli utenti scrivono sempre meno
Gli utenti scrivono sempre meno sulle proprie bacheche, nell'ultimo anno le visualizzazioni quotidiane dei video sulla piattaforma sono passate da 1 a 8 miliardi, in seguito al lancio delle dirette streaming di Facebook Live, l'ultima sfida di Mark Zuckerberg, già rincorsa da tutti i suoi rivali, come Snapchat. Gli utenti di Facebook guardano una media di 100 milioni di ore di video al giorno sui dispositivi mobili, ipnotizzati dalla produzione bulimica di immagini, sono sempre meno allettati dall'investire attenzione nella lettura di un testo. Perché leggere quando si può guardare e ascoltare e così accelerare, in modo esponenziale, i tempi di acquisizione di notizie e informazioni? Che efficacia e che funzionalità ma anche quanta nostalgia!
Il brutto della diretta
Resta indubbio che i trionfi del progresso e dell'innovazione che Facebook ha donato al mondo abbiamo migliorato vertiginosamente la possibilità di condividere contenuti, creare connessioni, gruppi e community intelligenti e se da un lato questo sviscera entusiasmo fra gli amanti della cultura digitale dall'altro provoca, oltre a un'immancabile senso di nostalgia- quel sentimento che fa ti fa patire nel non trovar più le cose a cui tieni così come le hai lasciate- anche qualche perplessità e una serie di riflessioni ideologiche. La possibilità di sfornare video come fosse ‘niente' purtroppo non è sinonimo di maggiore garanzia di informazione ma sopratutto nella maggiorparte dei casi non si accosta alla qualità di contenuto.
La scrittura, mezzo di comunicazione neutrale
Susseguono diverse riflessioni di tipo etico: in primis non bisogna dimenticare che, quando leggere era un gesto quotidiano e sacrosanto, il contenuto fruito veniva assimilato con un ‘quid' di mistero, anonimato autorale, seppur con tanto di firma in calce, ma l'autore era protetto, celato, nel senso più bello del termine, da quelle battute, lettere, caratteri senza che potesse mimicamente influenzare il lettore. Piuttosto poteva in modo affascinante manipolarlo solo con la penna, con la bravura dello stile e con il talento dell'elaborazione ma oggi le carte si rimischiano e gli elementi di persuasione e di informazione saranno ben altri, come la fisicità, il timbro di voce, la qualità tecnica nella realizzazioni di video, la simpatia e chissà quali stratagemmi mediatici.
Il discrimine della videogenia
Solo qualche anno fa, prima del trionfo dei youtuber, i video erano per un'élite iper selezionata, ereditando l'impronta televisiva, pochi potavano sfruttarli, oggi sono alla portata di tutti, anche la scrittura lo è stata nell'ultimo decennio con l'avvento dei blog, ma era più soft, più delicata, meno invasiva. Mentre oggi potrebbe tranquillamente prevalere il principio ‘ariano' secondo il quale chi possiede l"x factor' della videogenia potrà avere futuro nella diffusione dei contenuti, potrà sedurre, catturare l'attenzione e ottenere un mare di visualizzazioni, mentre le persone dal carattere riservato, i ‘timidi', seppur pieni di genialità e talento, dovranno munirsi di una certa dose di abnegazione e starsene dietro le quinte, senza mai vedersi protagonisti dei loro contenuti, oppure farsi un po' di violenza improvvisandosi in un ambito che non li compete e adattandosi ad un mondo che non li appartiene.
Le intuizioni profetiche di Andy Warhol
Realtà ormai tangibili già oggi in cui ci ritroviamo inondati da un'eruzione barbara di incompetenze e bruttezza formale: è il risultato delle tecnologie che hanno dato il megafono a chiunque, incentivando il qualunquismo e l'entropia dell'opinione, processo sempre più irrefrenabile e dispersivo. Intendeva forse questo Andy Warhol quando predisse che, in un futuro prossimo, chiunque avrebbe avuto i suoi 15 minuti di celebrità? Nel bene e nel male è così. "Ai posteri l'ardua sentenza", a patto che, in questo vortice tecnologico da cui siamo inghiottiti, conserveremo i mezzi intellettuali del discernimento e dell'analisi.