Brava gente? Il nuovo libro di Igiaba Scego racconta il colonialismo italiano ai ragazzi
Negli ultimi anni, grazie all’iniziativa di alcuni storici e giornalisti, è aumentata la consapevolezza della storia coloniale dell’Italia, uno dei grandi rimossi della coscienza civile del nostro paese. Sono arrivati in libreria nuovi saggi e ricerche, che hanno proseguito il lavoro miliare dello storico Angelo Del Boca recentemente scomparso, gruppi di attivisti hanno compiuto azioni simboliche per disvelare il significato di monumenti e intitolazioni, portando alla luce la loro connessione con la storia coloniale italiana, tra massacri e atrocità.
Novità importanti certamente, ma che ancora non sono sufficienti. Quello che manca è una pedagogia pubblica sulla nostra storia coloniale, perché le istituzioni democratiche ancora non sono riuscite a farsene carico fino in fondo, preferendo tramandare i luoghi comuni degli “italiani brava gente”. Nelle scuole si studia poco e male il colonialismo italiano, la Rai non ha mai affrontato davvero il tema con prodotti di massa in grado di raggiungere il grande pubblico, anche il cinema non si è misurato con gli italiani in Africa.
Ora è arrivato un libro importante che racconta la storia coloniale e lo fa rivolgendosi a un pubblico di giovanissimi. “Figli dello stesso cielo” (Piemme) è un testo pensato per ragazzi e ragazze, scritto da Igiaba Scego, autrice italiana di origine somala che dà così l’ennesimo contributo prezioso e originale al panorama letterario italiano. La storia familiare della scrittrice, in particolare quella del nonno Omar che non ha mai conosciuto ma visto solo in fotografia, è la cornice narrativa attorno alla quale si dipana la storia del razzismo e del colonialismo italiano. Perché la storia del colonialismo italiano non è una storia che riguarda solo il ventennio fascista, eppure questa è una percezione ancora diffusa. Al contrario la ricerca di “un posto al sole” inizia nell’800. Certo l’Italia unitaria è in ritardo rispetto alle grande potenze, ma non rinuncia all’avventura africana.
Scego dialoga con quel nonno lontano nello spazio e nel tempo, ne immagina i sentimenti e ne prova a capire le scelte, compresa quella di essere in qualche modo fascista, o meglio un ascaro come si chiamano i soldati arruolati nei territori coloniali, di aver collaborato con gli occupanti, di aver tradotto per gerarchi e generali la lingua della sua gente. E mentre fa i conti con la sua storia personale, mettendo sulla pagina un dialogo tenero e intimo per noi tutti, l’autrice ci porta per mano a fare i conti con la storia di tutti noi. Con i massacri, gli stupri, gli effetti del razzismo in patria e nei territori dichiarati italiani, le armi chimiche e le razzie, dando le giuste coordinate per collocare fatti e date.
Intrecciare la Storia con la maiuscola con la storia con la minuscola non è semplice, ma questo libro ne è un esempio perfettamente riuscito. E non è secondaria né neutra la postazione da cui Igiaba Scego racconta: lei, figlia di rifugiati somali scappati dopo il colpo di stato del 1969, donna e nera in una società bianca in cui l’aumentare della retorica razzista è andata di pari passo con l’aumento della presenza di cittadini migranti. Ma soprattuto è figlia del colonialismo, perché nel suo bagaglio di cittadina della diaspora somala è ben presente l’impatto della presenza italiana nel Corno d’Africa e le sue conseguenze sulla storia contemporanea di Eritrea, Somalia ed Etiopa. Non a caso quando la incontro nella redazione romana di fanpage.it – per l’intervista in video che trovate in testa a questo articolo – Igiaba è angosciata per la guerra civile in Eritrea, e non si capacita di come i media italiani non se ne interessino, perché la società civile non dia voce ai tanti migranti che da quel paese martoriato dai conflitti sono fuggiti.
Prima non c’era un libro per raccontare il razzismo e il colonialismo italiano ai più giovani ,con il calore di una storia con la minuscola e non solo con la freddezza di nomi e dati della storia con la maiuscola. Oggi invece c’è ed un’occasione. Genitori chiedete agli insegnanti di adottarlo in classe, prof fatelo leggere ai vostri studenti, ragazzi immergetevi in queste pagine: tocca a voi costruire un paese che ha fatto i conti la propria storia fino in fondo.