Artemisia Gentileschi: perché 427 anni dopo le sue opere sono così importanti
Artemisia Gentileschi nacque a Roma esattamente oggi, 8 luglio, 427 anni fa. Era il 1593. Sessantuno anni dopo sarebbe spirata a Napoli, nel 1654, la città dove oggi è conservato una delle due versioni (l'altra è agli Uffizi di Firenze) di quel dipinto-simbolo "Giuditta che decapita Oloferne" dove il personaggio biblico di Giuditta che tagliando la testa al generale Oloferne liberò la città di Betulia assediata dagli Assiri ed Artemisia Gentileschi. Oggi Google la celebra dedicando il suo doodle del giorno.
Sensualità, vendetta, coraggio: Artemisia ha saputo racchiudere nelle sue opere una complessa vicenda di fonti di ispirazione. Nel 1611, infatti, la giovane artista subì violenza sessuale da parte di Agostino Tassi, amico del padre, Orazio Gentileschi, suo maestro di disegno. Seguì un processo che fece epoca, persino in un'epoca in cui la violenza e gli stupri sulle donne non subivano così grande disapprovazione sociale (e penale) come oggi. Nonostante ciò, Artemisia affrontò con coraggio il processo, ma soprattutto mise nell'arte tutte le energie, i sentimenti di violenza e vendetta, che oggi ammiriamo come esempio di talento e tenacia.
Il processo allo stupratore di Artemisia Gentileschi fu intentato da Orazio Gentileschi alla fine del febbraio 1612 a Roma. Gentileschi era un pittore di origini pisane al tempo attivo a Roma, Tassi era un pittore paesaggista arrivato da poco in città, che collaborava con Orazio e frequentava abitualmente la sua casa. L'accusa è lo stupro, avvenuto almeno un anno prima, della figlia Artemisia Gentileschi, anche lei pittrice.
La vicenda era stata taciuta per molto tempo, quando finalmente Gentileschi decide di sporgere denuncia, l'evento suscita numerose dicerie, tanto che in più occasioni il processo si trasforma in uno strumento di diffamazione di Artemisia, che viene vista con sospetto per aver taciuto per tanto tempo e che, quindi, viene ritenuta consenziente da gran parte dell'opinione pubblica. Il 27 novembre 1612 Agostino Tassi venne condannato per la deflorazione di Artemisia Gentileschi, la corruzione dei testimoni e la diffamazione di Orazio Gentileschi. Il giudice Gerolamo Felice gli impose di scegliere tra cinque anni di lavori forzati e l'esilio da Roma. Il giorno seguente Tassi prese la propria decisione e scelse l'esilio, aiutato dal capitano Pietro Paolo Arcamanni che garantì per lui.
Ecco perché Artemisia Gentileschi, dopo 427 anni, da quell'8 luglio in cui è nata a Roma, è importante proprio oggi. La sua arte immortale, così come la sua vita, sono un esempio di ribellione alla violenza sulle donne. Quella stessa che ancora oggi troppe volte viene perpetrata in ogni angolo del mondo.