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Anche gli antichi romani mangiavano il pandoro: ce lo racconta Plinio il Vecchio

La tipica ricetta veronese nasce alla fine dell’Ottocento grazie a Domenico Melegatti, ma esistono numerose testimonianze che ci raccontano come, fin dall’epoca romana, gli antichi apprezzassero già il dolce gusto del pane dolce imbevuto di latte e miele. Questa variante particolare, antenata del pandoro, si consumava a Roma nel I secolo dopo Cristo: ce lo racconta Plinio il Vecchio.
A cura di Federica D'Alfonso
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Mosaico del II secolo a. C. in cui sono raffigurati gli ingredienti principali del "pane dorato" romano: pane e burro.
Mosaico del II secolo a. C. in cui sono raffigurati gli ingredienti principali del "pane dorato" romano: pane e burro.

Anche quest’anno sta per arrivare il Natale, e fra le numerose tradizioni che riempiono queste giornate di festa moltissime sono legate alla cucina e al cibo: fra queste, diffusissima è quella del pandoro. Un dolce ormai presente in tutta Italia, immancabile sulla tavola di ognuno di noi. La sua origine è davvero particolare, e affonda le radici nella storia di Verona, ma andando a scavare nelle pagine più antiche della storia scopriamo che, in realtà, già gli antichi romani conoscevano una ricetta molto simile a quella del “pan de oro” veronese: lo scopriamo grazie anche a Plinio il Vecchio che per primo, forse, assaggiò il celebre dolce.

I dolci nell'antica Roma: ingredienti e stravaganze

Gli antichi ovviamente non utilizzavano molti degli ingredienti principali del celebre dolce veronese: basta pensare allo zucchero che, pur essendo alimento noto ma rarissimo, veniva impiegato in medicina anziché in cucina. Era il miele l’ingrediente principale di molte ricette “tipiche”, insieme a pane e olio d’oliva che, oltre ad essere considerato un lusso accessibile a pochi, costituiva un fortissimo elemento di appartenenza: proprio perché prezioso e raffinato, l’olio era ad uso e consumo esclusivo dei più facoltosi e, in generale, differenziava la popolazione cittadina da quella più rozza e dedita all'uso di grassi animali delle campagne.

Nonostante, quindi, alcune ovvie limitazioni sia nelle materie prime che nelle tecniche di preparazione, si può affermare che gli antichi romani conoscessero una versione per così dire “primitiva” e decisamente meno raffinata del pandoro veronese: la prima conferma viene da Plinio il Vecchio il quale, nei numerosissimi scritti che documentano la vita nel I secolo dopo Cristo, parla molto spesso delle abitudini e delle stravaganze culinarie dei romani.

Virgilius Senex e Apicio: i primi a cucinare il “pane” dorato

È grazie allo storiografo che conosciamo il nome di un cuoco dell’epoca che molto probabilmente andò vicinissimo alla creazione di un dolce molto simile al pandoro: Virgilius Stephanus Senex. Plinio descrive questa ricetta in modo dettagliato, come di un “panis” dorato realizzato con farina, burro ed olio, e spiega come la preparazione di questo dolce doveva essere abbastanza diffusa in tutto l’impero, tanto da comparire in numerosi breviari di cucina e opere minori oggi perdute.

Ma parlando di cucina e di dolci non poteva mancare lui, il primo chef stellato della storia: anche Marco Gavio Apicio era solito preparare una gustosissima variante del pane di Virgilius, benché preferisse di gran lunga dedicarsi alle sue pesantissime salse e ai suoi pavoni ripieni. Nel “De Re Coquinaria”, il primo ricettario della storia ispirato proprio all'estro di Apicio, compare un’altra ricetta molto simile al pane dolce che nel XIII secolo conquisterà il palato dei veneziani e dei veronesi. Le istruzioni sono semplici: rompere pane bianco e grattare via la crosta, bagnarli nel latte e, poiché la leggerezza non era una delle prerogative della cucina romana, friggerli nell'olio e poi ricoprirli di miele.

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