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Alla ricerca del Leonardo perduto

Una sonda conferma l’esistenza di un’intercapedine, che già era stata individuata grazie ad un radar, e addirittura di tracce di colore. Forse la prova che Giorgio Vasari, nel riprogettare il Salone dei Cinquecento, avrebbe fatto in modo di preservare la Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci?
A cura di Nadia Vitali
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Una sonda conferma l'esistenza di un'intercapedine, che già era stata individuata grazie ad un radar, e addirittura di tracce di colore, la prova che Giorgio Vasari, nel riprogettare il Salone dei Cinquecento, avrebbe fatto in modo di preservare la Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci.

Preceduta da giorni di polemica tra diversi esponenti del restauro fiorentino, sta proseguendo la ricerca della Battaglia di Anghiari, il dipinto di Leonardo da Vinci che, lasciato mutilo ed incompiuto, venne successivamente ricoperto in occasione del rifacimento delle decorazioni operato da Giorgio Vasari una sessantina d'anni dopo nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, a Firenze. Enigma secolare, se il Vasari avesse distrutto quello che restava dell'opera leonardiana (deteriorata a causa della tecnica che si rivelò troppo tardi inadeguata) o se avesse trovato il modo di preservare il lavoro del grande maestro.

Quando si parla di Leonardo, ormai, il mistero sembra quasi d'obbligo, principalmente a causa della fervida fantasia di scrittori che hanno attribuito al grande uomo del Rinascimento storie affascinanti e segreti inenarrabili: comprensibile, in quest'ottica, un certo fervore ed una certa emozione che hanno spinto un team, guidato dall'ingegner Maurizio Seracini, a lanciarsi nella ricerca di un'opera di cui si posseggono solo alcuni studi e di cui si ignora la sorte. Solo che, per compiere l'impresa (non troppo velatamente pubblicitaria) è stata infilata una sonda, in due dei sei punti individuati, su un dipinto altrettanto celebre e ben conservato.

In pratica, la Battaglia di Marciano di Giorgio Vasari dovrà essere sacrificata a Leonardo da Vinci che, notoriamente, attira più di tutti obiettivi fotografici dal mondo, fermo restando che, a prescindere dall'ottimismo che sta muovendo la ricerca, è difficile valutare cosa si troverà ancora del dipinto e, soprattutto in che condizioni sarà, eventualmente: se già più di cinque secoli fa, infatti, la rovina era già iniziata non è facile immaginare cosa ci si troverà davanti. Certo, è importante sottolineare che i fori misureranno pochi millimetri: ma si sta parlando, tuttavia, di un intervento invasivo su un'opera d'arte.

Seracini aveva addirittura chiesto che i buchi potessero essere quattordici ma la sopraintendenza ne ha concessi la metà nell'autorizzazione arrivata lunedì sera al gruppo che si occupa di coordinare le ricerche: la Editech-Centro diagnostico per i beni Artistici e Architettonici, di cui è Direttore Serafini, il National Geographic ed il Comune di Firenze. Comprensibilmente, questa «caccia al tesoro» dal risultato dubbio non ha mancato di suscitare polemiche: Cecilia Frosinini, uno dei principali esperti di restauro dell'Opificio delle Pietre dure, ha infatti rinunciato all'incarico, dopo essersi rifiutata «per motivi etici» di avallare la decisione di forare un preziosissimo dipinto in buone condizioni.

Le prove non sufficienti portate dall'ingegner Seracini e ipotesi al vaglio, quale quella di rimuovere provvisoriamente l'opera dalla parete (tecnica utilizzata solo nei casi in cui l'originale sia a rischio e non certamente per opere in buono stato) hanno destato la questione etica: ma Cecilia Frosinini è stata immediatamente sostituita e i lavori sono già iniziati. Alla ricerca di un dipinto che, ragionevolmente, se nel 1560 è stato coperto da Vasari, il quale ammirava profondamente Leonardo, era già fortemente deteriorato: ma si sa, come è già accaduto con i resti di Monna Lisa cercati nel convento di Sant'Orsola, quando si parla di Leonardo da Vinci i confini tra trovate pubblicitarie, storia, arte ed introiti finanziari diventano pericolosamente poco chiari.

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