260 anni fa nasceva William Blake: l’artista che ha raccontato il vero volto dell’Inferno
“Non c’è dubbio che fosse pazzo”, disse William Wordsworth. Pazzo, forse, visionario non c’è dubbio: egli stesso ammise che in giovinezza aveva frequentemente avuto delle visioni, prefigurazioni di ciò che in futuro avrebbe dipinto con grande maestria. William Blake è stato uno dei poeti e artisti più misteriosi della sua epoca, e a distanza di 260 dalla sua nascita l’eco delle sue opere non ha smesso di affascinare gli appassionati.
Blake definiva l’immaginazione come la precondizione necessaria dell’esistenza: un uomo senza fantasia, senza passioni né desideri vive una vita solo a metà. I cinque sensi sono limiti da superare, le “porte della percezione” vanno attraversate al fine di comprendere il vero senso della realtà: quello dell’illusione. Profezie, Bibbia, ostilità verso la Chiesa, romanticismo e misticismo si fondono nelle sue opere per creare cose mai viste e mai replicate: opere che, diceva Blake, venivano commissionate ed ammirate dagli angeli.
Sono andato nel giardino dell'amore e ho visto ciò che non avevo mai visto. Una cappella era costruita nel mezzo nel giardino dove di solito giocavo: i cancelli della cappella erano chiusi e "Tu non devi" era scritto sulla porta (…)E io ho visto che era pieno di tombe, e lapidi dove invece ci sarebbero dovuti essere i fiori; e preti in abiti neri vi camminavano intorno,incatenando con rovi i miei sogni e desideri.
I proverbi infernali: la forza creativa del desiderio
L’inferno per William Blake è stato fonte inesauribile di ispirazione. Le sue opere, scritte in un’epoca di profondi mutamenti politici, vanno oltre qualsiasi immagine ultraterrena che l’uomo poteva aver elaborato fino a quel momento: lo stesso ultraterreno per Blake non è altro che uno specchio multiforme dell’inesauribile forza dei simboli nascosti dietro la realtà.
“Il matrimonio del cielo e dell’Inferno” è tutto questo: scritto a Londra, molto probabilmente durante gli anni tumultuosi della Rivoluzione francese, il libro è composto da una lunga serie di proverbi infernali figli di un vitalismo diametralmente opposto a quello tramandato da secoli di cristianesimo. “La strada dell'eccesso porta al palazzo della saggezza”: per Blake il desiderio non rappresenta altro che l’energia creativa più alta propria dell’essere umano, e in quanto tale, una facoltà da coltivare e non da reprimere con il peccato.
Nelle immagini evocative incise all’acquaforte da Blake c’è tutto l’immaginario proprio della sua epoca, ancora ispirata da Dante e da John Milton, riletta attraverso una spinta romantica e rivoluzionaria fuori dal comune: l’Inferno non è un luogo di punizione e sofferenza, ma una dimensione di estasi dionisiaca che si raggiunge soltanto attraversando “le porte della percezione” e puntando all’infinito.
Il Grande Drago Rosso, il vero volto dell’Inferno
Dopo “Ancient of Days” le opere della serie de “Il Grande Drago Rosso” sono forse le più famose ed enigmatiche dell’artista inglese: realizzate per comporre una serie di illustrazioni per la Sacra Bibbia, le quattro incisioni si ispirano direttamente al libro dell’Apocalisse di Giovanni.
Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato.
La rivelazione delle Sacre Scritture viene reinventata da Blake con le fattezze di un enorme mostro antropomorfo con ali di drago e corna di capra, risultato di anni di studio delle opere di Dürer, Bruegel il Vecchio e Leonardo e di una inusuale capacità di mescolare ispirazione e immaginazione. Con questa incisione, oggi conservata al Brooklyn Museum di New York, Blake diventa a tutti gli effetti il più grande e controverso artista simbolista della sua epoca.