Al Teatro Petruzzelli di Bari va in scena il genio nero della danza Bill T. Jones
Bill T. Jones è uno dei protagonisti della danza black più noti al mondo, soprattutto per la versatilità delle sue compagnie e la poliedricità dei numerosi lavori in repertorio in tutto il mondo. Proveniente dallo sport e dal teatro, Bill T. Jones si è da subito associato con Arnie Zane in una coppia a dir poco scoppiata per aspetto e carisma: il nero, alto e possente Bill era troppo diverso rispetto al basso, bianco ed agile Arnie, eppure la loro compagnia ha resistito brillantemente fino alla morte di Arnie Zane nel 1988, ridefinendo il passo a due alla luce di determinate questioni sociali, cambiando il volto della danza americana. Da allora la compagnia si è esibita in oltre duecento città in quaranta Paesi ed è considerata tra le più importanti ed innovative della danza moderna. Come per molti altri ensemble di modern, il repertorio è disomogeneo nelle tematiche, nelle immagini visive e nell’approccio stilistico al movimento, come nei titoli a serata intera quali Last Supper at Uncle Tom’s Cabin The Promised Land del 1990, Still Here del 1994, We Set Out Earl Visibility Was Poor del 1996, You Walk? del 2000, Blind Date del 2006, Chapel/Chapter del 2006, Fondly Do We Hope, Fervently Do We Pray del 2009.
Il giro del mondo di Bill T. Jones fa tappa al Teatro Petruzzelli di Bari
Bari capitale della modern dance americana in questi ultimi mesi, con l'Alvin Ailey Company in scena al Teatro Petruzzelli di Bari qualche tempo fa ed una convenzione in città con l'esclusiva didattica e formativa con la school estiva proprio della compagine di Alvin Ailey. In questi giorni, invece, fa capolino quel Bill T. Jones che proprio per Alvin Ailey aveva creato in passato coreografie rimaste nella storia. Creazioni che spesso Bill T. Jones ha ceduto in giro per il mondo, da Lione a Berlino, da Bologna a Boston oltre che in ogni Stato degli USA. Fino a questa presenza barese con ben tre titoli in scena, partendo da Story del 2013, sullo spartito del Quartetto n.14 per archi tratto da La morte e la fanciulla di Franz Schubert. Il secondo titolo in scena è un ritorno al passato con Spent days out yonder, sullo spartito stavolta di Wolfgang Amadeus Mozart ripreso dal Quartetto n.23 in fa maggiore KV 590. Infine uno dei pezzi celebri del primo Bill T. Jones, D-Man in the waters del lontano 1989, poi rimontato nel 1998 sempre sulle musiche dell'Ottetto per archi in mi bemolle maggiore op.20 di Felix Mendelssohn-Bartholdy. Ennesimo spunto classico della musica con tre mostri sacri quali Schubert, Mozart e Mendelssohn opportunamente manipolati per ergere la coreografia modern ben oltre l'asticella commerciale della black e della white dance.