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Così Di Maio resta con due forni ma senza pane

La “strategia dei due forni” usata da Di Maio finora è riuscita a scontentare tutti. Senza concludere niente.
A cura di Giulio Cavalli
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"Non esiste più la destra o la sinistra" diceva Di Maio in campagna elettorale eppure questi cinquanta giorni di consultazioni hanno evidenziato (per chi ne aveva bisogno) che la base elettorale che proviene da destra è palesemente disgustata dal tentativo di approccio con il Partito Democratico mentre gli elettori grillini che vengono da sinistra non hanno ancora digerito i reciproci complimenti tra lui e Matteo Salvini. Essere portatori unici di cambiamento funziona in campagna elettorale ma diventa molto più complicato mantenere la credibilità nel momento in cui tocca trovare convergenza sulle riforme e queste settimane una cosa ce l'hanno detta chiara: il Movimento 5 Stelle non è "né di destra né di sinistra" ma è "di destra e di sinistra" e i voti che arrivano sono volatili, pronti a ritornare a casa: il successo elettorale del centrodestra alle regionali e i recenti sondaggi lo spiegano abbondantemente.

Non solo: con l'intervista di ieri di Matteo Renzi ospite da Fazio il Movimento 5 Stelle è riuscito anche nel miracolo di riabilitare l'ex premier e irretire gli ex elettori del PD spostatisi sul Movimento (quelli che "voto M5S perché voglio lanciare un segnale al PD"). E fa sorridere leggere Di Maio che riesce a stupirsi se Renzi fa il Renzi, Salvini fa il Salvini e Berlusconi fa il Berlusconi: in queste settimane, a veder bene, tutti gli attori in commedia hanno recitato perfettamente la parte come ci si aspettava da loro, stupirsene è stupefacente.

Il risultato? Al di là della perdita di voti (lo dicono i numeri, eh) il Movimento 5 Stelle potrebbe riuscire nel capolavoro assoluto: il tempo usato fin qui e la mancanza di risultati è il viatico migliore per un governo di centrodestra con "chi ci sta" (Berlusconi lo sogna da mesi un governo di minoranza di centrodestra con l'aiuto di qualche "responsabile" trovato con la sua solita maestria) oppure (udite udite) un governissimo del Presidente che si occupi almeno dell'ordinaria amministrazione e che riporti al voto con una legge elettorale potabile migliore del Rosatellum. Si profila insomma lo scenario peggiore per il Movimento 5 Stelle che sarebbe "causa" (perché la politica è anche narrazione e i suoi avversari lo racconterebbero così, lo stanno già facendo) di "un governo non eletto dal popolo". E alla fine Di Maio, così affezionato ai due forni, finirebbe col restare senza pane. 

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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