“Breve è la vita, e lunga è l’arte”. Ugo Foscolo e il mito dei versi eterni
In questo 21 marzo 2016 il mondo sta celebrando la poesia in tutte le sue forme, è proprio questo che Unesco ha voluto nel 1999, istituendo la Giornata Mondiale della Poesia. In queste ore ovunque si commemorano i grandi nomi di coloro che l'hanno costituita ma fra questi ce n'è uno in particolare: Ugo Foscolo. Speciale il suo ruolo nella concezione filosofica che la poesia assume. Foscolo non è solo un grandissimo poeta che, a cavallo fra Settecento e Ottocento, agli esordi primordiali del Romanticismo, in età napoleonica e in procinto della Restaurazione, si identificò con i valori assoluti dell'amore e della patria, mettendoli fortemente a fuoco nella sua letteratura.
Foscolo fu anche un pensatore che aveva colto, dalla sua riflessione letteraria, l'essenza più nobile della poesia, ossia la sua funzione "eternatrice". In tal modo aveva fornito una grande consolazione nel mondo intellettuale, e "Dei sepolcri" ne sono l'esempio tangibile. Nel celebre carme osannava le grandi personalità dell'arte e della poesia, da Dante a Petrarca, da Alfieri a Machiavelli, destinate a rimanere immortali, a vivere in eterno, a scampare dal misero oblio della morte.
La poesia è per Foscolo un fatto spirituale, un'ambizione massima che guarisce dall'angoscia della ‘fine terrena', precaria condizione umana con cui chiunque deve fare i conti. Quella triste morte fisica che restituisce a un destino qualunquista e omologato chiunque, quella banale ‘livella' che fa affievolire, fino a svanire, ogni residuo di vita. Questa inevitabile malinconia esistenziale è differente in chi ha fede, ma la fede non è di tutti.
L'approccio materialistico verso l'esistenza, andando a ritroso nei secoli, fra le pieghe dei percorsi poetici, si può rintracciare già agli esordi della poesia, non occorre considerare Leopardi per scontrarsi con lo ‘scetticismo' poetico, che è un sentimento assai più antico. L'assenza di una fede spirituale nella letteratura si evince già dal poeta latino Lucrezio che nel suo "De Rerum Natura", intriso di dottrina epicurea e di scientismo ante litteram di matrice democritea, esternava una concezione cosmica di tipo meccanico, strettamente fisico.
Così Ugo Foscolo con la sua visione fisiologica del mondo non si affidava a nessuna forma di fede per ambire all'immoralità, desiderio inconscio di ogni individuo, ma alla poesia e alla sua forza eternatrice, la cui “armonia vince di mille secoli il silenzio”. Scriveva rincuorato “tu ne’ carmi avrai perenne vita”. La poesia può vincere l'oblio ma non solo, può anche rendere eterni. Ed ecco che avviene il riscatto dall'angusta precarietà della vita terrena.
Lodare chi viene prima, nel corso dei secoli e delle varie espressioni della poesia, che si vanno personificando, è un imperativo, una massima etica, la cui forza giunge dall'energia stessa della poesia. Foscolo, in "Dei Sepolcri", metaforizza così questa saggia consapevolezza: “me ad evocar gli eroi chiamin le Muse”, sentendosi chiamare alla celebrazione dei poeti del passato. Una delle ragioni questa per cui lo si può definire un “classicista”.
Gli artisti e i poeti sono avvantaggiati nella scalata titanica ma possibile dell'immortalità, sono stati salvati dalla bellezza della loro poesia per cui hanno vissuto una vita intera. Per dirla con Cataldi:
La poesia non serve solo a tramandare e tenere vivi i valori del passato ma anche a risvegliare nel presente quei valori del passato che nel presente possano accendere la creazione di nuovi valori.
Ecco il senso fondamentale di questa Giornata Mondiale della Poesia, il ricordo e la celebrazione del suo immenso valore in grado di restituire eternità.