Così il costruttore Parnasi potrebbe mettere nei guai la Lega di Matteo Salvini
Ieri mattina Roma si è risvegliata travolta dall'ennesimo scandalo giudiziario. Questa volta nel mirino dell'operazione ‘Rinascimento' portata a termine dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Roma c'è la costruzione del nuovo stadio della Roma. Nell'ambito dell'inchiesta per corruzione sarebbe venuta alla luce l'esistenza di "un'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di condotte corruttive" e "una serie indeterminata di delitti contro la Pubblica Amministrazione". Questo scandalo vede tra gli arrestati principali il costruttore Luca Parnasi, a capo della cordata che ha presentato il progetto dello Stadio, e una serie di politici locali "asserviti agli interessi dell'imprenditore", nello svolgimento delle loro funzioni istituzionali.
Intercettato Parnasi spiegava che avrebbe dovuto "spendere qualche soldo per queste elezioni", anche se non come avveniva in passato, e che proprio in queste relazioni risiedeva la sua forza. Proprio in relazione all'arresto di Luca Parnasi, lo scandalo capitolino potrebbe travolgere la Lega di Matteo Salvini, o meglio una serie di associazioni satellite vicine al Carroccio e gestite da commercialisti vicini alla Lega.
"Dico qualcosa controcorrente, chi stava lavorando alla costruzione dello stadio della Roma (l'imprenditore Luca Parnasi, ndr) lo conosco personalmente come una persona perbene. Ora è nelle patrie galere, non si conosce mai una persona fino in fondo, spero possa dimostrare la sua innocenza. Le colpe personali vanno punite fino in fondo, ma il Codice sugli appalti invece di semplificare complica, la legge sul caporalato invece di semplificare complica. Il proliferare di leggi, di codici e di burocrazia in Italia aiuta chi vuole fregare il prossimo. Un paese più semplice probabilmente è meno corrotto. In un Paese dove ci metti di meno a ottenere i tuoi diritti è più difficile corrompere", ha dichiarato questa mattina il ministro dell'Interno Matteo Salvini, commentando l'inchiesta romana e l'arresto del costruttore.
Per capire per quale motivo Parnasi potrebbe trascinare la Lega di Matteo Salvini al centro di una bufera giudiziaria occorre fare qualche passo indietro e tornare a una serie di inchieste sui fondi della Lega pubblicate dal settimanale L'Espresso, oltre che rendere noti i rilievi contenuti all'interno dell'ordinanza di custodia cautelare da quasi 300 pagine emessa ieri mattina. All'inizio dell'anno, il settimanale L'Espresso ha pubblicato una serie di articoli dedicati ai conti della Lega e in particolare agli strani investimenti illegali del Carroccio, alla sparizione di ingenti somme proprio negli stessi anni in cui il Carroccio era a processo per truffa ai danni dello Stato, e a una Onlus, la "Più voci", costituita e "usata per ricevere finanziamenti dalle aziende e girarli subito dopo a società controllate dalla Lega".
Come mai i finanziamenti delle imprese sono arrivati sui conti di una sconosciuta associazione no profit invece che su quelli ufficiali? […] L’associazione si chiama Più Voci, esiste dall’autunno del 2015. All’apparenza sembra una rivisitazione in salsa padana della fondazione renziana Big Bang. Con la differenza che la onlus sovranista non ha nemmeno un sito internet, figuriamoci una lista pubblica dei finanziatori. A tenerne le redini sono tre commercialisti lombardi che Salvini ha voluto al suo fianco nel nuovo partito: Giulio Centemero, tesoriere, assistito dai colleghi Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni. Se è vero che la onlus Più Voci finora non ha pubblicizzato alcuna attività politica o sociale, il conto corrente di riferimento mostra una certa vitalità. Soldi – 313 mila euro in pochi mesi – che entrano, fanno una sosta e poi ripartono per altri lidi. O meglio, verso altri conti intestati a società della galassia leghista: aziende in cui i commercialisti preferiti da Salvini hanno incarichi di rilievo.
Per chiarire meglio il ruolo dell’associazione Più Voci è necessario tornare tra la metà del dicembre 2015 e i primi mesi del 2016, quando sul conto della onlus piovono due bonifici per un totale di 250 mila euro. La causale è la classica usata per i contributi ai partiti: “erogazione liberale”. I versamenti sono stati disposti dalla Immobiliare Pentapigna srl. Un nome che ai più non rivela molto. Scavando sulla proprietà si arriva a uno dei più noti costruttori della Capitale: Luca Parnasi, titolare del 100 per cento delle azioni dell’immobiliare. Già, proprio l’uomo che dovrebbe costruire il nuovo stadio della Roma, erede di una dinastia di palazzinari (lui preferisce il termine “sviluppatore di progetti”) che con il potere ha sempre flirtato.
Indagando sul tema, i giornalisti del settimanale L'Espresso provano a contattare uno dei finanziatori del partito, ovvero proprio il Luca Parnasi al centro dell'inchiesta sullo stadio romano. Parnasi, allarmato dalle telefonate dei cronisti, inizia a contattare una serie di commercialisti vicini alla Lega e alla onlus Più Voci chiedendo di effettuare operazioni retrodatate – delle false fatture, in sostanza – volte a giustificare le donazioni partite dalla sua Pentapigna Immobiliare. Ecco cosa si legge nell'ordinanza di custodia cautelare emessa stamane per l'inchiesta sullo Stadio della Roma:
"Adesso non mi costa molto…una volta non hai idea. È un investimento che io devo fare, molto moderato rispetto quanto facevo in passato, quando ho speso cifre che neanche te lo racconto. Adesso ci sono le elezioni e io spenderò qualche soldo ma la sostanza è che ora la mia forza è che alzo il telefono…", si legge nelle intercettazioni del Parnasi, che evidenzierebbero in sostanza un modus operandi ormai rodato, ovvero l'utilizzo di donazioni e finanziamenti allo scopo di controllare l'operato del politico foraggiato. Stando alla ricostruzione degli investigatori, Parnasi avrebbe finanziato con 250mila euro, sempre attraverso versamenti alla Più Voci, la campagna elettorale di Stefano Parisi in corsa come sindaco di Milano contro Beppe Sala.
"Seguendo i movimenti finanziari della galassia leghista siamo però riusciti a raccontare qualche altro fatto inedito. Abbiamo ad esempio dato conto dell'esistenza, a partire dal 2015, dell'associazione Più Voci, un'organizzazione fondata dal tesoriere del partito, Giulio Centemero, e usata per ricevere finanziamenti privati al riparo da sguardi indiscreti. È così emerso che sul conto corrente dell'associazione leghista sono arrivati bonifici a quattro e cinque zeri da Esselunga e dal costruttore romano Luca Parnasi, quello che dovrebbe realizzare lo stadio della Roma e che proprio per questo progetto è stato arrestato oggi su mandato della procura di Roma con l'accusa, insieme a diverse altre persone, di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione", spiega L'Espresso in un articolo.
Stando a quanto si evince dalle carte dell'inchiesta che ha portato all'arresto da Parnasi e altri esponenti politici romani, il costruttore capitolino, preoccupato dall'interesse del cronista de L'Espresso, chiama a raccolta i contatti milanesi legati alla Più Voci chiedendo di effettuare una serie di operazioni contabili per celare i versamenti in favore della galassia leghista e giustificare queste erogazioni, che non devono apparire nei bilanci della Pentapigna. Nelle intercettazioni riportate vengono più volte nominati Giulio Centemero, tesoriere della Lega, e Andrea Manzoni, il commercialista bergamasco dello Studio Dea Consulting al quale la Lega Nord "ha dato le chiavi della cassa del partito".
Dalle carte, inoltre, emerge che il costruttore Parnasi cercò di esportare questo sistema corruttivo anche oltre i confini romani, nello specifico a Milano. In una conversazione intercettata dagli investigatori, due stretti collaboratori di Parnasi raccontano di un incontro avvenuto con l'assessore Pierfrancesco Maran, al quale hanno cercato di offrire vantaggi in cambio dell'eventuale futura realizzazione del secondo stadio di Milano. Maran rifiuta l'offerta dei romani e spiega:
"Qua funziona così… qua se tu mi dici che la cosa la riesci a fare è perché la puoi fare, a me non mi prendi per culo perché io non mi faccio prendere…io… io non voglio essere… non voglio prendere per culo chi mi ha votato".
I due collaboratori romani, parlando della reazione dell'assessore meneghino, commentano al telefono:
"Siamo andati lì dall'assessore a fare una figura.. cioè proprio.. . sembravamo i romani… quelli… sai… dei centomila film che hai visto? I romani a Milano…".