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25 luglio 1943: 80 anni fa cadeva il Fascismo, ma è veramente caduto?

La più grande invenzione del fascismo è averci fatto credere che il fascismo “ha fatto anche cose buone”, quando invece così non è. E occorre ricordarlo proprio oggi, anniversario della caduta del fascismo.
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C’è un film di molti anni fa, i Soliti sospetti, in cui il protagonista dopo averci svelato un grandissimo e inaspettato colpo di scena, diceva, guardando in camera, una delle frasi più belle del cinema e della letteratura: “La più grande invenzione del diavolo è averci fatto credere che il diavolo non esista". Ecco, parafrasandolo, vorrei dire che la più grande invenzione del fascismo è la propaganda, averci fatto credere che il fascismo avesse fatto anche cose buone, quando invece così non è. E non lo dico io solo perché sono biologicamente antifascista, ma è la storia, con i suoi fatti, ad essersi incaricata di darmi e darci ragione.

Purtroppo però, come diceva Goebbels, il ministro della propaganda nazista, "una bugia ripetuta infinite volte alfine diventa verità" e così le mitiche storie sulle fantomatiche vittorie fasciste in campo bellico, sociale e politico sono arrivate addirittura sino ai nostri giorni e nonostante la storia, con i suoi accadimenti, parli chiaro e sia lapalissiano che il fascismo sia stata una débâcle e un’ecatombe sotto ogni punto di vista, esistono ancora – e anzi oggi sono più vivaci e vive che mai – grandi risacche di fascisti e fascismo.

E occorre ricordarlo proprio oggi, ottantacinquesimo anniversario della caduta del fascismo, una data fondamentale per la nostra storia, ma assai poco conosciuta, e ancora meno ricordata, dai più: una data che fa luce su cosa fosse il fascismo e a cosa avesse portato. Perché se è possibile che nostalgici del fascismo, persecutori di quell’abominevole dottrina – che non riesco a definire "pensiero" perché è l’abolizione del pensiero stesso, del suo esercizio e della libertà di espressione – riescano a ricoprire le più alte cariche dello Stato, se è possibile che esistano tuttora persone che amano definirsi fasciste senza alcuna vergogna e decoro, se è possibile che sempre più spesso il fascismo venga sdoganato in ogni ambiente e accettato sempre più come forma di pensiero – appunto – più che come male assoluto, è perché non abbiamo studiato abbastanza, non abbiamo continuato l’esercizio della memoria ad ogni costo anche al prezzo di sembrare vetusti, vecchi e noiosi. È perché abbiamo permesso il propagarsi, come un cancro, di continue falsità, fake news, propaganda.

È perché non tutti conosciamo la storia che ha preceduto quel 25 luglio di ottantacinque anni fa. Anzi, a dire il vero, conosciamo, in generale, molto poco la storia del nostro paese: l’Italia è uno dei paesi con il più basso tasso di lettori e lettrici del mondo, agli ultimi posti per libertà d’informazione, e con una classe politica che ricicla se stessa, cambiando aspetto e non sostanza, con la disinvoltura di Arturo Brachetti, maestro dei travestimenti.

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Il 25 luglio del 1945 il primo ministro, sua eccellenza Benito Mussolini, viene sfiduciato dagli incarichi governativi, per volere del Re Vittorio Emanuele III, indotto a farlo da una congiura di palazzo (colpo di Stato) che aveva compreso che la guerra era ormai persa, e pertanto cercava disperatamente di non dover soccombere unilateralmente alle forze degli Alleati (che il 10 luglio avevano fatto breccia sulle coste siciliane) dopo che la guerra di fatto era ormai divenuta ideologica e avrebbero accettato soltanto una resa incondizionata (come poi avrebbero fatto), che provava furbescamente a trovare una via di fuga e che era riuscita a cogliere (seppur per mero interesse politico e personale) il malcontento del popolo italiano, di cui invece Mussolini era ancora convinto di essere il solo e unico duce e che lo avrebbe seguito a qualunque costo.

Il popolo italiano invece era stremato: vent’anni di promesse mai mantenute, tre anni di guerra sfamante, l’alleanza con la Germania, una campagna militare imperialista al limite del ridicolo (se non fosse per la tragica morte di centinaia di migliaia di persone) in Etiopia, la Tunisia ormai occupata dalle sole forze belliche italiane irrimediabilmente persa con la conseguente occupazione del nord Africa da parte delle truppe alleate e del passaggio in Europa attraverso la Sicilia e l’Italia, i problemi di salute di Mussolini (gastrite e duodenite nervosa) che lo costringono a letto per molta parte del tempo lasciando l’Italia senza una reale guida nel suo momento più buio, la sua più totale occlusione ad ogni tipo di alternativa che non prevedesse se stesso come uomo della provvidenza, l’ombra di Hitler, l’occupazione dell’esercito tedesco, la fame e la morte, sono l’epitaffio di un ventennio concluso nel peggiore dei modi, senza gloria e senza alcuna vittoria.

Il duce il 25 luglio del 1943 non godeva più dell’appoggio del “suo amato” popolo. La sera di domenica 25 luglio 1943, alle ore 22 e 45, la voce del generale Pietro Badoglio squarcia il silenzio, la radio interrompe le trasmissioni con questo comunicato: "Sua Maestà il Re e Imperatore ha accettato le dimissioni dalla carica di capo del Governo, Primo ministro, Segretario di Stato di Sua Eccellenza il Cavaliere Benito Mussolini, e ha nominato capo del Governo, Primo ministro, Segretario di Stato il Cavaliere, Maresciallo d’Italia, Pietro Badoglio".Per la prima volta in più di vent’anni le italiane e gli italiani sentivano il nome di Benito Mussolini anziché il duce.

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È la disfatta di Mussolini e, con essa, la caduta del fascismo, avvenuta non per iniziativa di popolo o dei partiti antifascisti, ma grazie a settori del fascismo stesso, avallati dalla monarchia. Ma il popolo, nonostante tutto, si riversa nelle strade e dà sfogo all’avversione per il regime, illudendosi che la sua caduta porterà a una rapida fine della guerra: i primi bersagli saranno i simboli del fascismo, che vengono divelti e distrutti e le case di alcuni gerarchi prese d’assalto. La cittadinanza chiede rabbiosa la vendetta contro i sostenitori del regime che aveva portato alla guerra. Ma è nello stesso comunicato della deposizione di Mussolini, che il generale Badoglio spezzava le speranze di una pace prossima con queste parole: "[…] La guerra continua".

All’illusione dell’estate del ’43 — fiorita il 25 luglio, svanita così in fretta e sepolta sotto le bombe alleate — seguiranno poi il disorientamento dell’8 settembre — con l’esercito dissolto e la fuga del Re e di Badoglio — e i mesi oscuri dell’occupazione nazista, con le deportazioni, gli attentati e le rappresaglie, a cui si aggiungerà l’incubo dei bombardamenti, che lasceranno a fine conflitto un’Italia in macerie e una Milano così descritta da Salvatore Quasimodo: "Invano cerchi fra la polvere, povera mano. La città è morta".

La figura di Mussolini si era già rivelata in tutta la sua tragica e ridicola forma, nel suo ultimo discorso (reso poi) pubblico, il cosiddetto "discorso del bagnasciuga" (che ironicamente e tragicamente ricorda un po' "crisi d’agosto" e Papeete) nel quale promise che la sola parte d'Italia che gli anglo-americani avrebbero occupato (solo orizzontalmente, cioè come cadaveri), sarebbe stata la battigia, definita da lui erroneamente bagnasciuga: "Un giorno dimostrerò che questa guerra non si poteva, non si doveva evitare, pena il nostro suicidio, pena la nostra declassazione come potenza degna di storia. (…) Oggi che il nemico si affaccia ai termini sacri della patria, i quarantasei milioni di italiani, meno trascurabili scorie, sono in potenza e in atto quarantasei milioni di combattenti, che credono nella vittoria perché credono nella forza eterna della patria". La storia con i suoi fatti si è incaricata di dargli enormemente torto. Dovremmo ricordarlo sempre, tutte e tutti, per impedire che quei fatti si ripetano altrove e in altro modo ma sempre altrettanto tragicamente.

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Ah dimenticavo, Mussolini non ha creato le pensioni (istituite per legge nel 1919), la tredicesima (1969), né tantomeno la cassaintegrazione (1947); non ha fatto nulla per la classe operaia (anzi ha sciolto i sindacati e per alcune categorie ha aumentato l'orario di lavoro), non ha creato le case popolari (istituite nel 1903), non ha bonificato praticamente nulla, né costruito strade (leggete qui il pezzo di Saverio Tommasi con tutti i dati relativi), ha messo un bel po’ di grano nelle piazze che si sa, il grano sta bene su tutto come il nero (appunto), ha promulgato leggi razziali ben prima dell’inizio della guerra o dell’occupazione nazista, ha lasciato morire 472.000 italiani e italiane, di cui un terzo civili. Ma il suo unico errore è stato allearsi con Hitler… Certo i treni arrivavano in orario e potevi lasciare le porte aperte, però se provavi a dire il contrario, ti fucilavano, ti arrestavano o nella migliore delle ipotesi ti mandavano al confino dopo averti massacrato di botte. Quindi, ha fatto anche cose buone? No, e il fascismo è caduto ottanta anni fa.

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