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20 anni senza Zappa. Ci vorrebbe un altro Frank

A vent’anni dalla sua morte Frank Zappa ci manca. Perché manca la libertà di fare i dischi, la voglia di provare a farne di nuovi. Stroncato da un tumore alla prostata il 4 dicembre 1993, di Zappa oggi ce ne vorrebbe un altro. Manca una figura di musicista colto, geniale, impegnato, dissacrante, comunicativo e profetico come lo è stato lui.
A cura di Luca Iavarone
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Frank Zappa non era rock, non era freak, non era pop, non era jazz. Non era sperimentale, non era avanguardia, non era teatro, non era cinema. Non era arte, non era performance, non era happening. Non era colto, non era pazzo, non era un genio.

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Frank Zappa era tutto questo. Ed era molto di più. Frank Zappa era il Novecento. Era la somma di quello che la musica, sia pop che d'avanguardia, sia colta che di facile ascolto, sia commerciale che elitaria, avrebbe voluto fare, avrebbe sperato di fare. Eppure nessuno ci era mai riuscito. Soltanto lui sapeva comunicare alle masse senza svilire il messaggio, suonare bene senza annoiare il pubblico, fare spettacolo senza essere televisivo.

All'idea che il compositore crede di aver attinto qualche cosa di artistico corrisponde il fatto che quella musica non offre gran che a chi ascolta. Io ho un altro atteggiamento: anche se la maggior parte della gente non ama quello che faccio, quelli a cui piace si divertono; non la consumano perché è arte, ma perché ci provano gusto

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Quello che doveva diventare, anche politicamente, la musica di ricerca, nel Novecento si era appiattita su modelli ripetitivi, di facile presa, o su intellettualismi salottieri e autoreferenziali. Dall'altro lato l'industria discografica prendeva la direzione dell'eterno e rassicurante ritorno di ciò che venderà, che sappiamo già che si venderà perché lo abbiamo già venduto (lo vendiamo da anni e per tanti anni ancora lo venderemo). E poi, in mezzo a questo desolato e sconfortante panorama che ci avrebbe condotti dritti fino a Giovanni Allevi, cioè il peggior risultato di tutto il peggio (praticamente un'orrenda compilation da autogrill) c'era lui: Frank Vincent Zappa.

Sono stanco di suonare davanti a gente che applaude per il motivo sbagliato.

Una discografia sterminata, varia quanto imprevedibile, da disco a disco, da concerto a concerto. Una ricerca instancabile che lo ha condotto su tutti i terreni musicali possibili: dal rock al jazz, dalla classica contemporanea alla world music, dalle canzoncine orecchiabili alla complessità strumentale. Ineseguibile (a detta di molti)! Eppure Frank non è quasi mai stato soddisfatto di come venivano suonate le sue partiture, pur avendo avuto a disposizione nelle sue compagini quanto di meglio ci fosse sulla piazza in America (Steve Vai, Alice Cooper, George Duke, Warren Cuccurullo, Adrian Belew, Mike Keneally, Terry Bozzio,Vinnie Colaiuta, Chad Wackerman…).

Preferisco utilizzare le apparecchiature elettroniche al posto dei musicisti. Fanno meno errori.

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"Freak Out!", il suo album d'esordio insieme alle Mothers of Invention, fu uno dei primissimi doppi album della storia del rock; disco fondamentale e a cui Paul McCartney si ispirò per comporre Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band. Non si fece attendere la giocosa replica del nostro che parodiò la copertina del disco dei Beatles in "We're Only in It for the Money". Da lì in poi un fiume in piena di creatività e di prolificità discografica (ancora in parte sconosciuta in quanto molte uscite postume, a cura della moglie e dei figli, sono ancora in programma).

L'arte consiste nel fare qualcosa di nessun valore e in seguito di venderla.

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Ammiratore di compositori classici come Stravinsky e Varèse, fu apprezzatissimo anche dal direttore d'orchestra Pierre Boulez, che volle dirigere alcune sue partiture, consacrandole davanti ai pubblici della sala da musica "seria" (o presunta tale). Eppure Frank era un autodidatta, certo, ma con una creatività fuori dal comune e un talento smodato, tanto che alla sua morte Alice Cooper dichiarò: «Tutti quelli che erano considerati geni (da Brian May ai Beatles), consideravano lui il genio».

“Non è necessario pensare che il mondo finisca nel fuoco o nel ghiaccio, ci sono due altre possibilità: la burocrazia e la nostalgia.”

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Ma Zappa si era confrontato costantemente nei sue testi e nelle sue riflessioni con i temi della contemporaneità (la sessualità, i media, le convenzioni, la politica), con sguardo sempre vigile e critico, piglio satirico e sbeffeggiante, smascherando deridendoli gli intrecci tra potere e società di massa, intrattenimento e controllo, religione e repressione. Una personalità coplessa, inafferabile, senza etichette (per quanto la "postmodernità" pare gli sia calzata a pennello"). Una voce critica e lucida, di artista impegnato, oltre che nella produzione, anche nella riflessione. Un "intellettuale", si direbbe, con buona pace di chi non sa che per guadagnarsi questo titolo ha da lavorare veramente sodo.

“Ricordatevi che c'è una grande differenza tra inginocchiarsi e mettersi a pecora.”

A vent'anni dalla sua morte Zappa ci manca. Perché manca la libertà di fare i dischi, la voglia di provare a farne di nuovi. Perché manca la fantasia, mancano i mezzi, mancano le idee. Mancano gli scandali, mancano le rockstar e mancano i castigatori. E soprattutto mancano i fottuti genii come lui, che sapeva perfettamente che né io né voi abbiamo mai capito nulla di quello di cui stiamo parlando:

Buona parte del giornalismo rock è composto da gente che non sa scrivere, che intervista gente che non sa parlare, per gente che non sa leggere.

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