80 anni fa moriva Georges Méliès: il suo cinema dei sogni, fra letteratura e Belle Epoque
Un omnibus attraversa lentamente Place de l’Opéra. La scena è tranquilla, tutto procede secondo i piani ma, improvvisamente, accade qualcosa di inaspettato: al posto della carrozza compare, come dal nulla, un carro funebre. È magia, o un semplice trucco ben studiato? Nel caso di Georges Méliès, entrambi. Abilità tecniche, fantasia e anche una certa dose di casualità fortunata hanno contribuito a renderlo uno dei nomi più importanti, ed influenti, dell’intera storia del cinema.
Ma se si parla di Méliès non è soltanto di cinema che si sta parlando: si parla di letteratura, di arte pittorica messa in movimento, di immagini che riproducono dei veri e propri tableaux vivants impressi sulla pellicola, di storie strabilianti che oggi, molto probabilmente, solo l’innocenza di un bambino potrebbe tornare ad immaginare. Osannato dalla critica e dimenticato troppo presto, Georges Méliés trasformò un mero mezzo di documentazione della realtà, per quanto già di per sé affascinante, in qualcosa di più: con Méliès il cinema diventa arte.
Sogni, fallimenti e Belle Epoque
Un’arte che utilizza il sogno e la fantasia per raccontare le storie più improbabili e magiche che siano mai state scritte: per i tecnici Méliès è il padre degli “effetti speciali”, ma per i sognatori egli fu un sognatore a sua volta che, con molta fatica e poco riconoscimento, regalò al cinema i suoi anni più belli.
Ma tutto questo ha un costo: ogni pellicola per Meliès è un pezzo unico di artigianato e tecnica cinematografica ineguagliabili all’epoca, decisamente migliori di molti suoi concorrenti: tutto questo ha costi esorbitanti, e Meliés non riesce più a sostenerli. Gli anni Venti stanno arrivando, e con loro anche i primi colossal, il triste declino dei film muti e i primi passi degli studios americani nel mercato cinematografico. La fantasia e il sogno non potranno sopravvivere a tutto questo. La Star Film, la casa di produzione di Méliès, dichiara bancarotta nel 1913 e il suo fondatore decide di tornare alle origini: torna ad esibirsi come illusionista presso il teatro Robert-Houdin, prima che questo venga demolito e Méliès costretto a lavorare in un chiosco di giocattoli a Montparnasse per vivere.
In soli vent’anni di attività spesa fra i teatri di posa e il giardino del suo studio cinematografico, Méliès realizzò circa 500 pellicole. Molte di queste sono oggi riconosciute come un patrimonio inestimabile per l’intera umanità, altre sono semplicemente andate perdute per sempre. Si racconta che addirittura alcune siano state letteralmente “contrabbandate” negli Stati Uniti nel periodo di maggior successo del cinema fantastico di Méliès, senza che lui ne sapesse mai niente. Come molti altri mostri sacri della sua epoca, come Buster Keaton o il regista von Stroheim, a Méliès verrà riconosciuto solo in seguito, a distanza di molti anni dalla sua morte, l’enorme contributo alla storia non solo del cinema, ma anche della cultura mondiale.
Da Jules Verne a Cenerentola: la letteratura diventa immagine in movimento
Georges Méliès viveva il suo lavoro cinematografico a trecentosessanta gradi: dall’idea alla sceneggiatura, dalla recitazione alla produzione, tutto nelle sue pellicole ruota attorno alla sua geniale creatività. Ma un altro elemento imprescindibile nel cinema di Méliès è la finzione intesa come un mondo altro da raccontare immagine dopo immagine, come se si sfogliasse un bel libro illustrato. E proprio i libri e le storie più o meno note all’epoca furono fonte di ispirazione per alcuni dei suoi più importanti capolavori.
Il capolavoro che lo consacrò a livello internazionale è ispirato ai romanzi di Jules Verne: “Viaggio nella Luna” del 1902 riunisce con abilità e fantasia tutti gli elementi delle storie di fantascienza dello scrittore francese, dal viaggio oltre la Terra alle navicelle spaziali. Ma anche film come “Visita sottomarina”, “Viaggio al Polo Nord” e “Viaggio attraverso l’impossibile” devono molto all'autore di “Ventimila leghe sotto i mari” e alla capacità di Méliès di rendere in qualche modo possibili le avventure oltre i limiti della possibilità e la costruzione di mondi paralleli e improbabili.
Méliès utilizzò moltissime ispirazioni e suggestioni provenienti dai romanzi gotici, come le scene notturne in castelli infestati o l’incontro con buffi demoni e personaggi mostruosi, e perfino la religione divenne occasione per stupire e divertire il pubblico, come in “La tentazione di Sant’Antonio” del 1898, in cui i sapienti giochi di “apparizione” e “sparizione” dei personaggi creano una narrazione a metà fra il comico e l’erotico, con le ragazze tentatrici che colorano la scena, come del resto accade anche in “Il diavolo in convento” di poco successivo.