Assisi: le “Storie di San Francesco” di Giotto risplendono di nuova luce
A quasi vent'anni dal terremoto che la danneggiò seriamente, la Basilica di San Francesco d'Assisi torna ad essere illuminata il tutto il suo splendore. Era il 1997 quando una forte scossa di terremoto colpiva l’Umbria e le Marche, causando la morte di quattro persone e il crollo di parte degli affreschi e delle volte della Basilica: il San Girolamo (attribuito da alcuni a Giotto giovane), dove erano raffigurati i Quattro dottori della Chiesa, i Quattro Evangelisti di Cimabue, e inoltre la volta stellata, ridipinta nell'Ottocento. La Basilica conserva uno dei cicli di affreschi più celebri della storia, le Storie di San Francesco dipinte da Giotto, risalenti alla fine del Duecento e danneggiate anch'esse dal terremoto del '97: oggi, grazie anche "ad una nuova luce", questo straordinario tesoro può tornare ad essere ammirato.
Dopo quasi 20 anni i restauri sono ultimati, e l’ultimo passo verso il recupero e la conservazione è quello di una perfetta illuminazione, argomento che può sembrare superficiale ma che in realtà è estremamente complesso e articolato. Assisi ha scelto di affidarsi a Osram, azienda che vanta esperienze su progetti specifici come l’illuminazione della Cappella Sistina, Piazza dei Miracoli a Pisa, i teleri del Tintoretto alla Scuola Grande di San Rocco a Venezia.
Un aspetto, quello dell’illuminazione, per nulla marginale nel recupero e la conservazione dei beni artistici: il calore delle luci e gli effetti dell’illuminazione possono compromettere seriamente l’integrità dell’opera e i colori. Realizzata con le nuove tecnologie LED, è stato possibile superare con successo alcuni ostacoli riguardanti la conservazione degli affreschi, richiedendo però ai progettisti un ulteriore sforzo relativo alle scelte illuminotecniche per la ricerca della migliore soluzione cromatica: uno dei problemi maggiori è infatti quello di fare in modo che l’edificio, le architetture e le pitture vengano percepite al meglio dai visitatori.
"Poi c’è l’aspetto liturgico: questo non è un museo, per cui deve mantenere determinate atmosfere al di là della fruizione artistica. C’è un altro aspetto centrale, ovvero quello della conservazione, con la necessità di individuare un tipo di luce che sia meno invasiva possibile, che rispetti le opere garantendone la durata. E non dimentichiamo gli aspetti del risparmio energetico e della facilità di manutenzione", ha spiegato l’ingegner Roberto Barbieri, General Manager Osram Italia, ad Artribune.
La distruzione e i primi interventi di recupero
La basilica rimase chiusa fino al 29 novembre 1999, per interventi di conservazione e restauro. Vennero raccolti (in condizioni difficilissime a causa delle continue scosse di assestamento) oltre 300.000 frammenti in corrispondenza dell'arcone dei santi e della vicina vela di San Girolamo, come della vela stellata e di quella di San Matteo. A questa prima fase ne è seguita una successiva per un lavoro di selezione e di classificazione dei frammenti, in base alle sfumature, al colore, alla tecnica esecutiva. Successivamente si è passati al riconoscimento fotografico, seguito da tentativi di individuazione, in base ai punti di frattura, dei possibili punti di attacco. Indispensabile è stato l'ausilio delle fotografie a colori scattate prima del sisma e la loro stampa a grandezza naturale, sulle quali si poterono effettuare le prove di rispondenza dei frammenti.
Non è stato possibile recuperare tutto il materiale: già prima del crollo le condizioni dell'affresco non erano buone. L'abitudine di Cimabue di usare biacca, mescolata ad altre vernici, ha fatto sì che il colore, a distanza di tempo, diventasse via via evanescente, quasi monocromatico. Per questo la ricostruzione non è stata facile e risulterà sempre incompleta.
I dubbi degli esperti
Nel febbraio 2015 la Direzione Generale per le Belle Arti del Ministero per i Beni Culturali si diceva "allarmatissima" per la condizione degli affreschi restaurati. L'attenzione all'epoca si concentrava sulla manutenzione dei dipinti di Lorenzetti: a preoccupare era soprattutto ciò che si vedeva dall'altra parte, nella cappella di San Nicola. Qui il restauro già concluso aveva avuto "effetti rovinosi" per chiunque conoscesse bene questi dipinti. Colori completamente diversi da quelli originali, figure appiattite, e prive di alcuni dettagli della decorazione. E la Madonna al centro del trittico nella Cappella di San Nicola sembrava aver perso completamente il suo manto.
Molte critiche sono giunte nel corso degli anni all’operato di Sergio Fusetti, che da oltre 40 anni è capo restauratore della Basilica di San Francesco d’Assisi. Fu lui a guidare le squadre degli “angeli di Assisi”, che arrivarono da tutto il mondo per cercare di ricostruire l’affresco, come con un puzzle. Secondo alcuni i restauri sono stati circondati da una singolare aura mediatica: nel luglio del 2012 fece scalpore l'invito a Patti Smith a "restaurare" una minuscola porzione degli affreschi giotteschi.
I dubbi sugli esiti del restauro si sommano a quelli sul modo in cui esso è stato gestito. Si può dire che nella Basilica di Assisi sia stato tenuto a battesimo il moderno restauro italiano: qui iniziò ad operare, nel 1942, il neonato Istituto Centrale del Restauro, che vi ha poi lavorato fino al 2006. Negli ultimi anni, invece, il legame tra Basilica e Istituto si è spezzato, anche a causa della mancanza di fondi. Una delle conseguenze è che i Frati hanno deciso di "fare da soli", passando da uno dei collegi di ricercatori e restauratori più affidabili al mondo, alla ditta privata di un singolo restauratore. L’ultimo intervento, quello sull'illuminazione, è stato appena concluso: sarà davvero il capitolo finale della vicenda?