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“Andiamo a mantecare”, “andiamo a presentare”, e altri “andiamo” che non vanno

La moda lingusitica dell'”andare a + infinito” per descrivere un’azione imminente. Non se ne parla molto ma è rampante. Si affermerà? O è solo una modazza passeggera?
A cura di Giorgio Moretti
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"E adesso, amiche e amici che ci seguite da casa, andiamo a scoprire un nuovo straordinario prodotto per la cura del corpo..." "Una volta mantecato il risotto, andiamo a impiattare ricordandoci che si inizia a mangiare con gli occhi…" E invece non vanno. Restano lì.

C'è una moda linguistica che sta prendendo piede negli ultimi anni e di cui si parla poco: conferire al verbo ‘andare' (nell'espressione "andare a + infinito" e simili), un valore temporale, incardinandolo in una ‘perifrasi imminenziale', che situa l'evento in un futuro molto vicino, imminente. Se parlando in un video il cuoco dice che "vado a impiattare", non intende che, scusatelo, si assenta un minuto, va nell'altra stanza e impiatta, ma che occhi aperti, sta per impiattare. Se la presentatrice ci dice "andiamo a scoprire il prodotto" non intende che, seguitemi, ora ci facciamo strada nella giungla a colpi di machete, ma che adesso ci presenterà un nuovo, prodigioso prodotto. Solo, invece di dire "adesso impiattiamo", o "ora vi presentiamo questo nuovo prodotto", impiegano questa particolare costruzione con ‘andare'.

È una costruzione che ne ricalca altre proprie di lingue a noi vicine: francese, spagnolo, inglese, in cui verbi fraseologici grammaticali (come gli omologhi di ‘andare') sono usati per esprimere un futuro immediato. Ad esempio in francese "aller + infinito", in spagnolo "ir a + infinito"; e anche in inglese "to be going to + infinito". L'Accademia della Crusca in questo articolo ha sviscerato la questione in maniera intelligente e puntualissima, molto interessante per chi sia appassionato di questioni grammaticali. Ma resta qualcosa d'altro da dire.

Sì, si tratta di una moda. E la prima forza di questo genere di espressione oggi è proprio l'essere di moda: il presentatore che la usi, la cuoca che la ripeta, dà all'ascoltatore (magari poco dotto o avvertito) subito l'idea di essere una persona del mestiere, di mondo. E a quanto pare è una costruzione che piace, visto il successo montante che inzia a traboccare anche fuori da programmi di cucina e televendite: non è raro trovare questo "andare a + infinito" imminenziale non pronunciato, ma scritto, anche in articoli di grandi testate giornalistiche. Le mode linguistiche, all'inizio, hanno sempre il profilo di gerghi ridicoli: alcune passano e vanno, altre si stabilizzano nella normalità. In questo caso non sarebbe strano: espressioni come "andiamo a cominciare", per quanto isolate, sono piuttosto vecchie e sedimentate, e giusto nel confronto con altre lingue, specie romanze, sarebbe un uso non strano. Ma ci sono due ma. Non esagerare, non posa plastica

Innanzitutto ci si deve rendere conto delle sfumature di significato che questo "andare a + infinito" imminenziale comunica. Il riferimento temporale all'imminenza di un'azione dà un tono statuario a chi la pronuncia, lo ferma in una posa plastica. Se "ora impiatto" prendo il mestolo e via, ma se "vado a impiattare" figuriamoci, il mio gesto merita l'immortalità del David che va a lanciare il sasso in fronte a Golia. Però ogni tanto fotografare un gesto nella sua imminenza può essere gradevole. Ogni tanto. E questo è il secondo ma. Forse "andare a + infinito" è una costruzione che via via si potrà usare in ambiti sempre meno circoscritti. Ma di sicuro non si potrà mai usare a raffica in tutte le santissime frasi come invece si fa oggi. Pensate stia esagerando? Quanto tempo è che non guardate una televendita o una videoricetta?

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Nato nel 1989, fiorentino. Giurista e scrittore gioviale. Co-fondatore del sito “Una parola al giorno”, dal 2010 faccio divulgazione linguistica online. Con Edoardo Lombardi Vallauri ho pubblicato il libro “Parole di giornata” (Il Mulino, 2015).
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