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A lezione di cinema con Nicolas Winding Refn

Il regista di “Drive” e “Only God Forgives”, in sala dal 30 maggio, ha tenuto una lezione speciale a Roma. Tutti i segreti di un cineasta di culto.
A cura di Daniela Scotto
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“Quando stai per realizzare il tuo primo film devi essere arrogante, presuntuoso, devi essere convinto di quanto tu sia unico, anche se non è vero. L’importante è lasciarlo credere agli altri”. Parola di un regista che, alle sue prime armi e senza aver ancora girato un film, è riuscito a farsi finanziare dalla Danish Film School nonostante la sua esclusione dall’Accademia d’Arte Drammatica di New York, come apprendiamo dalla sua biografia, per aver lanciato una scrivania contro il muro di una classe.

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Inizia così la carriera di un cineasta che ha segnato una generazione con il suo stracult Drive: parliamo di Nicolas Winding Refn, a Roma per presentare il suo nuovo, spiazzante Only God Forgives e trattenutosi un giorno in più per concedersi alle curiosità dei fan, accorsi per una lezione di cinema speciale con gli studenti delle Università Federico II, Orientale di Napoli e quelli della Nuct, la scuola romana di cinema e televisione diretta da Francesco Alò, moderatore dell'incontro. Tra anteprime, conferenze, junket, one-to-one e tutte le prassi promozionali in vista dell’uscita d’un film, non capita molto spesso che un regista, soprattutto se nel pieno del suo successo, si trattenga più di quei 120 minuti necessari in media a sbrigare tutte le faccende giornalistiche.

E invece proprio lui, l’apparente gelido danese, spassionatamente devoto ad un cinema violento, crudo, per sua definizione,

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fetish, si è raccontato con generosità agli studenti, tra vicende personali ed aneddoti vari, rispondendo ad ogni domanda e concedendo fino all’ultima fotografia. Un tripudio per i fan ma anche per chi vuole scoprire i segreti di chi racconta per immagini. “Sono dislessico, ho imparato a conoscere il mondo attraverso le immagini” spiega Refn. “All’inizio, con Pusher, avevo intenzione di fotografare la realtà. Poi ho realizzato che lo stile documentaristico non faceva per me, non mi interessa la realtà in sé, ma un’iper-realtà”.

I toni con cui Refn racconta la sua vera sfera d’attenzione, così ben evidente nel suo stile, sono molto più caldi: “Sono un pornografo, giro soltanto quello che mi eccita davvero. Per questo il mio cinema parla di violenza: nella realtà la violenza implica rabbia, dolore, mentre nelle fantasie di tutti la violenza significa liberazione”. Quando una studentessa gli ha giustamente fatto notare che i riferimenti al sesso nei suoi film sono continui, eppure non abbiamo mai visto, tanto per fare un nome, Ryan Gosling in una performance amorosa, la sua risposta è netta: “Girare scene di sesso è di una noia mortale: gli attori sono imbarazzati, si crea tensione sul set e tra l’altro, lo ritengo noioso anche da vedere. Sono molto più eccitato al pensiero di ciò che non si vede”. Il rapporto tra il suo cinema e il sesso continua ad essere esplorato: “Ho un grandissimo rispetto del pubblico, per me girare un film è come fare l’amore con lo spettatore. Non voglio che perdano tempo, voglio che quei novanta minuti siano uno scambio reale e non un modo come un altro per intrattenersi. Soprattutto, credo che i giovani (Refn ha 43 anni) siano il mio pubblico, sono loro che mi interessano”. Come dargli torto: i cattivi film, come i cattivi libri, fanno male, come ogni minuto di tempo sprecato.

Ryan Gosling è il mio alter ego, il migliore che si possa avere.

Inevitabile il confronto con altri registi e, a proposito di violenza, come non pensare a Tarantino a cui è stato spesso associato,  talvolta indebitamente, in un riferimento a lui come al “nuovo” Quentin. Dal pubblico una provocazione: “Vi siete dimostrati reciproca ammirazione, eppure all’uscita di Drive Tarantino disse che si trattava di una buona occasione sprecata”. Lapidario Refn: “Solo gelosia”. Ma riprendendo il focus su Only God Forgives, si parla finalmente del cast. Innanzitutto, il ruolo femminile affidato a Kristin Scott Thomas, una moderna Lady Macbeth: “Ha letto la sceneggiatura, mi ha chiesto se poteva ispirarsi a Donatella Versace. Come facevo a dirle di no?” Incontenibili le curiosità sul suo rapporto con Ryan Gosling, soprannominato ormai “il divo che non c’è”, sfuggente e nascosto ai riflettori come se anche nella vita continuasse ad interpretare un ruolo refn-esco.

In realtà, per la parte di Julian il regista aveva scelto Luke Evans, sul quale è tranchant: “L’attore di cui non ricordo neanche 

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più il nome ha mollato prima delle riprese perché era stato preso ne Lo Hobbit. Che idiota, rifiutare un film per girarne uno tutto in computer grafica. Ringrazio Dio ogni giorno che sia successo: ho scoperto che adesso fa il cattivo in Fast & Furious 6. Non riuscivo a capire chi potesse essere adatto, quando ne ho parlato con Ryan lui mi ha risposto: quando lo facciamo?” Come ci dice anche nella breve intervista che ci ha rilasciato, Gosling è definitivamente il suo alter ego. “Ma abbiamo capito che il nostro prossimo film insieme dovrà essere una commedia”. Una commedia muta? Si obietta a ragione. “Sarà la commedia più parlata della storia del cinema”, scherza.

Può succedere di tutto, con uno come lui che si diverte solo se spiazza, se devia, se tradisce ogni aspettativa. “Non sono uno che pensa troppo in là. L’importante è essere controcorrente. Se tutti vanno a destra, io vado a sinistra, se tutti stanno fermi, io mi muovo. Ogni volta mi concentro su quello che mi stimola di più. Ora sto lavorando ad una serie tv su Barbarella. Di sicuro so che voglio girare un film a Tokyo e poi magari un horror”.  Tra battute, applausi e una marea di autografi, si conclude una lezione in cui davvero si è imparato qualcosa. Ad esempio, che vuol dire essere creativi restando liberi. Parola di un punk assoluto del cinema, uno che di sicuro continuerà a preferire l’impensabile al banale, a costo di sconvolgere pubblico e critica fino all’ultimo ciak.

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