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Acamar, com’è stato scoperto il cranio antico ritrovato nel Po: “Una rarità, apre scenari importanti”

Davide Persico, professore di Paleontologia all’università di Parma racconta come è stato trovato il teschio Acamar e perché questa scoperta è così importante.
A cura di Claudia Procentese
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Un ritrovamento di ossa fortuito, ma che solo occhi esperti hanno potuto distinguere in mezzo alla ghiaia. La scoperta di frammenti di un cranio preistorico sulle sponde del Po è avvenuta nel settembre dell’anno scorso, ma solo oggi se n’è data notizia per meglio garantire il dato scientifico che ha bisogno di ulteriori approfondimenti. A farla è stato Davide Persico, professore di Paleontologia all’università di Parma e direttore scientifico dell’annesso museo di storia naturale, oltre che sindaco del Comune cremonese di San Daniele Po.

Professore com’è avvenuta la scoperta e dove?

In maniera del tutto casuale, come avviene in genere con i fossili del Po, durante un’escursione non finalizzata a ricerche paleontologiche ma per osservazioni naturalistiche. Facendo un giro lungo la spiaggia, sul meandro di Isola Serafini nel Comune di Monticelli d’Ongina sul confine con quello di Spinadesco, mi sono imbattuto in due ossa parietali e un osso occipitale. Ho compreso subito che si trattava di parti di uno scheletro arcaico. Il singolare reperto è stato segnalato e consegnato alla Soprintendenza di Parma e Piacenza e poi, attraverso un accordo, trasferito al museo di Parma che ne coordinerà lo studio multidisciplinare.

Quindi ossa rinvenute tra Emilia Romagna e Lombardia, dove il Po incrocia l’Adda. Sono emerse a causa delle secche straordinarie causate dal cambiamento climatico, lo stesso che genera piogge disastrose?

I fossili del Po emergono tutti gli anni quando il fiume si ritira in condizioni di magra, però nel 2021-2022 si è verificata una secca tale da ridurre drasticamente la portata delle acque. Tale fenomeno ha messo in evidenza spazi maggiori della spiaggia rispetto agli altri anni e di conseguenza ha fatto riemergere di tutto.

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Nello specifico di cosa si tratta?

È la parte del calvario di un Homo Sapiens che manifesta caratteri di arcaicità molto interessanti. Dovrebbe risalire al Paleolitico, ma aspettiamo le analisi, le prime verranno eseguite a Ravenna con il Carbonio 14 per la datazione.

In cosa consiste l’unicità della scoperta?

I resti di Homo Sapiens arcaico nel fiume sono una rarità. È la prima volta che mi capita di vederne uno nella bassa pianura padana, in genere li ritroviamo sulle catene montuose.  È un’eccezionalità che ci racconta di un individuo il quale viveva o comunque transitava nella piana, esattamente come il Neanderthal trovato nel 2009, e che ci apre a stimolanti scenari di ricerca che potranno colmare la carenza di informazioni preistoriche riguardanti questo territorio e di una specie che in pratica è ancora la nostra.

Il Neanderthal venne chiamato Paus, contrazione di Padus, Po. Fin dalla scoperta dell’australopiteco Lucy dare il nome alle ossa antiche appare quasi un tentativo di avvicinarsi umanamente alla storia del proprietario, per far comprendere che parliamo di persone e non di testimonianze inanimate. Anche questi resti hanno un nome?

In una notte di follia (sorride, ndr) gli ho dato il nome di Acamar per la similitudine tra la stella Acamar nella costellazione Eridano e il punto di ritrovamento di questo fossile, cioè alla base di un grande meandro, di una grande ansa formata dal fiume.

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Quale trafila di esami dovrà adesso affrontare Acamar?

È stato approvato un progetto di ricerca che partirà a giorni e prevede lo studio della paleogenetica del fossile, la sua datazione, lo studio morfometrico e morfologico attraverso micro-tac della tecnica digitale computerizzata. Inoltre effettueremo indagini geomorfologiche sul territorio per la ricostruzione della provenienza geologica del fossile.

La lascio con una provocazione, professore: perché ad un uomo dei nostri giorni dovrebbe interessare la vita di un uomo del Paleolitico?

Se solo pensassimo che, magari, lo dico a priori essendo ancora in corso verifiche e indagini, tali ossa potrebbero appartenere ad un membro di quei primi gruppi che dall’Africa sono migrati in Europa transitando per la pianura padana… Sarebbero una traccia fondamentale che può definirci meglio il quadro di chi erano e come vivevano i nostri progenitori, un pezzo di storia che appartiene a tutti.

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