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Ad Anne Teresa De Keersmaeker va il Leone d’oro per la Danza 2015

La Biennale di Venezia 2015 premia l’idea di danza di Anne Teresa De Keersmaeker con il prestigioso Leone d’oro. Ecco un ritratto della coreografa belga.
A cura di Massimiliano Craus
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Il direttore della sezione danza della Biennale, Virgilio Sieni, sintetizza nelle lucida osservazione del punto di congiunzione tra creazione e processi di trasmissione tipici della coreografa belga, una tra i massimi esponenti della danza di questi ultimi decenni.  Ne viene così una danza contemporanea ombelico del mondo, incipit di un ideale manifesto dei cultori della materia. Incipit e cultori della materia unanimemente indirizzati all’esaltazione di una figura sì carismatica ma schiva ed ostile ai patinati circuiti europei e d’oltreoceano.

Anne Teresa De Keersmaeker è una donna dal corpo minuto ma dalle grandi idee, belga di nascita e professione ma instancabile viaggiatrice su idee e palcoscenici immaginari, degna firma della danza cosiddetta contemporanea apprezzata ovunque, a cominciare proprio da quel Teatro Le Monnaie di Bruxelles che non se l’è fatta mai più scappar via per una residenza stabile ed un sodalizio davvero collaudatissimo. In uno di questi ovunque, ai piedi del palcoscenico del Teatro Carlo Gesualdo di Avellino, abbiamo respirato il cosmopolitismo di matrice mitteleuropea della De Keersmaeker attraverso il restaurato masterpiece Re-Zeitung proposto audacemente nel cartellone irpino dalla genialoide Adriana Borriello. Ed abbiamo scoperto la tendenza della coreografa belga a voler nidificare in un lido sicuro dal quale poter salpare spesso e volentieri per l’intero mondo coreutico a disposizione.

Partendo proprio dalla sua Malines, in Belgio, la De Keersmaeker ha optato per soluzioni logistiche e formative di chiarissima matrice belga, con la fortuna di conoscere la danza che conta al Mudra, con tutto quello che ne consegue! La seconda casa artistica è stata a New York prima di realizzare il sogno di Rosas nell’ormai lontanuccio 1983. Lo sfondo di tutto quel bagaglio di idee era essenzialmente postmoderno e minimalista, scegliendo forme e contenuti spesso atipici per le programmazioni dei teatri e delle istituzioni coreutiche di voga in quei tempi. Tuttavia la formazione, le inclinazioni ed i crescenti interessi non potevano che spingerla in quella direzione. In quegli anni Ottanta si deve poi ricordare giocoforza la collaborazione con Hugo de Greef, direttore del Kaaitheather di Bruxelles, fucina indispensabile di significativi interventi in bella mostra. Probabilmente, dopo le prime importanti apparizioni di Mudra e Tisch School a New York, le collaborazioni con Hugo de Greef rappresentano la vera e propria vetrina, oltre che una sufficiente dose di autostima da lanciarla in solitario nel rassicurante e lungimirante piccolo mondo antico del Teatro le Monnaie di Bruxelles. Il Teatro Le Monnaie corrisponde a rigor di logica alla sua residenza artistica sin dal 1992, anno peraltro dei suoi primi riconoscimenti internazionali.

Nel 1992 il primo prestigioso riconoscimento in quel di Avignone. Fu una soddisfazione immensa per la coreografa che cominciava a raccogliere quanto seminato ma, sia ben chiaro, le soddisfazioni le trovava non nel riconoscimento in sé per sé ma nella risposta dei suoi interpreti. Era la loro risposta in scena che attirava l’attenzione della critica e questa era sempre la sua più grande gratificazione. Da Avignone si sono succedute molte contaminazioni cinematografiche con altrettanti premi, a dimostrazione della crescente credibilità riconosciuta in tutto il mondo. Ripete sovente che non aspettava i riconoscimenti, seppur internazionali ed ufficiali, per crescere in autostima! Del resto l’operare anche con la pellicola era di per sé un sufficiente motivo di crescita artistica e culturale, a prescindere dai consensi ricevuti nel tempo. Tuttavia calcare red carpet con tanto di foto di rito ed autografi sarà stata senz’altro una sensazione differente dalle ore di prove al giorno sulle tavole di legno di un teatro. Si ricorda a proposito una felice carrellata di passerelle in Italia, come ad esempio alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, allo Short Film Competion Festival di Cork, al Lione Film Festival con Achterland, un lavoro in cui già nel 1990 ha fatto largo uso di video-tapes.

Sempre fedele alla contaminazione, non esclusivamente nell’ambito delle arti tradizionali ma anche delle nuove e nuovissime tecnologie, sul finire degli anni Novanta la De Keersmaeker si è invece tolta un bel po’ di soddisfazioni con Rosas danst Rosas al Premio Internazionale Video Danse ed al Festival Internazionale di Cinema e New Media di Atene. Questo forse è stato il Premio cosiddetto Speciale più appropriato, nel senso che sono state premiate davvero la sceneggiatura, la coreografia, la partitura e le riprese per un collage perfetto. In quell’occasione fu creato un lavoro ottimale di fusione delle arti. Un lavoro così perfetto da essere plagiato dalla pop star Beyoncè che ha avuto senz’altro buon gusto ma, soprattutto, gli autori della pop star hanno avuto il buon gusto di scegliere cui attingere ma poca professionalità a riportare troppo fedelmente. Nel 2011 è stata portata avanti questa battaglia senza troppa convinzione ma le copie di Rosas danst Rosas ed Achterland sono così sfacciate che non se ne poteva evidentemente proprio fare a meno. La giovane con i capelli neri sciolti che cammina verso una finestra, attraversando il corridoio di una scuola, è la stessa ragazza con t-shirt XXL che si sfila pian piano dalle spalle voluta dalla De Keersmaeker. C’è poco da aggiungere, ai posteri l’ardua sentenza. Fa riflettere che la stessa Beyoncè sia recidiva dopo un altro video-clip scopiazzato dalla show girl italiana Lorella Cuccarini ma, è bene ripeterlo ancora una volta, non è questo il terreno preferito della coreografa neo premiata a Venezia.

Il suo terreno preferito resta il PARTS, acronimo di Performing Arts Research e Training Studios, splendida fusione ideologica tra Rosas  e Teatro La Monnaie. La sessantina di studenti di questo triennio provengono da venticinque paesi del mondo, seguono i cinquanta docenti per un lavoraccio incredibile. Con questi ragazzi, ad esempio si è rimontato lo Zeitung di cui sopra, riproposto a sei laureati del PARTS a cui si è espressamente chiesto di mettere le mani sul titolo del 2008 (idea musicale di Alain Franco su spartiti di Bach, Schonberg e Webern) analizzando il lavoro originale, la struttura compositiva della coreografia e l’improvvisazione della partitura musicale. Tutti tasselli di un mosaico perfetto e giustamente premiato con il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia: onore al merito, dunque!

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