125 anni fa nasceva Eugenio Montale: i versi più belli delle poesie del Nobel genovese
Oggi ricade il 125esimo anniversario della nascita di Eugenio Montale. Poeta, scrittore, critico letterario e giornalista, premio Nobel per la letteratura nel 1975, Montale ha scavato un solco profondo nella cultura italiana del Novecento, consegnando ai posteri raccolte di poesie in grado di fissare i termini di un nuova concezione del componimento in versi, su tutte Ossi di seppia (pubblicata originariamente nel 1925 per mano dell’amico editore Gobetti, e successivamente editata tre anni dopo, nel 1928, con l’aggiunta di alcune poesie), il suo capolavoro. Ossi di seppia è un'opera animata da un'ambizione filosofica ben precisa: Montale intendeva, infatti, esprimere la volontà di rinunciare alla prospettiva di diventare un poeta vate, come D’Annunzio prima di lui. Ecco una raccolta dei versi più belli e significativi di Eugenio Montale.
- Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede (Ho sceso dandoti il braccio, contenuta nella raccolta di poesie Satura, del 1971)
- Spesso il male di vivere ho incontrato
era il rivo strozzato che gorgoglia
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato (Spesso il male di vivere ho incontrato, tratto dalla raccolta Ossi di Seppia, del 1925)
- Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi (Meriggiare pallido e assorto, tratto dalla raccolta Ossi di Seppia, del 1925)
- Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato (Non chiederci parola che squadri da ogni lato, tratto dalla raccolta Ossi di Seppia, del 1925).
- Non recidere, forbice, quel volto,
solo nella memoria che si sfolla,
non far del grande suo viso in ascolto
la mia nebbia di sempre.
Un freddo cala… Duro il colpo svetta.
E l’acacia ferita da sé scrolla
il guscio di cicala
nella prima belletta di Novembre (Non recidere, forbice, quel volto, dalla raccolta Le occasioni, 1939).
- Avevamo studiato per l’aldilà
un fischio, un segno di riconoscimento.
Mi provo a modularlo nella speranza
che tutti siamo già morti senza saperlo.
Non ho mai capito se io fossi
il tuo cane fedele e incimurrito
o tu lo fossi per me.
Per gli altri no, eri un insetto miope
smarrito nel blabla
dell’alta società. Erano ingenui
quei furbi e non sapevano
di essere loro il tuo zimbello:
di esser visti anche al buio e smascherati
da un tuo senso infallibile, dal tuo
radar di pipistrello (Avevamo studiato per l’aldilà, dalla raccolta Xenia 1, 1964-1966).
- La bufera che sgronda sulle foglie
dure della magnolia i lunghi tuoni
marzolini e la grandine,
(i suoni di cristallo nel tuo nido
notturno ti sorprendono, dell’oro
che s’è spento sui mogani, sul taglio
dei libri rilegati, brucia ancora
una grana di zucchero nel guscio
delle tue palpebre) – La bufera, dalla raccolta La bufera e altro, 1956.
- Prima del viaggio si scrutano gli orari,
le coincidenze, le soste, le pernottazioni
e le prenotazioni (di camere con bagno
o doccia, a un letto o due o addirittura un flat);
si consultano
le guide Hachette e quelle dei musei,
si scambiano valute, si dividono
franchi da escudos, rubli da copechi;
prima del viaggio si informa
qualche amico o parente,si controllano
valigie e passaporti, si completa
il corredo, si acquista un supplemento
di lamette da barba, eventualmente
si dà un’occhiata al testamento, pura
scaramanzia perché i disastri aerei
in percentuale sono nulla;
prima
del viaggio si è tranquilli ma si sospetta che
il saggio non si muova e che il piacere
di ritornare costi uno sproposito (Prima del viaggio, tratto dalla raccolta Satura, 1962-1970)