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Allevi racconta il mieloma e la caduta dei capelli: “Avevo perso tutto ma ho imparato a vivere l’attimo”

A due anni dalla diagnosi di un mieloma incurabile, Giovanni Allevi racconta il suo dolore e nel libro “I nove doni” parla della malattia, di come l’ha affrontata e della cura di Fentanyl.
A cura di Elena Betti
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Quando ha ricevuto la diagnosi stava camminando per strada a Roma. “Mieloma, – gli ha comunicato la dottoressa per telefono – una parola dal suono dolce, ma al tempo stesso insidiosa. La prima sensazione che ho avuto è stato lo straniamento, come se stessi vivendo dentro un sogno, come se fossi uscito da me stesso, come se lo dicessero a un altro. Avevo perso il senso della realtà”. Il pianista Giovanni Allevi racconta a Renato Franco del Corriere della Sera le sue sofferenze dopo la diagnosi da mieloma due anni fa. "Eccomi: calvo, imbottito di psicofarmaci per non cadere nel baratro del panico, ricolmo di oppioidi, dimagrito fino a pesare 63 chili. Immunodepresso, indebolito, con una flebo perennemente attaccata per l’idratazione. Avevo perso tutto", anche i suoi capelli ricci che lo contraddistinguono. “Un giorno ho sentito un forte bruciore alla testa, e poiché i capelli erano lunghi, ricci e intrecciati tra di loro, li ho persi tutti insieme nel giro di poche ore”.

Il tremore alle mani e il timore di non potersi più esibire

Angoscia, ansia, incubi, panico”, sono le prime sensazioni che il musicista dice di aver provato. Prima il dolore alla schiena talmente forte da impedirgli di alzarsi dallo sgabello davanti al suo amato pianoforte. “Lì ho capito che c’era qualcosa di serio e grave. Ho provato a contrastare il dolore con una terapia a base di Fentanyl”, un oppiaceo molto più potente della morfina ma che crea anche dei gravi effetti collaterali come “la sensazione di avere la febbre a 39 fissa, mattina e sera, per mesi. Sfiancante". Una condizione sfiancante non solo per gli effetti collaterali del Fentanyl, ma anche perché ogni giorno la situazione di faceva più grave, fino ad arrivare al rischio, non ancora scongiurato, di finire su una sedia a rotelle a causa dello schiacciamento di una vertebra che poteva tranciare il midollo spinale. Poi il tremore alle mani, vera grande preoccupazione del pianista che confessa: "Avevo la netta sensazione che non avrei più suonato, o che sarebbe ri-successo dopo tanti anni". Il tremore però non lo ha fermato dall’esibirsi, una condizione potenzialmente distruttiva per un pianista, che Allevi è riuscito in qualche modo a trasformare nella sua forza. "A Locarno stavo per alzarmi e annunciare il mio definitivo ritiro dalle scene. Ma il pubblico mi ha dato forza: non gli interessava più la perfezione".

Il nuovo libro che racconta il dolore del pianista

Ora le sue sofferenze, oltre che in musica, si sono trasformate in parole che compongono il suo libro I nove doni – Sulla via della felicità, edito da Solferino. Nove doni che la malattia gli ha fatto scoprire e che lo hanno cambiato, dalla natura alla cultura, prendendo consapevolezza della necessità ignorare i giudizi altrui per stare meglio con sé stessi. "La cultura – spiega – universalizza la fragilità umana e così mi sono sentito compreso. Ho riletto l’Iliade di Omero, era come se stesse parlando di me: in un momento di grandissima solitudine non mi sono sentito solo". E in questa condizione di condivisione delle fragilità, anche la condivisione stessa del dolore ha aiutato il pianista ad accoglierlo. “Mi faceva bene tenere il mio gattino in grembo e respirare. Una pratica che portava a un rilassamento dei muscoli, a un’ossigenazione del corpo, a una diminuzione della percezione del dolore. Così mi liberavo dei pensieri negativi, per arrivare a una sorgente vitale che è dentro ognuno di noi e che ci supera. Un’energia che tutto abbraccia e ci trascende: nella Natura mi immergo e ritrovo il contatto con un’energia ancestrale”. Nel suo universo musicale ora è entrato Tomorrow, un brano in grado di esprimere il nuovo significato che il domani ha assunto dopo aver scoperto che dal mieloma non si può guarire.

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