28 giugno 1914: l’attentato che scatenò la Prima guerra mondiale accadde per un panino
Alle 11:02 minuti della domenica mattina del 28 giugno del 1914, l’Arciduca Francesco Ferdinando moriva dopo trentadue minuti di agonia, a causa di un colpo di pistola inferto alla giugulare, esploso, a pochissima distanza, dal giovane Gavrilo Princip. Soltanto quarantatre minuti prima il giovanissimo attentatore serbo-bosniaco era seduto dietro il bancone di un bar davanti ad un panino, indeciso se uccidersi o scappare. Molti ritengono che l’attentato subito dall’erede designato al trono asburgico e la sua consorte, fu assunto come il casus belli che diede formalmente inizio alla prima guerra mondiale. Appena un mese dopo l'uccisione della coppia, il 28 luglio, l'Austria-Ungheria dichiarò guerra alla Serbia, dando il via ad un conflitto senza precedenti nella storia, che avrebbe visto la morte di oltre 15 milioni di persone fra soldati e civili, che prese il nome di "Grande guerra". Quello che non tutti sanno però è che probabilmente ciò accadde a causa di un panino.
Quella mattina il nipote dell'imperatore Francesco Giuseppe e sua moglie, si trovavano in Bosnia, da poco annessa alla monarchia austro-ungarica, per una visita alle manovre delle truppe imperiali e fu scelto proprio il 28 giugno per dare vita alle celebrazioni dell’anniversario del loro matrimonio.Quella data però corrispondeva anche alla festa di San Vito, giorno sacro per i serbi, che commemora la battaglia della Piana dei Merli del 1389 contro gli ottomani, durante la quale pare che il sultano fosse stato assassinato per mano di un serbo, facendo perdere così alla Serbia la propria indipendenza.Il tutto nella città di Sarajevo, capitale dell'irredentismo bosniaco che non sopportava l'annessione alla corona degli Asburgo e per la quale questa visita, più che una consuetudine militare, appariva come un'arrogante dimostrazione di potere. Il giorno della visita di Francesco Ferdinando era stato programmato con largo anticipo e reso noto da tutti i giornali che avevano divulgato dettagliatamente, già settimane prima, orari e percorsi del corteo imperiale:dopo essersi recati di prima mattina in una cappella appositamente attrezzata nel loro albergo, l'arciduca e consorte arrivano alla stazione dove li attendeva un corteo di automobili con cui sarebbero sfilati attraverso le vie della città. La coda di auto entrò a Sarajevo come da programma tra le 09:30 e le 10:00, diretta al municipio. Il sindaco e il capo della polizia aprivano la fila a bordo della prima automobile, l'arciduca e la duchessa seguivano nella seconda automobile.La strada percorsa dal corteo per entrare in città era il lungofiume Appel.
Quella mattina Gavrilo Princip insieme con “l’espertissimo” gruppo di fuoco di 7 attentatori, tutti ragazzi tra i 19 e 21 anni, disponeva di 4 rivoltelle e 6 bombe a mano e si distribuì lungo il percorso. Il primo attentato giunse dal lato del fiume, dove uno dei 7 pensò bene, per essere sicuro di non sbagliare, di chiedere ad un poliziotto quale fosse l'automobile con a bordo l'arciduca, così tolse la sicura da una piccola bomba a mano e la lanciò contro l'automezzo, peraltro grazie alla gentile informazione appena fornitagli dal gendarme. L'autista però aveva visto il lancio, così accelerò e la bomba esplose davanti alla macchina successiva, causando 8 feriti, ma nessun morto. L'attentatore in fuga si lanciò nel letto del fiume dove, indomito, ingoiò la capsula di cianuro, che, purtroppo per lui, si rivelò troppo vecchia e gli procurò soltanto una grande nausea. Quando i gendarmi lo catturarono, lo trovarono riverso per terra che vomitava e urlava e lo condussero alla stazione di polizia. Nel frattempo Gavrilo Princip, udendo l'esplosione e le urla della folla si precipitò sul luogo dell’accaduto, dove apprese che l'arciduca era ancora vivo e la duchessa appena sfiorata, così pensò bene di tornare alla postazione a lui assegnata, per riflettere su cosa fare.
Solo e impaurito fissava il vuoto indeciso se suicidarsi o scappare. Fu in quel momento che riconobbe di lì a pochi passi un luogo a lui caro che aveva già visitato alcuni giorni prima, mentre studiava il percorso dell’arciduca: era un piccolo localino vicino ad un Kaffeehaus, dove aveva ammirato in vetrina quello che gli sembrava essere il panino più buono che avesse mai visto in tutta la sua vita. Preso dallo sconforto decise di affondare i suoi dispiaceri addentando quel meraviglioso panino – la sua condizione di estrema povertà lo aveva tenuto spesso lontano dalle prelibatezze di quella regione ma aveva con se alcuni danari dell’operazione– così si sedette al bancone, fissò negli occhi il giovanotto vestito di tutto punto, e decisamente meglio di lui, che lo avrebbe di lì a poco servito e ordinò un panino con salsiccia e crauti. Passano meno di quattro minuti e il suo panino gli viene servito caldo e fumante davanti ai suoi occhi tristi e perduti. Sapeva benissimo che la cosa migliore, e forse unica, da fare sarebbe stato scappare perché probabilmente tutta la polizia imperiale era alla sua ricerca ma l’alternativa alla fuga era il suicidio o quel panino. Così con gli occhi socchiusi spalanca la bocca e lo addenta. È al terzo morso quando sente urla, applausi e schiamazzi provenire dalla strada. Al quinto quando comprende quello che sta accadendo. All’ultimo morso, ma non perché il panino sia finito, quando attraversa di corsa la porta, lasciandolo cadere per terra dalle mani. Subito dopo il destino del mondo viene calpestato da uno sconosciuto passante.
Dopo il fallito attentato, il corteo delle macchine aveva continuato verso il municipio per seguire il programma previsto. Al ritorno dal municipio l'autista della vettura in testa, però non fu informato o non capì, e lasciò il lungofiume come da programma, inoltrandosi in una stradina laterale. Quando gli urlarono di tornare indietro, l'autista si fermò cercando di capire come girare l’auto per fare il percorso a ritroso, ma probabilmente rimase bloccata dal resto del corteo, che ora era fermo. Tutto ciò accadde a pochissimi metri da Gavrilo Princip che, dopo essere uscito di gran fretta dalla taverna a fianco del Kafeehouse, lasciando scivolare a terra il più buon panino che avesse mai mangiato fino ad allora seppur senza averlo finito, nascosto dalla folla colse al volo l'occasione. Prese la bomba dalla tasca, ma non avendo spazio per alzare il braccio, estrasse la pistola, si avvicinò all'automobile imperiale e sparò due colpi a bruciapelo: uno colpì l'arciduca alla giugulare e l'altro la duchessa all'addome. Poi si puntò la pistola alla tempia ma fu fermato da un passante, che gli si buttò addosso impedendogli di spararsi. Allora inghiottì il cianuro, ma anche in questo caso fallì perché era vecchio e inefficace, così, dopo due tentativi di suicidio falliti in meno di un minuto, la folla iniziò a picchiarlo, probabilmente con l’idea di aiutarlo a farla finita visto che non ci riusciva da solo (questa frase è ironica – ndr), e forse avrebbe finito per linciarlo se la polizia non fosse intervenuta per strapparlo dalle loro mani. Tutto ciò mentre l'automobile con a bordo i reali correva in cerca di aiuto.
L’arciduca e la sua consorte erano stati colpiti alle 10:30 del mattino: Sofia morirà intorno alle 10:45, Francesco Ferdinando intorno alle 11:02. Esattamente un mese dopo cominceranno gli eventi che scatenarono la Grande Guerra, così nota fino a quando non divenne la Prima Guerra Mondiale a causa della seconda. Gavrilo Princip morirà nella prigione di Terezín, di tubercolosi il 28 aprile 1918, all'età di 23 anni. E così accadde che un panino cambiò le sorti del mondo. Probabilmente la Grande Guerra sarebbe avvenuta lo stesso anche senza panino, persino senza attentato ma sarebbe stata un’altra storia, un’altra realtà e forse il mondo sarebbe stato un altro mondo, diverso seppur uguale.
Per quanto ci affanniamo a governare il caos, è il caos che governa noi. (D’altronde per averne conferma basta guardare questo governo…)