Il meccanismo degli acquisti in comunione legale dei coniugi
L'art. 177 comma 1 lett. a, cc stabilisce che costituiscono oggetto di comunione legale «gli acquisti compiuti dai coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi a beni personali».
Quindi in base al disposto del codice, l'acquisto che i coniugi hanno effettuato congiuntamente (cioè il bene bene acquistato in comunione legale) confluisce immediatamente nel patrimonio comune dei due coniugi.
Confluisce nel patrimonio comune dei due coniugi anche l'acquisto effettuato da un solo coniugi in regime di comunione legale, pertanto, anche in questa situazione l'acquisti entra a far parte del patrimonio comune e l'altro coniuge ne diventa ex lege contitolare.
Non cadono in comunione legale i beni personali indicati dal legislatore (come i beni acquistati per donazione o successione morti causa) e alcuni beni esclusi dalla comunione legale in presenza di alcune formalità indicate dal 2 comma dell'articolo 179 cc.
La caduta di un bene nella comunione legale dei beni influenza anche il compimento degli atti aventi ad oggetti tali beni.
Costruzione dei coniugi sul suolo proprio
Anche la costruzione (intesa come realizzazione ex novo) di un fabbricato potrebbe rientrare nella nozione di acquisto ex art. 177 cc. in altri termini, anche nelle ipotesi di edificazione ex novo occorre valutare se tale opera cade (o meno) nella comunione legale.
Applicando le norme in materia di comunione legale (177 cc) risulta che se entrambi i coniugi, oppure uno solo di essi, costruiscono un immobile su un fondo comune, cioè di proprietà di entrambi i coniugi perché compreso nella comunione legale, (in quanto il suolo è stato acquistato dopo il matrimonio da uno o da entrambi i coniugi) tale fabbricato entra nel patrimonio della comunione legale.
Resterebbe da individuare la norma che permette di affermare che l'immobile così realizzato cade in comunione. In questo contesto, di solito si pensa che l'immobile costruito cade in comunione in base al principio dell'accessione ex art. 934 cc.
In realtà, la disciplina dell'accessione, contenuta nell'art. 934 c.c., si riferisce solo alle costruzioni su terreno altrui: essa, pertanto, non trova applicazione nelle ipotesi di costruzioni eseguite da uno dei comproprietari su suolo comune, cui si applica, invece, la normativa in materia di comunione, con la conseguenza che la comproprietà della nuova opera sorge anche a favore dei condomini non costruttori, purché sia stata realizzata con il rispetto delle norme sui limiti all'uso da parte del comproprietario delle cose comuni.
Costruzione dei coniugi sul suolo altrui
Diverso è il caso della costruzione di un edificio realizzata da un solo coniuge su terreno di proprietà esclusiva dell'altro coniuge.
In questa situazione si ritiene applicabile il principio dell'accessione e, di conseguenza, l'immobile costruito su un terreno personale del coniuge deve considerarsi di sua esclusiva proprietà di quest'ultimo (coniuge proprietario del terreno).
Al coniuge non proprietario, che ha sostenuto l'onere della costruzione spetta, previa assolvimento dell'onere della prova d'aver fornito il proprio sostegno economico, il diritto di ripetere nei confronti dell'altro coniuge le somme spese.
Identico principio si applica alla costruzione realizzata in costanza di matrimonio ed in regime di comunione legale da entrambi i coniugi su un terreno di proprietà personale di uno dei coniugi.
Azioni legali derivanti dalla costruzione (abuso edilizio, rispetto delle distanze ecc.)
Dopo (o durante) la realizzazione della costruzione potrebbero sorgere delle contestazioni relativamente alla mancanza di titoli edilizi abilitativi o per il mancato rispetto delle distanze ecc. Oppure potrebbe sorgere un contenzioso relativamente al trasferimento del bene a terzi. In queste ipotesi occorre valutare se parte del procedimento giudiziario sono (o meno) entrambi i coniugi.
Occorre, quindi, trovare un principio in base al quale risolvere le diverse questioni che si possono porre.
Sul punto (come principio generale) si può dire che qualora uno dei coniugi, in regime di comunione legale dei beni, ha da solo acquistato o venduto un bene immobile compreso nella comunione legale dei beni, il coniuge rimasto estraneo all'atto è litisconsorte necessario in tutte le controversie in cui si chieda al giudice una pronuncia che incida direttamente e immediatamente sul diritto. Non può, invece, ritenersi tale in quelle controversie in cui si chieda una decisione che incide direttamente e immediatamente sulla validità ed efficacia del contratto.
Ecco, quindi, che occorre individuare le controversi che hanno ad oggetto la validità o l'efficacia dell'atto dalle controversie che hanno ad oggetto il diritto reale.
Rientrano nell'ambito delle controversie che incidono sul diritto reale, quelle relative al rispetto delle distanze (con rimozione o arretramento del bene costruito).
Quindi, quando si discute sul rispetto delle distanze dell'edificio costruito sul fondo in comunione legale ed è necessaria la partecipazione di entrambi i coniugi. In modo più specifico, l'azione con la quale si chiede la rimozione oppure, l'arretramento a distanza legale, di opere abusivamente eseguite, dà luogo ad un litisconsorzio necessario (passivo) di entrambi i coniugi e la mancata citazione di uno dei litisconsorti costituisce vizio rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo.
In definitiva, la domanda di demolizione di corpi di fabbrica abusivamente costruiti su un terreno in regime di comunione legale, deve esser proposta nei confronti di entrambi, litisconsorti necessari, ancorché non risultino dalla nota trascritta nei registri immobiliari nè detto regime, né l'esistenza del coniuge, non trattandosi di questione concernente la circolazione dei beni e l'anteriorità dei titoli, bensì di azione reale, che prescinde perciò dall'individuazione dell'autore materiale dei lamentati abusi edilizi.
L'eventuale violazione del contraddittorio è deducibile anche per la prima volta in sede di legittimità, se risultante dagli atti.
Cass., civ. sez. II, del 28 aprile 2016, n. 8468