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“Alto Adige” o “Provincia di Bolzano”, la differenza per seppellire il fascismo

Il nome “Alto Adige” non è stato abolito, non potrebbe esserlo; però un intervento incidentale e provocatorio del Consiglio provinciale di Bolzano lo ha escluso dal testo di un disegno di legge in discussione, e questa scintilla ha riportato sulla scena nazionale il conflitto fra i nomi “Alto Adige”, “Südtirol” e “Provincia Autonoma di Bolzano”.
A cura di Giorgio Moretti
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Ph. Giuseppe Milo
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In tanti, anche professionisti dell'informazione, hanno riportato la notizia strepitosa ed errata di un tentativo di abolizione dei termini "Alto Adige" e "altoatesino" da parte del Consiglio della Provincia Autonoma di Bolzano. Il caso è molto più piccolo e incidentale di così, anche se certo, vista l'eco, provocatorio: nella versione italiana di un disegno di legge in discussione presso il Consiglio, la corretta dicitura "Provincia Autonoma di Bolzano – Alto Adige" è stata ridotta a "Provincia Autonoma di Bolzano". Si potrebbe pensare a una svista, ma si colloca in una diatriba lunghissima sulla legittimità del nome stesso "Alto Adige", che nel posto ha molti detrattori memori della sua imposizione da parte del regime fascista di Mussolini.

Il nome "Alto Adige", ad essere precisi, non è un'invenzione fascista: quello dell'Alto Adige fu un dipartimento del Regno d'Italia napoleonico, fra il 1810 e il 1814, il cui nome fu poi in effetti ripreso e imposto dai fascisti, decisi a non lasciare spazio al bilinguismo italo-tedesco di quelle zone. E gli anni che vanno dalla fine della Prima Guerra Mondiale fino alla Seconda sono anni in cui il rapporto fra le due comunità linguistiche e fra realtà nazionale e locale si è coperto di cicatrici. Non è difficile comprendere che ci sia molto di storto, nella dicitura "Alto Adige", nella memoria familiare di tanta gente. Ma è anche vero che si parla di tanto tempo fa. In questo lasso di tempo, lungo come un'intera vita umana e più, il nome "Alto Adige" si è normalizzato, e per tanti non racconta più molto del passato; piuttosto raccoglie il presente della comunità linguistica italiana, che è viva, e tendenzialmente poco bellicosa. Inoltre rappresenta un riferimento geografico stupendo.

La dicitura "Provincia Autonoma di Bolzano" ha il vantaggio naturale delle definizioni amministrative: la precisione. È un ente territoriale: sul territorio che comprende non ci si può sbagliare di un metro. Però ha anche lo svantaggio naturale delle definizioni amministrative: è burocratica, dice molto agli apparati di gestione della cosa pubblica ma non altrettanto ai cittadini, che hanno storie, sentimenti e identità meno legati a circoscrizioni di questo genere. Al contrario l'esperienza dei cittadini è maggiormente legata a diciture tradizionali, che definiscono zone per mezzo di riferimenti fisici, geografici, conservando nomi di regioni storiche. Se in un luogo coesistono più lingue, è naturale che questi riferimenti e questi nomi si alternino in base alla lingua. Chi dice che l'uso del diritto per imporre la lingua e il costume (come fecero lo Stato fascista e gli altri Stati totalitari) è un uso abusivo, sempre ridicolo e spesso pericoloso, ha ragione. E il fuoco del passato non si combatte col fuoco del presente.

Nomi come Südtirol e Alto Adige non si scelgono: si riconoscono. E non nella rivalsa occasionale, ma (anche) nella difesa di questa semplice, rispettosa realtà, sta la pietra tombale del fascismo e del male passato.

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Nato nel 1989, fiorentino. Giurista e scrittore gioviale. Co-fondatore del sito “Una parola al giorno”, dal 2010 faccio divulgazione linguistica online. Con Edoardo Lombardi Vallauri ho pubblicato il libro “Parole di giornata” (Il Mulino, 2015).
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