220 anni fa nasceva Mary Shelley, la donna che diede vita al mito di Frankenstein
Il 30 agosto del 1797 nasce, a Londra, la donna famosa in tutto il mondo con il nome di Mary Shelley. In realtà, il suo vero cognome era Wollstonecraft Godwin, un cognome importante, simbolo dell’unione del primo femminismo di sua madre, e dell’anarchismo di suo padre. Origini importanti, quelle di Mary, ma che fin dall'infanzia verranno macchiate dal lutto e dal dolore: sua madre muore dieci giorni dopo averla messa al mondo, lasciandola sola con suo padre e la sua nuova compagna.
Una vita turbolenta, segnata da relazioni familiari e amorose molto complesse: si innamora di un uomo già sposato, e soltanto dopo il terribile suicidio della moglie di lui Mary può diventare sua moglie. Da questa unione nata dalla morte nasceranno quattro figli, dei quali soltanto uno sopravvive. Anche Percy Shelley, dal quale nel frattempo Mary aveva preso il nome che la renderà famosa, muore poco dopo, affogato durante una tempesta al largo delle coste italiane.
Alcuni critici sostengono che Mary Shelley sia “nata e vissuta nel sangue”, e che abbia “scritto con il sangue”:
Non il flusso vitale e furioso della vita, ma piuttosto un rivolo scuro, raggrumato, il rivolo che scivola via dal corpo e che conduce verso la morte.
L’estate che rivoluzionò la letteratura
Mary Shelley aveva soltanto 19 anni quando, nel 1816, iniziò quell’estate che avrebbe reso noto il suo nome in tutto il mondo. Insieme al marito Percy, alla sorellastra Claire e a Lord Byron visse alcuni mesi nei pressi di Ginevra: un luogo che è passato alla storia perché qui Mary scrisse il suo Frankenstein.
Lo scopo del viaggio doveva essere quello di allontanarsi per un po’ dagli occhi indiscreti della società per evitare un grave scandalo che incombeva sulla famiglia: Claire aveva da poco iniziato una relazione con Lord Byron, ed era rimasta incinta. Ma, al di là dei turbolenti rapporti familiari che accompagneranno sempre la giovane Mary, l’estate trascorsa a Ginevra sarà una delle più ricche e feconde per la sua vita di scrittrice: qui, stimolata dalle giornate trascorse a discutere degli argomenti più disparati, di notte Mary inizia a “sognare” quello che sarà il suo capolavoro.
A dare forma alle sue fantasie, un gioco: Lord Byron sfida gli altri a comporre una storia di fantasmi. Poco tempo dopo, Mary ha già chiari i contorni dei suoi personaggi demoniaci: “Vedevo l'orrenda sagoma di un uomo sdraiato, e poi, all'entrata in funzione di qualche potente macchinario, lo vedevo mostrare segni di vita e muoversi di un movimento impacciato, quasi vitale”.
Un estate feconda non soltanto per Mary Shelley: Lord Byron aveva portato con sé un medico, John William Polidori. La grandissima fortuna ottenuta dal “Frankenstein” oscurerà per molto tempo il suo nome, che resta comunque degno di nota: nella stessa estate in cui Shelley componeva il suo capolavoro, Polidori diede forma al primo “Vampiro” della storia della letteratura occidentale.
Non solo Frankenstein
Il lutto per il marito Percy gettò Mary Shelley nello sconforto più profondo, acuito dalle numerose infedeltà che il marito aveva avuto negli ultimi tempi e dal già travagliato rapporto che si trascinava da molti mesi. La scrittura fu l’unico sollievo per Mary, e benché sottovalutata dalla critica per lungo tempo, la sua produzione letteraria si spinse ben oltre gli orizzonti del Frankenstein: Mary raccontò di amori incestuosi nel romanzo “Matilda”, scrisse storie per bambini come “La capanna del pescatore” e immaginò scenari apocalittici con “L’ultimo uomo”, oggi considerato il migliore romanzo dopo Frankenstein.