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550 anni fa muore Donatello: pathos e dramma oltre il Rinascimento, in 5 capolavori

Il 13 dicembre del 1466 muore Donatello. Padre dell’estetica rinascimentale, Donatello ha racchiuso in alcune sue opere pathos e drammaticità tali da andare oltre l’ideale stesso di Rinascimento.
A cura di Federica D'Alfonso
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Maddalena di Donatello (particolare)
Maddalena di Donatello (particolare)

Disegnatore, scultore e orafo dei più rappresentativi del Rinascimento fiorentino, Donatello era riconosciuto già dai contemporanei come uno dei padri di quella rinascita umana ed artistica avvenuta nel XV secolo e perdurata, per fascino ed influenza, per molti secoli. Tante furono però le voci critiche, di chi non riconosceva in opere crude e piene di dolore l'ideale estetico classico: in effetti, Donatello “classico” non lo è mai stato. Con opere come il David, o Giuditta e Oloferne, ha espresso in pieno lo spirito di un'epoca che mentre cercava di caratterizzarsi già superava se stessa. A 550 anni dalla sua morte, ecco cinque opere che testimoniano lo straordinario genio di questo artista.

L'Assunzione della Vergine, a Napoli

Assunzione della vergine, Donatello
Assunzione della vergine, Donatello

Uno degli esempi dello stile “stiacciato”, inventato proprio da Donatello, è la bellissima “Assunzione della Vergine”, custodita nella chiesa di Sant'Angelo a Nilo di Napoli. Lo scultore fiorentino è noto per aver sviluppato uno stile scultoreo del tutto nuovo, basato su minime variazioni degli spessori che gradualmente diminuiscono dal primo piano verso lo sfondo. Più che una vera e propria scultura, un'immagine a rilievo: famosa è appunto quella posta sul sarcofago del cardinale Brancaccio, sia per le circostanze di realizzazione (Donatello affittò appositamente una bottega a Pisa e da qui trasferì via mare l'opera completa, nel 1428) che per il soggetto, inusuale per un monumento funebre.

Il David: il trionfo dell'Umanesimo

David, Donatello
David, Donatello

Una delle opere più conosciute, studiate e tuttavia ancora controverse è il celeberrimo David. Ancora incerta è la circostanza di realizzazione: forse commissionata da Cosimo de' Medici, se ne ha notizia solo nel 1469, come elemento decorativo nel cortile di casa Medici durante le nozze di Lorenzo il Magnifico. Ma ancora più misteriose sono le suggestioni che la figura del David bronzeo suggerisce: molti studiosi vi rintracciano ispirazioni epicuree, che interpretavano la figura del mitico combattente come simbolo dell'umanesimo che vince sui pagani (simboleggiato da Golia).

David (particolare)
David (particolare)

Ma più di ogni altra cosa, quest'opera di Donatello, a metà fra cristianesimo e mito, è la prima in assoluto a raffigurare un corpo nudo a tutto tondo: precursore dei tempi, l'artista fiorentino arricchisce la composizione di così tanti particolari che, ruotandovi intorno, è possibile scoprire mille piccoli dettagli altrimenti invisibili da uno sguardo d'insieme.

L'Altare di Sant'Antonio: scene miracolose

Miracolo del figlio pentito, Donatello, Padova
Miracolo del figlio pentito, Donatello, Padova

Negli anni fra il 1446 e il 1453 Donatello, al massimo dell'espressività, s'impegna in un'importante progetto: quello dell'Altare si Sant'Antonio nella basilica di Padova. Una ricchissima rappresentazione, composta da sette statue a tutto tondo, cinque rilievi maggiori e diciassette minori, tutti in bronzo. Anche se la struttura originaria è andata perduta, è ciò che si vede oggi è opera di una ricostruzione di Camillo Boito, i Miracoli di Sant'Antonio restano uno degli esempi più fulgidi della capacità artistica di Donatello. In particolare, ricco di pathos, è il Miracolo del figlio pentito: l'evento miracoloso è calato nella quotidianità di una scena affollatissima, e per questo il carattere di eccezionalità spicca ancora di più. Dinamicità e sentimento, queste sono le parole chiave di quest'opera: il primo balenare di una crisi che di lì a pochi anni lo faranno allontanare dagli ideali dell'Umanesimo rinascimentale.

Giuditta e Oloferne: pathos e giustizia divina

Giuditta e Oloferne, Donatello
Giuditta e Oloferne, Donatello

Il racconto biblico di Giuditta e Oloferne ha una lunga storia che inizia nel Medioevo e che va anche oltre Donatello: simbolo della vittoria della virtù sul vizio pagano, in Donatello l'episodio assume connotati particolarmente cruenti e intensi, inusuali per l'epoca. Giuditta vibra due colpi per staccare la testa del nemico, e Donatello immortala il momento esatto fra i due colpi, quando Oloferne è già ferito e sofferente. Il trionfo della donna è evidente, la sua posizione è di supremazia assoluta rispetto all'uomo, ma allo stesso tempo si legge sul suo volto la sofferenza derivata dall'omicidio, peccato mortale.

La Maddalena penitente: decadenza e ascesi

Maddalena penitente, Donatello
Maddalena penitente, Donatello

Un'opera che destò profondo turbamento all'epoca, la “Maddalena penitente” è una delle sculture più controverse e sofferte dell'intera produzione di Donatello. Anziano, malato e prossimo alla fine, lo scultore sembra trarre ispirazione dal proprio momento biografico, trasmettendo alla scultura tutta la sofferenza e la disperazione della vita. Sembra quasi di vedere un corpo proveniente dall'aldilà, disseccato, ascetico: l'ispirazione è tratta senza dubbio dalla Leggenda Aurea, che racconta di una Maddalena ormai vecchi e stanca, che vaga per le foreste nel sud della Francia, e l'ideale di redenzione nascosto dietro alla sua sofferenza è evidente. Con quest'opera Donatello sembra superare definitivamente il classicismo di cui era stato principale rappresentante, negando del tutto la bellezza fisica e innalzando a ideale il dramma e il pathos naturalistico della vita che finisce.

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