Carditello, la Reggia va all’asta e il sindaco inizia lo sciopero della fame
Storie di ordinario degrado italiano: negli ultimi anni abbiamo imparato a conoscerne talmente tante che nulla più sembra destare l'adeguato stupore. Il patrimonio storico artistico violato ed abbandonato a sé stesso, le vestigia del passato saccheggiate, inquinate, distrutte e qualche volta compiante; più spesso travolte da un oblio oscuro dal quale, ogni tanto, si esce con qualche decennio di ritardo scoprendo che, ormai, si è arrivati troppo oltre per poter essere ancora in grado di rimediare. Esattamente come accaduto nel caso della Reale Tenuta di Carditello, elegante e raffinata costruzione in stile neoclassico dall'elevatissimo valore artistico sita nel comune di San Tammaro, cittadina del casertano confinante con la più celebre Casal di Principe: a metà settecento, Ferdinando IV di Borbone ne aveva fatto non solo il proprio casino di caccia per lo svago personale ma anche una fiorente azienda agricola dove si allevavano pregiate razze equine, si coltivava il grano e in cui iniziava a diventare estesa la produzione della più nota tra le eccellenze locali, la mozzarella di bufala. Oggi devastata dal vandalismo ma, soprattutto, pronta ad andare incontro all'oscuro destino temuto ed ipotizzato tante volte per la Reale Delizia che sorge in terra di Gomorra.
Storia di un degrado – A partire dagli anni '90, il Consorzio di Bonifica del Basso Volturno accumulò debiti nei confronti del Banco di Napoli (oggi Banca Intesa) che decise di riscuotere il credito nel 2003; il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere dispose così la vendita all'asta dell'immobile. Negli ultimi anni della sua amministrazione, l'ex governatore Bassolino aveva cercato di accordarsi per una soluzione che consentisse l'acquisto del bene da parte della Regione Campania, ricevendo effettivamente la disponibilità da parte della banca a rinunciare al grosso della cifra, vendendo la Reggia di Carditello per circa 9 milioni di euro, ai quali se ne sarebbero aggiunti successivamente altri 16 necessari per i piani di rivalutazione e recupero. Purtroppo il passaggio di consegne al nuovo presidente Stefano Caldoro ha significato la rinuncia al progetto (del resto, la stessa Regione è indebitata con il consorzio) e per il sito, a partire dal 2010, la sorte sembra essere diventata sempre più amara, con la mano della camorra che, con ben poca difficoltà, si allungava su quello che fu un tesoro e che oggi è uno dei simboli della miseria e della crisi entrate dalla porta principale. A partire dagli anni '40, quando le truppe tedesche la elessero come sede per il proprio comando, una maledizione perseguita Carditello e gli sviluppi degli ultimi tempi lasciano ben poco spazio all'immaginazione di un futuro di rinascita.
Abbandono ed indifferenza – Il Tribunale, dunque, ha disposto che nessuno possa entrare (naturalmente fatta eccezione per vandali e, soprattutto, ladri) per quanto, di tanto in tanto, qualche evento abbia reso accessibile la Reale delizia al pubblico: occasioni nelle quali è stato possibile constatare uno stato di degrado stupefacente. Per il resto, il palazzo è lì, muto e solitario: di giorno controllato dai volontari della protezione civile, di notte oggetto della sorveglianza pagata dal consorzio che, però, fa soltanto giri di controllo. Per quanto l'arredamento sia stato praticamente tutto portato via, gli ultimi furti risalgono comunque ad anni recenti: ad essere rubati gradini in marmo, caminetti, colonne, oggetti con i quali difficilmente si passa inosservati; su buona parte delle superfici interne, ormai, quel che resta di affreschi e stucchi è stato oggetto di vandalismi, l'altra parte subisce i danni dovuti alle infiltrazioni. Ed ora non resta che aspettare quello che accadrà in queste ore, perché a breve si terrà la terza seduta di vendita. Quasi superfluo specificare che le altre due sono andate deserte, di modo da far scendere il prezzo: il costo fissato sarà di 15 milioni, una cifra come un'altra per chi ha bisogno di riciclare un po' di denaro. E se anche la tenuta di caccia dei Borbone dovesse finire nelle mani di qualche imprenditore intenzionato a farne una sala per matrimoni o un resort, l'amarezza per la sua sorte resterebbe immutata.
In attesa di una risposta dalle istituzioni – E così, mentre il destino di Carditello continua ad essere interesse solo di qualche volenterosa associazione, diventato una questione relegata nell'ambito di problemi locali, il sindaco di San Tammaro Emiddio Cimmino è al secondo giorno di sciopero della fame, nella speranza che il suo gesto estremo possa finalmente servire a destare l'attenzione non solo delle istituzioni ma anche dei mezzi di informazione: «Non mi è rimasto altro che questo» ha spiegato mestamente in conferenza stampa. Abbandonato dalle istituzioni locali, dopo le molte promesse anche recenti giunte dalla Regione e dal suo governatore e che mai hanno portato a risultati concreti, Cimmino si appella al Presidente della Repubblica, auspicando di essere ricevuto da Giorgio Napolitano nei prossimi giorni; la disperazione è profonda, per chi comprende quale vergogna significherebbe la svendita di un gioiello artistico e la sola volontà di portare avanti la propria battaglia potrebbe rivelarsi risolutiva. Intanto da Palazzo Santa Lucia il consigliere regionale PD Nicola Caputo sostiene che i soldi ci sono e spunta, nuovamente, l'ipotesi della Fondazione che si dovrebbe occupare dell'acquisto: fondazione che esiste nominalmente ma che non dispone di fondi. E intanto la mobilitazione dell'Associazione Orange Revolution, presieduta dall'architetto Raffalla Forgione che ha promosso una raccolta di firme tramite facebook, sta iniziando a riscuotere una certa adesione: l'obiettivo è quello di convincere le amministrazioni comunali a formare una cordata che consenta l'acquisto collettivo della Reggia, attraverso l'esborso di una cifra anche piccola ma da parte di tutti. Un sogno, più che un obiettivo, in terra di gomorra: ma salvare Carditello è un imperativo assoluto.
[foto centrale by Kenfoto]