Opinioni

Antonio Scurati: “Mussolini era un cinico che ha sacrificato il suo popolo. Ma c’è ancora chi lo rimpiange”

Intervista allo scrittore che ha appena pubblicato il quarto libro della sua saga su Mussolini: “Gioventù Meloniana? C’è una gioventù fascistoide che si muove nei partiti di massa che oggi governano l’Italia. Il capitolo finale di M? Voglio che esca il prossimo 25 aprile”
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“Quella guerra non è stata una guerra italiana. È stata una guerra fascista, in cui il fascismo ha trascinato l’Italia”. Quella guerra, la seconda guerra mondiale, è a ben vedere la vera protagonista di “M. L’ora del destino”, quarto capitolo della saga dello scrittore Antonio Scurati sull’ascesa e la caduta di Benito Mussolini. Ed è netto, lo scrittore, nel chiarire perché: “La seconda guerra mondiale c’è la tragedia dell'Italia e del popolo italiano, ma nelle sue caratteristiche peculiari noi stiamo stati trascinati in guerra dal fascismo – spiega -. E ovunque, dalla Francia alla Grecia, dall’Albania alla Jugoslavia, sino al Nord Africa e all’Unione Sovietica, noi ci siamo andati da invasori e da aggressori. E ne siamo usciti ovunque sconfitti”.

Perché Mussolini voleva la guerra?

Perché voleva rivaleggiare con le vittorie di Adolf Hitler e della formidabile macchina da guerra nazista. Pur non avendo nessuna preparazione militare, né l’Italia, né tantomeno lui. L’unica cosa che può fare, Mussolini, è la mossa dello sciacallo.

Cioè?

La mossa di chi si precipita a occupare una parte dei Paesi sconfitti dai tedeschi, come la Francia o la Jugoslavia. O cercando di attaccare Paesi considerati facili da conquistare, come la Grecia, per non sembrare quel che in effetti eravamo, alleati del tutto subalterni alla Germania nazista. O per partecipare in modo del tutto marginale a operazioni altrui, come l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica.

Dove Hitler, racconti, nemmeno voleva andassimo…

A me risulta veramente incomprensibile che qualcuno oggi possa ancora pensare a Benito Mussolini come a un grande statista, quando – al di là di tutte le sue altre tantissime colpe – arriva al momento della tragedia la guerra mostrando un cinismo incredibile nei confronti del suo stesso popolo, dei nostri nonni e delle nostre nonne.

Perché parli di cinismo?

Perché Mussolini era perfettamente consapevole della totale impreparazione militare, industriale, economica e anche morale del popolo italiano. Perché sapeva che gli italiani non volevano combattere la seconda guerra mondiale, e di sicuro non volevano combatterla a fianco dei nazisti. Ma nonostante questo decide cinicamente e stupidamente, facendo un calcolo sbagliatissimo, di mandarci al macello. A morire e a uccidere.

Stupidamente, dici anche…

Non saprei dirlo altrimenti. Pensa che nell'arco nell'arco di un solo anno Benito Mussolini, dichiara guerra all'impero inglese, alla Francia, all'Unione Sovietica e agli Stati Uniti d'America. Sfida a viso aperto queste enormi potenze militari industriali, nonostante non fosse richiesto dai trattati d’alleanza con la Germania e il Giappone. Arrivo alla tua domanda di prima.

L’invasione tedesca dell’Urss…

Esatto: quando Hitler decide di scatenare l'operazione Barbarossa e di invadere la Russia nessun trattato chiede all'Italia fascista di Mussolini di affiancarlo. L’Asse prevede che se uno dei membri viene aggredito, gli altri devono andare in suo soccorso. E invece Mussolini, dopo essere rimasto umiliato da Hitler, che come sempre ha ordinato l'operazione senza nemmeno avvisarci – perché non ci teneva in nessuna considerazione e anzi temeva le nostre fughe di notizie – dice al suo genero e ministro degli Esteri Galeazzo Ciano, che “noi dobbiamo essere lì”, che la cosa più importante è stare a fianco dei camerati tedeschi che marciano verso la vittoria. E inizia a scrivere a Hitler pregandolo di accettare un corpo di spedizione italiana.

E Hitler?

Hitler cerca di dissuaderlo in tutti i modi con argomenti tecnici. Ci sono le lettere, non è una mia opinione. Gli spiega che i sovietici hanno un carro armato di cui non non sospettavamo l'esistenza enorme con una blindatura molto spessa che soltanto i tank tedeschi di più grosso tonnellaggio riescono a perforare. In pratica, gli dice: voi non potete combattere questa guerra, perché non avete nemmeno una divisione corazzata. E non solo non avevamo divisioni corazzate: non avevamo nemmeno divisioni motorizzate. Capisci? Quest'uomo questo che per vent'anni aveva avuto il potere quasi assoluto, non solo aveva riempito l'Italia di una retorica fasulla dipingendoci come un popolo di guerrieri, come una riedizione degli antichi romani pronti a marciare sul mondo. Ma quando si trova di fronte alla realtà e scopre che l'Italia è militarmente nulla e industrialmente arretrata, sceglie ancora una volta la retorica pur di non smentirsi. E decide di mandare i suoi italiani, i suoi fascisti, a morire in una battaglia di carri armati senza carri armati.

In questa guerra, tuttavia, noi non siamo solo vittime. Ma siamo anche invasori e carnefici, pure quando i libri di Storia si scordano di ricordarcelo. Come in Jugoslavia…

Questa è una Storia meno conosciuta, meno ricordata. Quando i tedeschi sono pronti a marciare sul Paese, noi ci precipitiamo a occupare una parte di quel paese sconfitto dai tedeschi e non da noi. Lì però incontriamo una resistenza accanita, ben organizzata, anche spietata, da parte dei partigiani locali, sia quelli comunisti che quelli nazionalisti che quelli monarchici. Di fronte a quella resistenza, i fascisti organizzano una vera e propria pulizia etnica.

Quando parliamo delle foibe raramente ricordiamo i loro antecedenti, in effetti…

Noi prima siamo gli invasori, gli aggressori, noi prima facciamo la pulizia etnica. E dopo, solo dopo, vengono le foibe. Dobbiamo essere equanimi, non partigiani. Io ho le mie idee riguardo al conflitto in Palestina io penso che in questo momento il popolo palestinese sia vittima e l'esercito israeliano carnefice. Ma ci vuole equidistanza, serve la stessa disposizione d'animo verso la tragedia degli uni e verso la tragedia degli altri. A maggior ragione quando riguarda la nostra Storia. E solo lo sguardo aereo dell'arte, della letteratura della Storia ce lo consente.

C'è un unico posto in cui Hitler, tramite Ribbentrop, chiede agli italiani di andare a combattere. È l'Africa, dove noi avevamo costruito un impero costruito sugli eccidi e sui massacri della popolazione civile. Tu nella tua saga su Mussolini torni spesso sulla storia dell’occupazione coloniale italiana in Africa. Cosa vuoi dire, attraverso questo, a noi italiani di oggi?

Ne parlo tanto perché quella è una storia che arriva fino a noi, ed è la parte più sciagurata, se vogliamo la più disperata del fallimento del fascismo.

In che senso sciagurata e disperata?

Noi chiamavamo il Nord Africa la quarta sponda del Mediterraneo, quella in cui il nostro Paese meraviglioso avrebbe dovuto guardare per aprire una prospettiva di futuro. E invece porta soltanto morte, distruzione, tirannia, dove non esitiamo a compiere un genocidio per aver ragione di chi provava a resistere a un invasione, deportando un’'intera popolazione civile, centomila persone in marce della morte lungo la costa della Sirte, dove furono confinati in un sistema di 16 campi di concentramento, chiamati così sui documenti ufficiali controfirmati dal Re e da Badoglio, che non erano campi di sterminio, organizzati con le camere a gas solo perché non ce n'era bisogno, perché c'era una mortalità del 50%.

Tu dici che quella storia arriva fino a oggi…

Si, perché se voi guardate la mappa della Libia, là dove c'erano i campi di concentramento fascisti, oggi ci sono i campi di concentramento dove i trafficanti di uomini libici finanziati dalla Comunità europea rinchiudono i migranti e li torturano.

Nel frattempo la quarta sponda è diventata un muro…

Ed è quasi la nemesi altrettanto tragica di una storia tragica. Gli eredi, diretti o indiretti, consapevoli o inconsapevoli, di quella Storia vorrebbero alzare un muro lì dove i loro predecessori invece si sporgevano con un con una postura di conquista. E ahimè non non funziona né l'una né l'altra cosa.

In che senso?

Nel senso che noi in Africa non contiamo assolutamente niente. Non contiamo nulla quando andiamo vergognosamente col cappello in mano dai dittatori, promettendo denaro oscuro senza ottenere nulla in cambio. Non contiamo quando finanziamo in Nord Africa i trafficanti di uomini, che nel frattempo migranti li torturano, li stuprano, li vessano, li taglieggiano facendosi dare altri soldi, per poi far partire quelli che decidono loro. Che quando arrivano qua, ammesso che ci arrivano, ci arrivano con nessuna fiducia nello Stato, nelle istituzioni, nella società. Sono già dei reietti.

E noi gli addossiamo pure questa colpa, se poi delinquono. Probabilmente perché non sappiamo, o non c’è interesse che sappiamo, cosa accade loro in Africa…

Non mi piace, perché suona come un alibi, dire che “non ci fanno sapere” cosa accade in Africa. Oggi esistono moltissimi canali di informazione, moltissimi media. Certo, l’ho detto e lo ripeto, credo che ci sia in atto un tentativo di limitare la libera informazione, ma ora come ora se uno vuole sapere cosa sta succedendo in Africa, può informarsi. La direi diversamente.

Come?

Che moltissimi non vogliono sapere. Perché la seduzione populista, come la chiamo io, così come quella fascista di cent'anni fa, ha elementi seduttivi. All'inizio degli anni venti del Novecento, Mussolini capì che l'individuo contemporaneo era oppresso dalla complessità della vita moderna e lo sedusse promettendo il Nulla.

Il Nulla? 

Esatto. Offrendo cioè una brutale semplificazione della complessità del reale, riducendo tutti i problemi a un unico problema: il nemico, lo straniero invasore. Era una favola della buona notte, una favola nera, che ti dice “dormi, dormi piccolino, ci penso io”. Ed è quello che sta accadendo. La complessità di questa tragedia, di questo dramma che è la migrazione dei popoli, in molti non la vogliono vedere. Si accontentano della favola della buona notte. No, li prendiamo questi uomini neri e li portiamo da un'altra parte. Dalla Libia all’Albania, a proposito di passato che ritorna.

Il problema è che il passato ritorna, ma tracima nel futuro. Sempre più giovani sembrano attratti dalle ideologie di estrema destra, dai ragazzi della “Gioventù Meloniana” che abbiamo raccontato nelle nostre inchieste, ai giovani che in Germania votano i neonazisti di Afd…

C’è una bella frase di Filippo Turati, grande patriarca del socialismo umanitario milanese che commemorando Giacomo Matteotti dopo che fu barbaramente ucciso dai sicari fascisti: quella frase dice che “i morti non soltanto pesano, ma i morti ritornano”. Lui lo diceva di Matteotti. Ma io temo che sia vero anche per Benito Mussolini. E infatti, come avete raccontato bene anche voi di Fanpage, c’è una gioventù fascistoide che si muove nei partiti di massa che oggi governano l'Italia e che temo si apprestano a governare l'Europa.

Ti accuseranno di vedere il fascismo ovunque…

Preciso meglio, per le persone in buona fede: non penso che sia tornato il fascismo, né che tornerà. Però penso che il populismo sovranista che ci governa erediti parte della cultura politica fascista. Un populismo sovranista che condivide con il fascismo il culto della personalità del Capo.

Spiega meglio.

Il primo assunto di ogni populismo è che il suo leader affermi implicitamente o esplicitamente: “Io sono il popolo, e il popolo sono io”. Ma se si stabilisce l'equazione leader uguale popolo, il Parlamento diventa inutile, superfluo, obsoleto, corrotto. Nessun'altra autorità o potere dello Stato viene riconosciuto. Il Presidente della Repubblica non ci serve più, la magistratura non ci serve più. Che vogliono sti intellettuali? Zitti! Quando arrivi a quel punto hai solo due possibilità: puoi adorarlo e tributargli un culto. Oppure alla fine, quando le cose vanno male, massacrarlo. E senza andare a scomodare Piazzale Loreto e l’orrendo scempio che fu fatto del corpo di Mussolini, pensate a tutti i leader carismatici che sono saliti improvvisamente nei sondaggi e sono stati buttati a mare nel giro di pochi mesi. Di destra, centro, sinistra, senza distinzioni.

Ultimissima domanda: il 25 aprile dello scorso anno è scoppiato un caso su un tuo monologo che avrebbe dovuto essere letto durante il programma di Serena Bortone e che invece viene bloccato dalla Rai. Cosa farai il prossimo 25 aprile, quello in cui si celebrano gli ottant’anni dalla liberazione dell’Italia?

Quel giorno vorrei dare alle stampe il quinto e ultimo volume della saga di M. Quello dipende da me dal mio editore, ma vorrei fosse il mio contributo al prossimo 25 aprile, ma non escludo che se me lo fanno fare potrei anche sconfinare in un altro medium. Ovviamente non sulla Rai, ci mancherebbe: state tranquilli, li non ci proviamo neanche. Sappiamo che quella è cosa vostra.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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