Riuscire a distinguere ironia e sarcasmo è una capacità di grande importanza. Infatti, per quanto il sarcasmo sia un genere di ironia, i suoi modi e i suoi intenti sono molto specifici, e padronanza della lingua richiede di non scivolare nel sarcasmo con leggerezza. Nell'appropriarci di questa distinzione ci aiuta molto l'etimologia.
L'ironia è un meccanismo fondamentale della mente, che consiste etimologicamente in una dissimulazione, in una finzione (dal greco eironèia) – e più specificamente in un ribaltamento. Se all'amico che ha appena perso un lavoro che era un vicolo cieco dico "Peccato, c'erano delle così belle prospettive…!" mi mostro accanto a lui, alleggerisco con compassione quello che gli è accaduto, ed è così che ne accolgo il peso, che mi faccio sentire vicino.
Nell'ironia io prendo un elemento della realtà, lo capovolgo, e in questo modo ne metto in luce la parte nascosta, quella dove di solito non batte il sole: la linearità del discorso fa un salto, salto che richiede uno sforzo di pensiero per essere prodotto e per essere compreso. Anche se detto così non sembra un meccanismo buffo, questo fa ridere e l'effetto ridanciano è il più evidente. Ma è anche un tipo di pensiero che fa da sistema immunitario della mente. Finché si usa l'ironia in maniera sistematica, è difficile che la percezione della realtà ammuffisca, ed è difficile che qualcosa della realtà resti davvero celato – un po' come se fossimo soliti spostare i mobili di una stanza.
Quando si parla di ironia in genere, si parla di un meccanismo sostanzialmente benefico.
Ora, tecnicamente il sarcasmo è un tipo di ironia, ma non vanno confusi (così come l'amanita non va confusa coi funghi che usiamo per il sugo). Il sarcasmo è aggressivo, vuole ferire: viene dal verbo greco sarkàzein, che letteralmente significa ‘lacerare la carne'. Si tratta di un'ironia priva di compassione, priva di simpatia, vuole ridere-di e non ridere-con, un'ironia contro, e in definitiva non dovrebbe essere divertente. O almeno, è divertente nella misura in cui è divertente l'umiliazione (secondo me mai, ma magari qualcuno dissente). Se pubblicamente, davanti alla domanda scontata e incerta diciamo "Che domanda intelligente, bravo!" siamo sarcastici: mettiamo alla berlina una persona.
Di solito è sarcastico chi sente il bisogno di mostrare denti e unghie, chi si chiude in un guscio di spregio, inconfessabilmente atterrito dalla difficoltà dei buoni sentimenti. Difatti il sarcasmo è uno strumento tipico del cinico – di colui che ha in spregio valori e sentimenti comuni.
Il cinismo era una cosa ganza nell'antica Grecia. Alessandro Magno, che sapeva l'importanza della filosofia e la dignità dei filosofi, dice al filosofo cinico Diogene disteso a terra "Chiedimi qualunque cosa tu desideri e io la esaudirò" e lui "Spostati che mi levi il sole". I cinici erano autonomi, cosmopoliti, sfrondavano i propri desideri e ricercavano una vita sorretta dalle sole regole della natura, con una rettitudine morale monolitica e uno sforzo etico da titani. Oggi è Dottor House. E tutti amiamo dottor House, ma si capisce che qualcosa è andato storto. Rimane solo il guscio di un nichilista terrorizzato dalla vita che frappone distanze crudeli per evitare l'amore. E il sarcasmo è il suo strumento.