Caravaggio: la “Natività” torna a Palermo in versione digitale a quarant’anni dal furto
La "Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d'Assisi" è l'opera d'arte più ricercata dalle polizie di tutto il mondo. Dipinta da Caravaggio nel 1609, la tela venne rubata la notte fra il 17 e il 18 ottobre 1969, e da allora non se ne ha più notizia. Dopo ben quarantasei anni dalla scomparsa, l'Oratorio della Compagnia di San Lorenzo a Palermo riempirà di nuovo quel vuoto enorme sull'altare: grazie a delle tecnologie altamente all'avanguardia infatti, è stato possibile ricostruire l'opera in tutto il suo splendore. La fedele riproduzione verrà consegnata alla città di Palermo e restituita alla sua collocazione originaria, l'altare maggiore della Chiesa dell'Oratorio di San Lorenzo, sabato 12 dicembre, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Grazie al supporto di architetti ed informatici, la Factum Arte è riuscita a lavorare per mettere le nuove tecnologie al servizio del recupero dei beni artistici. La compagnia è un'eccellenza nel campo delle tecnologie per la digitalizzazione e conservazione del patrimonio culturale mondiale: grazie ad essa ad oggi si possiedono materiali documentari ad altissima definizione di molte tombe egizie chiuse al pubblico, come quella di Seti I e Tuthmose III, oltre che la digitalizzazione di opere come "Lo sposalizio della vergine" di Raffaello, "L'ultima cena" di Leonardo e molte tele di Francisco Goya.
Caravaggio dipinse la tela intorno al 1609: commissionata espressamente per celebrare di culto di san Lorenzo e di san Francesco, "La Natività" venne collocata nell'oratorio di San Lorenzo di Palermo, posta sull'altare maggiore. Al centro della composizione pittorica troviamo Maria nelle sembianze di una bellissima e malinconica donna del popolo, un modo di rappresentazione tipico di Caravaggio e ricorrente in molte sue opere, con un Giuseppe molto più giovane rispetto all'iconografia tradizionale, girato di spalle e con un manto verde. Grazie ad un restauro effettuato nel 1951, la tela era in condizioni di conservazione pressoché perfette, e il suo valore di mercato si aggirerebbe oggi intorno ai 30 milioni di euro.
Il furto resta ancora oggi uno dei misteri irrisolti della storia dell'arte: attribuito alla mafia, in quanto in passato molti pentiti e collaboratori di giustizia hanno raccontato del quadro, indicando motivazioni e nascondigli fra i più disparati. Vincenzo La Piana riferì di un furto commissionato da suo zio, il boss Gerlando Alberti, probabilmente dopo essere venuto a conoscenza del gran valore dell'opera. Esistono poi dichiarazioni come quella del collaboratore Francesco Marino Mannoia, che disse che la tela fu goffamente arrotolata dai rapinatori durante il furto, sbriciolandosi. Nel 2009 Gaspare Spatuzza ha raccontato: "Ho saputo da Filippo Graviano nel carcere di Tolmezzo intorno al 1999 che il quadro era stato distrutto negli anni Ottanta. La tela era stata affidata alla famiglia Pullarà, i quali l’avevano nascosta in una stalla, dove era stata rovinata, mangiata dai topi e dai maiali, e perciò venne bruciata".