Nonostante gli ormai classici eccessi di retorica (incluso l'insistere sulla discontinuità, sull'uscita dalla palude, sul rumore del vento eccetera), il discorso di Matteo Renzi alla Direzione Nazionale del Partito Democratico ha avuto il merito di fare estrema chiarezza sul percorso che si seguirà nei prossimi giorni. Renzi ha ringraziato Letta per il "notevole" (aggettivo quantitativo non qualitativo, come ha notato Fassina, poi corretto in "positivo") lavoro svolto in questi mesi, ma ha spiegato come senta "necessario e urgente aprire una fase nuova con un governo nuovo che abbia come orizzonte la legislatura". Pur non potendo spingersi oltre per ragioni di correttezza formale e per non forzare ulteriormente la dinamica politico – istituzionale, Renzi ha lasciato intendere che a guidare il percorso sarà lui stesso, spiegando che "la responsabilità del cambiamento spetta solo al Pd".
Nel dibattito successivo è emersa più di qualche perplessità rispetto alla "forma" con la quale si è giunti alla sostanziale sfiducia di Letta ma, con l'eccezione di Civati e di pochissimi altri, si è palesata una consistente maggioranza sull'orizzonte disegnato da Renzi: quello cioè di un nuovo Governo forte a guida Pd, che assuma l'impianto del patto di coalizione presentato ieri da Letta, ma che si prefigura come "esecutivo di legislatura", con la possibilità di andare avanti fino al 2018. A questo punto Letta, che ha scelto di non partecipare alla Direzione per evitare una eccessiva (ulteriore) personalizzazione dello scontro, si troverà costretto a prendere atto della situazione. E, molto probabilmente, non chiederà ad Alfano un sostegno senza se e senza ma, evitando di essere sfiduciato in Parlamento.
La strada delle dimissioni appare scontata, dunque. Letta si recherà al Quirinale già domani per rimettere il mandato nelle mani di Napolitano. A quel punto il Capo dello Stato, che ha sempre escluso la possibilità di un nuovo ritorno alle urne, avvierà nuove consultazioni, probabilmente molto rapide, decidendo di affidare nella mani di Matteo Renzi l'incarico di formare il nuovo Governo. Il segretario del Pd procederà a sua volta a nuovi incontri, anche per allargare la base di partenza: resta tuttavia molto improbabile che Forza Italia entri nella maggioranza, così come è molto complesso il percorso per il "recupero" di Sel (reduce da un sanguinoso congresso e sostanzialmente spaccata a metà) e le presunte aperture della Lega Nord sono semplici speculazioni giornalistiche.
Successivamente Renzi, che dovrà a questo punto necessariamente dimettersi da Sindaco di Firenze, metterà nero su bianco la sua squadra: un esecutivo snello, giovane, "nel pieno rispetto delle quote rosa" e dei nuovi equilibri di maggioranza. Del quale però non farà parte Enrico Letta, che non accetterà l'offerta di guidare né la Farnesina né il ministero di via XX settembre, così come difficilmente ci saranno "tecnici" nei ruoli chiave". Infine, il passaggio parlamentare: una ratifica scontata, o quasi. Quello che accadrà di lì in poi, resta ovviamente un mistero.