30 anni fa moriva Simone de Beauvoir, la filosofa che non si sentiva femminista
Simone de Beauvoir è stata una delle voci più importanti del Novecento esistenzialista, insieme all'inseparabile compagno Jean Paul Sartre. Discussa, chiacchierata e criticata per la sua relazione fuori dagli schemi con il filosofo francese, è famosa per il saggio “Il secondo sesso”, che ha dato una forte spinta per il movimento femminista. Anche se lei, femminista, non lo è mai stata. Oltre che filosofa, è stata grande scrittrice di romanzi e di teatro: “Passo la mia esistenza fra i libri o a tavolino, tutto cervello. Nulla impedisce di conciliare i due ritratti, ma l'essenziale per tutti è presentarmi come un'anormale”.
Laureata alla Sorbona con una tesi su Leibniz, ottiene nel 1929 "l'agrégation", l'idoneità all'insegnamento riservata ai migliori studenti. Nel corso degli studi universitari conosce alcune delle personalità più influenti del pensiero filosofico del Novecento: Lévi-Strauss, Raymond Aron, Merleau-Ponty, Paul Nizan e lui, Jean Paul Sartre. Insieme anche a Jean Paulhan e altri intellettuali nel 1945 fonda "Les Temps Modernes", una rivista vicina al Partito Comunista Francese e fortemente intrisa dei temi dell'Esistenzialismo.
Simone e Jean Paul
Tra lei e Sartre nasce subito un forte legame intellettuale e sentimentale: senza matrimonio né convivenza, lui diventerà il compagno della sua vita. Il rapporto fra i due venne fin da subito criticato, ma resta nell'immaginario collettivo come il più saldo sodalizio intellettuale del Novecento: i due compaiono insieme anche nel famoso quadro di Renato Guttuso "I funerali di Togliatti", del 1972.
Io ero intelligente, ma lui era un genio, Sartre rispondeva esattamente ai desideri dei miei quindici anni: era il doppio in cui ritrovavo, portate all’incandescenza, tutte le mie manie. Con lui avrei potuto dividere tutto.
I due decidono di andare a vivere insieme, dividendo un contratto d’affitto reciproco, rinnovabile ogni due anni. Un contratto che “aveva una clausola bene definita”, ricorda Laura Laurenzi nel suo “Amori e Furori”. “La clausola dell’infedeltà percepita come un dovere reciproco, una sorta di assicurazione contro le menzogne, i sotterfugi, le ipocrisie del matrimonio borghese”. Una distinzione netta esiste, secondo i due, fra l’amore necessario , inevitabile, e gli amori contingenti e senza importanza. Simone gli darà sempre del lei, e rimarrà al suo fianco fino alla morte di Sartre, il 15 aprile 1980.
Di me sono state create due immagini. Per alcuni sono una pazza, un'eccentrica, ho abitudini dissolute: una comunista raccontava, nel '45, che a Rouen da giovane mi aveva vista ballare nuda su delle botti. Ho praticato con assiduità tutti i vizi, la mia vita è un continuo carnevale. Altri pensano che con i tacchi bassi e i capelli tirati somiglio ad una patronessa, ad un'istitutrice (nel senso peggiorativo che la destra dà a questa parola), ad un caposquadra dei boyscout. Passo la mia esistenza fra i libri o a tavolino, tutto cervello. Nulla impedisce di conciliare i due ritratti, ma l'essenziale per tutti è presentarmi come un'anormale. Il fatto è che sono una scrittrice: una donna scrittrice non è una donna di casa che scrive, ma qualcuno la cui intera esistenza è condizionata dallo scrivere. È una vita che ne vale un'altra: che ha i suoi motivi, il suo ordine, i suoi fini che si possono giudicare stravaganti solo se di essa non si capisce niente.
Si descriveva così Simone de Beauvoir, raccontando l'idea distorta che l'opinione pubblica ha sempre avuto di lei. Una donna eccentrica, ma straordinariamente acuta e sensibile. Con "Il secondo sesso" del 1949, Simone diviene famosa in tutto il mondo per le particolari posizioni assunte come intellettuale e come donna, nei confronti della condizione femminile; inserita in quel vasto movimento detto "femminismo", lei stessa non apprezzava questa definizione.
La fama arriva nel 1949, con la pubblicazione, per l'editore Gallimard, de “Il secondo sesso”, saggio che arriverà in Italia soltanto nel 1961. Simone de Beauvoir ripercorre in modo fine ed erudito la storia generale della condizione della donna, analizzandola sia dal punto di vista sociale che morale. Le sue idee vennero considerate molto provocatorie e generarono ancora più confusione sulla sua figura di donna ambigua e fuori dagli schemi: rivolgendosi direttamente alle donne infatti, Simone fornisce una chiara e per certi versi poco clemente risposta al perché la donna storicamente risulti subordinata all’uomo su tutti i piani della convivenza sociale.
La donna come sposa, madre, prostituta, lesbica, narcisista, innamorata, mistica: la donna donna per Simone è sempre sia vittima sia complice della propria condizione di sottomissione. Ogni individuo è libero, e qui la lezione di Sarte è innegabile: nessuno può togliergli la libertà, e se la donna è vittima è anche perché ha in qualche modo accettato questa condizione. Una condizione dalla quale si può uscire, secondo Simone, in quanto determinata storicamente e non biologicamente: lottando collettivamente. Ma una lotta che lei non amava definire in alcun modo “femminista”.
Non ho mai nutrito l'illusione di trasformare la condizione femminile, essa dipende dall'avvenire del lavoro nel mondo e non cambierà seriamente che a prezzo di uno sconvolgimento della produzione. Per questo ho evitato di chiudermi nel cosiddetto "femminismo".