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12 dicembre 1969: perché è ancora importante ricordare la strage di Piazza Fontana

Dicono che è una storia oramai vecchia, che sono passati cinquantuno anni, che il mondo e l’Italia sono cambiati, che è stato necessario voltare pagina, che non possiamo restare ancorati al passato ma dobbiamo volgerci al futuro: allora perché nonostante tutto è ancora così necessario e fondamentale ricordare la strage di Piazza Fontana?
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Dicono spesso che è una storia oramai vecchia, che sono passati cinquantuno anni, che il mondo e l’Italia sono totalmente cambiati, che è stato necessario voltare pagina, che non possiamo restare ancorati al passato ma dobbiamo volgerci al futuro: allora perché nonostante tutto è ancora così necessario e fondamentale ricordare la strage di Piazza Fontana?

Provate a immaginare di trovarvi in uno dei calmi, consueti giorni di festa, poco prima di Natale, uno degli anni passati, quando il mondo appariva normale. Ecco ora provate a immaginare di essere a casa tranquilli ad ascoltare della musica o studiare o fare qualunque cosa vogliate e all’improvviso sentite un enorme boato da far tremare i vetri e le porte e subito dopo un grandissimo silenzio, seguito poi, per ore, da un’ininterrotta fiumana di sirene, in quello che è il giorno più breve dell’anno. Il giorno dove l’oscurità predomina. Il giorno che alcuni hanno chiamato la notte della nostra prima Repubblica. E provate a immaginare che dopo quel pomeriggio vostro padre, vostra madre, vostro marito, vostra sorella non torneranno mai più, senza un motivo. Provate a immaginare che tutto questo accada senza un motivo (apparente).

Giuseppe, Pino, Pinelli

Ora, più precisamente, provate a immaginare di essere a casa ad aspettare che torni dal lavoro il vostro papà-marito-figlio e che si chiami Pino ed ora immaginate che questi non torni mai più (qui un racconto di Giuseppe Pinelli). Provate a immaginare che venga portato via da una pattuglia, chiuso per tre giorni senza motivo in una stanza della questura e provate a immaginare che esca da lì, lanciato da una finestra del quarto piano. Provate a immaginare che verrà accusato di ogni cosa, di ogni crimine orribile commesso in quel pomeriggio oscuro e provate a immaginare che dopo pochissimi giorni verrà scagionato da ogni accusa in qualunque sede giudiziaria. Provate a immaginare che il vostro papà-marito-figlio sia stato ammazzato innocente e tutti sappiano che era innocente. E provate a immaginare cosa si provi dopo cinquant’anni a non avere nemmeno lontanamente una parvenza di verità su chi abbia ucciso vostro padre, vostro marito, vostro figlio e perché. Provate a immaginare che egli fosse la parte migliore del paese, un uomo che lottava per ottenere più diritti per tutte e tutti, che voleva un solo suolo, una sola terra e un miglior pane per tutti e tutte e che, in fin dei conti, sia morto proprio per questo.

Ora provate a immaginare che, dopo quella bomba esplosa in quel pomeriggio oscuro, a pagarne le conseguenze siano stati soprattutto i giovani, le persone innocenti, la vita normale. Provate a immaginare che invece di cercare e trovare i colpevoli si siano accaniti sulla nostra meglio gioventù, violentandola e istigandola ad essere sempre più violenta.

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La strategia della tensione

Provate a immaginare che tutto questo si sappia ma che nulla sia mai stato fatto o detto su questo tutto. Provate a immaginare che si conoscano i mandanti di quella strage, madre di tutte le stragi e si conoscano i nomi di chi ha voluto e ordito tutto questo e di tutti i mandanti di tutte le stragi figlie di quell’oscuro pomeriggio. Provate a immaginare che fossero collusi con i fascisti, con la destra eversiva, con i servizi segreti deviati. E ora provate a immaginare che siano sempre restati lì al loro posto, a comandare, a ordire “trame, calunnie e sogni da ubriaco”. Provate a immaginare che nulla sia stato fatto contro di loro, né mai nessuna luce o chiarezza sui nomi di chi pesino le responsabilità degli accadimenti di quei giorni e di tutte le stragi a seguire per quasi un ventennio. Stragi e strategia della tensione che han creato lo spazio per far nascere la Seconda Repubblica. E infine provate a immaginare che tutto questo abbia prodotto una classe politica regina dell’ignavia, del voyerismo, dell’ignoranza, dell’opportunismo, del qualunquismo, del populismo più sfrenato, senza più alcuna distinzione. E provate a immaginare che noi tutte e tutti siamo figlie e figli di questo orrore.

Ecco, ora sapete perché è così importante, dopo cinquantuno anni, parlare ancora e sempre di Piazza Fontana.

Perché ci è stato tolto il diritto alla verità ma non possiamo permettere che ci tolgano anche il diritto alla memoria. Perché, come dice Licia Pinelli moglie di Pino, “la Verità è l’unica forma di giustizia”. Sta a noi continuare a cercarla, per lei, per le 17 vittime di quella bomba esplosa alle cinque di quel pomeriggio del 12 dicembre del 1969, per Pino diciottesima vittima, per tutte le donne e per tutti gli uomini vittime delle stragi di Stato (qui un approfondimento). Stragi che han costruito il paese in cui viviamo. Ma che è un paese nato dalla resistenza antifascista.

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