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Anni ’70, arte a Roma: in mostra Boetti, Kosuth, Burri e altri 100

Al Palazzo delle Esposizioni di Roma, fino al 2 marzo, oltre 200 opere raccontano la fervente stagione artistica romana degli anni ’70, tra sperimentazioni, proteste e un clima di creatività eccezionale.
A cura di Gabriella Valente
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Più di 200 opere di circa 100 autori, raccolte ed esposte nel nome di un decennio e di una città, riempiranno i maestosi spazi del Palazzo delle Esposizioni fino al 2 marzo.

Joseph Kosuth, The Eighth Investigation, Proposition #4’, 1971, Collezione Lia Rumma
Joseph Kosuth, The Eighth Investigation, Proposition #4’, 1971, Collezione Lia Rumma

La mostra Anni ’70. Arte a Roma, seguendo le coordinate indicate nel suo titolo, racconta di uno straordinario binomio, di uno storico e cruciale stato d’eccezione. È una mostra molto grande, forse fin troppo piena, sicuramente complessa, ma convincente nel suo intento: quello di documentare la ricchezza di sperimentazioni, la varietà di linguaggi, la creatività audace e sfrenata della Roma degli anni ’70. D’altronde, la complessità della mostra è la complessità stessa del periodo, e per questo rispecchia appieno la decade in esame. Un decennio controverso, certo; di piombo, di proteste, di terrorismo e rabbia, ma anche di sconfinamenti positivi, di ricerche, di condivisione, di coraggio.

G. de Chirico, Il poeta e il pittore, 1975. Fond. Giorgio e Isa de Chirico. Ph. G. Schiavinotto
G. de Chirico, Il poeta e il pittore, 1975. Fond. Giorgio e Isa de Chirico. Ph. G. Schiavinotto

Nell’ambito delle arti visive gli anni ’70, forti delle conquiste del decennio precedente, esplorarono nuovi territori, nuove espressioni e nuovi temi forieri di un fondamentale cambio di passo. Lo stato d’eccezione, cui si è accennato, non può prescindere dalla città di Roma che nel periodo in questione visse la sua più vivace e prolifica stagione cosmopolita, innanzitutto per il gran numero di artisti che vi risiedeva: negli anni ’70 a Roma c’erano Burri, Kounellis, Mauri, De Chirico; vi si trasferirono Alighiero Boetti, Gino de Dominicis, Luigi Ontani, Vettor Pisani; vi transitarono, tra gli altri, Merz, Clemente, Penone; vi si stanziarono, per periodi più o meno lunghi, molti artisti stranieri, tra cui Gilbert&George, Richard Long, Francesca Woodman, Joseph Kosuth, Cy Twombly, Sol LeWitt. Gli artisti citati, insieme a moltissimi altri, sono ora in mostra al Palazzo delle Esposizioni.

Vincenzo Agnetti, Ritratto di Dio, 1970 © Archivio Vincenzo Agnetti, Milano
Vincenzo Agnetti, Ritratto di Dio, 1970 © Archivio Vincenzo Agnetti, Milano

È giusto, peraltro, ricordare che il dinamismo dell’ambiente romano dipese anche, e in gran parte, dall’attività di gallerie e associazioni culturali, il cui ruolo fu decisivo nell’accogliere e incentivare l’arte contemporanea italiana e internazionale: L’Attico di Sargentini, La Tartaruga di Plinio De Martiis, La Salita di Gian Tomaso Liverani, gli Incontri Internazionali d’Arte di Graziella Lonardi Buontempo scoprirono e promossero i nuovi talenti e le nuove correnti, nella città che all’epoca era l’osservatorio privilegiato della critica d’arte, con la presenza di Argan (sindaco dal 1976 al 1979), Calvesi, Boatto, Bucarelli, Menna ed altri.

Protagoniste delle nostra mostra sono dunque le opere che negli anni ’70 videro la luce e furono esposte a Roma, testimoni delle varie ricerche e delle differenti correnti artistiche di quel periodo: dall’Arte Povera al Concettuale, alla Land Art; dal Situazionismo al Minimalismo; dalla Pittura Analitica all’Informale, fino all’arte come militanza politica o impegno sociale. Ad aprire l’esposizione, nella Rotonda del Palazzo, una significativa opera di Gino de Dominicis dal titolo Il tempo, lo sbaglio, lo spazio, lo scheletro in pattini a rotelle con tanto di cane scarnificato al guinzaglio. Tutto intorno fotografie d’autore che documentano le quattro mostre più importanti del decennio: Vitalità del negativo nell’arte italiana (tenutasi proprio al Palazzo delle Esposizioni tra il 1970 e il 1971), Fine dell’alchimia (L’Attico, 1970), Contemporanea (Parcheggio di Villa Borghese, 1973-1974), Ghenos Eros Thanatos (La Salita, 1975).

Sergio Lombardo, Progetto di morte per avvelenamento,1970. Archivio Jartrakor, Roma
Sergio Lombardo, Progetto di morte per avvelenamento,1970. Archivio Jartrakor, Roma

Proseguendo nelle varie sale, data la pluralità delle voci, non si riscontra una rigorosa linearità nel percorso espositivo, tanto che preoccupazione costante della curatrice Daniela Lancioni sembra quella di spiegare e giustificare le ragioni dell’allestimento pensato per nuclei di argomenti, di attitudini (ad esempio: la carne e l’immaginario, il doppio, il linguaggio, il fenomeno, la politica), specificando che i raggruppamenti sono meri suggerimenti di lettura, ma “che ogni opera è portatrice di un’insondabile complessità e che gli argomenti di volta in volta selezionati per la trama del racconto possono trasmigrare da una sala all’altra, da un lavoro all’altro”. Converrà quindi guardare direttamente e singolarmente alle oltre 200 opere, accompagnate tra l’altro da note e documenti, e provenienti da collezioni pubbliche, private o spesso anche di proprietà degli artisti stessi. Per iniziare, una selezione dei lavori esposti è disponibile nella nostra fotogallery.

Immagine principale: Alighiero Boetti, Mappa, 1972 – 1973, ricamo a mano su lino, cm 161 x 217, MAXXI. Museo nazionale delle arti del XXI secolo, inv. 13414, 2003. Foto su gentile concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

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