Un piccolo riepilogo non guasta. L'uomo vince le elezioni primarie per la scelta del segretario del partito di maggioranza relativa alle Camere, che per di più esprime il Presidente del Consiglio. Subito si affretta a prendere le distanze da alcuni provvedimenti del Governo, intervenendo personalmente per riparare ad alcune figuracce della maggioranza. Allo stesso tempo, però, non perde occasione per esprimere fiducia e sostegno al capo del Governo e compagno di partito, riservando stoccate durissime agli altri componenti della maggioranza che sostiene l'esecutivo. Messo di fronte alla prospettiva di elezioni, l'uomo risponde sempre in maniera tra il "sarcastico" ed il "responsabile". A chi gli chiede se abbia l'ambizione di sostituire subito il suo compagno di partito risponde con sdegno e ripete il suo mantra: lealtà, onore, rispetto. A chi prospetta un cambio della squadra di Governo spiega che non serve una ristrutturazione: o la casa ha fondamenta solide e dunque resta in piedi, o si abbatte. Mai compromessi e mezze misure, mai più larghe intese. Anzi, l'uomo prova pure a "dare una mano" sulle riforme, incontrandosi con un altro tizio che, seppur fuori dal Parlamento, ha salde le redini del secondo – terzo partito del Paese.
Poi, cambia tutto. L'uomo è sempre più impaziente e in un momento di insolita calma (dopo mesi di battaglie parlamentari) si ricorda che il Governo è fermo, il Paese è nel pantano, i programmi sono inadatti e la maggioranza arranca. Dunque si cambia. Si cambia guida, ovviamente. La maggioranza invece resta la stessa, la piattaforma programmatica pure (Impegno Italia, il patto di coalizione, viene assunto come traccia), si dà una bella riverniciata all'edificio di Governo, con ministri nuovi, altri riconfermati e altri solo spostati di ruolo e infine si detta l'agenda. Come prima, verrebbe da dire. Ma ora l'uomo è al Governo, senza che in tutto questo sia stata detta una sola parola in Parlamento. Non è la prima volta che accade, certo. Ma l'uomo voleva cambiare tutto, diceva.
Anche la comunicazione. Basta con la politica degli slogan, serve il Governo del fare (ehm, certo la definizione è già stata usata…una decina di volte negli ultimi 3 anni, ma tant'è). Dunque quale occasione migliore per rinunciare alla propaganda e pensare ai problemi del Paese? E infatti l'uomo, in due minuti di intervento dopo il conferimento dell'incarico da parte del Presidente della Repubblica, fa capire subito come la pensa: una riforma al mese, a febbraio legge elettorale e riforme istituzionali, a marzo quella del lavoro, ad aprile quella della pubblica amministrazione e a maggio il fisco. Stupore, certo. Anche perché se poi uno ci pensa in dieci giorni è impossibile chiudere le riforme costituzionali (ma proprio come tempistica minima eh), così come è assurdo ipotizzare la conclusione della riforma della legge elettorale. E poi, sul lavoro, sul fisco, magari servirebbero delle idee diverse, anche perché sulle proposte fatte dall'uomo solo qualche settimana fa gli alleati avevano storto il naso. Ma all'uomo non importa molto: i giornali hanno un titolo e quel mollaccione del compagno di partito è di colpo "il temporeggiatore".
Più o meno questo è quanto (e senza retroscena, indiscrezioni, ragioni vere o presunte di scelte e cambi di marcia). Però ecco, le reazioni sono diverse da quelle che ci saremmo aspettati. Magari se l'uomo si fosse chiamato Silvio Berlusconi avremmo reagito diversamente. Ci saremmo chiesti chi gli avesse mai dato l'investitura per sedersi a Palazzo Chigi senza passare dal voto popolare (e sì che il Cavaliere di voti ne ha presi). Avremmo rivangato fino allo stremo le sue dichiarazioni contraddittorie, le sue bugie e i suoi "sono stato frainteso". Avremmo stigmatizzato il suo procedere per slogan, sbeffeggiando le sue promesse iperboliche e condannando il continuo ricorso alla propaganda. Avremmo alzato la voce contro chi si rende complice di una simile manovra di palazzo. Avremmo dubitato delle doti dei suoi collaboratori e collaboratrici, "che non ha votato nessuno". E ci saremmo stupiti della Terza Repubblica così uguale alla Prima.
Come dite? Non si può prescindere dal considerare le differenze fra l'uomo che ora andrà al Governo e quell'altro lì? Vuoi mettere, la sua energia, il suo coraggio, la sua forza d'animo? E poi, questo è un vincente, in politica e nella vita. Uno che non si perde in chiacchiere e che da solo catalizza il consenso dei cittadini. Uno che buca lo schermo, come pochi. La sola arma che resta al centrosinistra dopo anni di sofferenze e tribolazioni. È il nuovo. Già, messe in questi termini, in effetti le differenze fra i due sono veramente enormi. E poi, insomma, lasciamolo lavorare!