Non è solo il nervosismo di Roberta Lombardi, ormai a fine mandato come capogruppo alla Camera, a testimoniare la delicatezza del momento che sta attraversando il Movimento 5 Stelle. C'è anche la riflessione post elezioni amministrative che ne ha impegnato i vertici, al netto della comprensibile decisione di sostenere ufficialmente che si sia trattato "di un risultato soddisfacente". C'è lo sprone di Stefano Rodotà, che ha richiamato l'attenzione sulla necessità di un cambio di marcia, di un ampliamento della piattaforma, in qualche modo sul recupero dello spirito inclusivo degli esordi. C'è anche l'irritazione per il comportamento della maggioranza che sostiene il Governo, che nei fatti ha messo all'angolo i 5 Stelle cassandone anche le proposte di buonsenso (il dibattito sulle riforme è tremendamente esplicativo, con il legittimo richiamo alla centralità del Parlamento che è rimasto lettera morta).
C'è anche il senso di impotenza di fronte alle resistenze del sistema, mischiato alla consapevolezza / presunzione che se non passano le proposte grilline allora vuol dire semplicemente che "la politica rifiuta il cambiamento". C'è l'insofferenza per le tattiche di Pd-Pdl-Scelta Civica che bloccano le commissioni che spetterebbero all'opposizione e approfittano dell'inesperienza dei neoletti 5 stelle.
C'è tutto questo e anche di più alla base della tensione nel Movimento 5 Stelle. Palpabile, insostenibile, dannosa come poco altro. Una tensione alimentata in primis anche dall'atteggiamento di Beppe Grillo, nemmeno sfiorato dall'idea di rinunciare alla sua infallibilità divina, nemmeno tentato da un minimo di autocritica. Addirittura oltre misura quando si scaglia contro colui che era diventato uno dei punti di riferimento per gli elettori del Movimento, quello Stefano Rodotà che rappresentava il tratto d'unione fra la nuova politica e quell'Italia dalla schiena dritta "nemmeno sfiorata dalla collusione e dall'affarismo" della casta. E per cosa, poi? Per qualche velata critica, per qualche accorato consiglio? Ma, del resto, che funzionasse in questo modo sul blog del capo politico del Movimento era cosa nota da tempo. Ne avevamo parlato qui qualche mese fa:
Funziona così, in pratica: Grillo riflette, ragiona, poi scrive un post e detta la linea. Stop. Dal nulla, il capo politico indica la strada e posiziona il Movimento. Spesso raccoglie riflessioni interne, è vero. Ma altre volte si tratta di costruzioni ex novo, di ragionamenti “individuali” che vengono calati dall'alto e, sia pure commentati e criticati, mai messi in discussione. Uno schema che andava benissimo per un movimento in costruzione, che ha la necessità di cementarsi intorno ad una figura carismatica e che tende ad eliminare il dissenso, accettando piccoli compromessi e atti di arbitrio in nome di una “missione più alta”. Uno schema che va meno bene per la prima forza politica del Paese, che non dovrebbe affidarsi ai monologhi ed al pensiero unico, magari proprio in nome di quell'uno vale uno che pretende essere il tratto distintivo della sua prassi politica
Eppure, Grillo era riuscito in questi prime settimane a creare un cuscinetto fra i "novizi" del Parlamento ed il resto del Paese, capendo prima degli altri che sull'alterità al grande inciucio poteva giocarsi una partita importante. Ed era riuscito ad uscire vincitore prima dalle urne, poi dal tira e molla sul Quirinale, provocando l'implosione del Pd ed ipotizzando di cannibalizzarne i resti fino al nuovo bipolarismo: M5S contro Berlusconi. Poi, qualcosa è andato storto. Le amministrative e quella dannata allergia all'autocritica. Che pure hanno fatto in tanti all'interno del Movimento, da Alessandro Di Battista fino a Vittorio Bertola, volto storico del Movimento, che sul suo facebook ha scritto parole di estremo buonsenso:
Se gli elettori non ti votano, non puoi dare la colpa a loro. Se sono ignoranti, non sei stato capace a istruirli efficacemente. Se non ti capiscono, non ti sei spiegato bene. Se fai un post in cui dai alla gente un elenco di motivi per non votarti, poi non stupirti se non ti voterà più. […] L'astensione è un messaggio anche per te. Se la gente ha preferito stare a casa invece che venire a votarti, non è perché è troppo legata al potere e ai partiti. Al contrario, non sei stato abbastanza credibile come attore del cambiamento proprio con quelli che i partiti non li vogliono più. Invece di arrabbiarti, chiedigli perché. […] Chi fa politica deve essere in grado di ascoltare gli elettori, non solo se stesso e il gruppetto di persone attorno a sé […] Continuare all'infinito a criticare gli altri fa sorgere il sospetto che tu non abbia niente da proporre […] Meno paranoia, più tolleranza. Non esiste una lista che prende il 10, 20, 30 per cento dei voti solo da persone che la pensano esattamente allo stesso modo. Più idee diverse ci sono nel Movimento, più aumenta la capacità di rappresentare uno spettro ampio e numeroso di elettori. La lista dei duri e puri prende solo i voti dei duri e puri: il due per cento. Non può sempre essere colpa degli altri. I giornalisti venduti esistono, ma alle volte siamo noi a non saper comunicare o a dire stupidaggini. I troll esistono, ma non tutti i commenti negativi vengono da troll.
Ora, parlare di Bertola come di un eretico non sembra il caso, così come non dare la giusta rilevanza ai commenti all'ultima sfuriata anti – Rodotà potrebbe essere un errore imperdonabile. Del resto, per avere idea di quanto sia discutibile, il voltafaccia nei confronti di Rodotà basta leggere lo schietto commento di Scanzi, certamente tra gli opinionisti più "graditi" alla base grillina: "Nella classifica delle più grandi cazzate di Beppe Grillo, accanto al "Chi non è d'accordo fuori dalle palle" e ai dialoghi sin troppo concilianti col tizio di Casa Pound, c'è questo immenso autogol delirante su Rodotà. Grillo, un consiglio: quando si perde, si perde. Poche pippe mentali. Pochi scleri. E – soprattutto – qualche critica accettala. Soprattutto se arriva da uno come Rodotà, non dai servi sciocchi di Pd&Pdl."
Il punto è che Grillo sa che se il Governo riesce a narcotizzare il clima di tensione e di eccitazione del Paese, allora il Movimento può faticare a trovare carburante ed arrestare la sua corsa (di cui, lo ripetiamo, il Paese ha tremendamente bisogno). Può impantanarsi fra una Commissione ed un voto d'Aula, perdersi tra interventi alle Camere sempre più surreali, tra Bilderberg, massoneria e scie chimiche. Ed ha bisogno di tenere alta l'asticella dello scontro, costi quel che costi. Certo, poteva scendere a patti e macchiarsi del peccato originale di sostenere Bersani e "provare a cambiare il Paese tenendo per le palle il Pd", come sostiene un utente del suo blog. Ma questa è un'altra storia, di cui (forse) non sentiremo nemmeno più parlare.