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Cosa resta dell’ultima Assemblea Nazionale del Partito Democratico?

Una analisi delle questioni affrontate dal Partito Democratico durante la recente Assemblea Nazionale di Roma: le primarie, le elezioni, ma anche il programma di un (futuro) Governo del Paese.
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“Oltre l'umiliazione di questo periodo c'è l'Italia di domani e il Pd si mette, con tutte le sue forze e tutta la sua unità, a servizio di questa Italia”. Con questo messaggio finale, il segretario nazionale del Pd, Pierluigi Bersani,  ha concluso i lavori dell’Assemblea Nazionale dei democratici, tenutasi a Roma nel fine settimana scorso. Con sette giorni di ritardo, l’iniziativa doveva svolgersi a Napoli ma è poi slittata per il “disastro – primarie”, il Partito Democratico, dunque, conclude questo mini tour per l’Italia, un "giro” per la nostra penisola con l’intento di definire idee e proposte per rilanciare le proprie ambizioni di governo e trasmettere un messaggio forte ai (tanti) potenziali alleati: “ Senza di noi, l’alternativa è impossibile”. Bersani ha insistito tanto sull’orgoglio democratico;  “ siamo l’unico partito che non ha imitato il leaderismo berlusconiano” e al termine di queste tre tappe (Roma, Varese e Napoli almeno nelle intenzioni) taglia il traguardo con la conquista di quell’unità interna a lungo rincorsa, certo non scontata e probabilmente non definitivamente acquisita.

Il Pd a Roma non ha litigato. E questa è già una notizia. Il gruppo dirigente “storico” ha accantonato divergenze e polemiche, i delegati hanno votato all’unanimità (quasi) tutto quel che c’era da votare. La minoranza interna più “bellicosa”, il Movimento Democratico, ha raccolto la mano tesagli dal segretario che nel suo discorso conclusivo ha sottolineato quanto fosse “utile” l’iniziativa del Lingotto. Un segnale distensivo apprezzato da Veltroni,che ha parlato di "passo rilevante". Nessuna soddisfazione, a farla breve, per quanti attendevano un nuovo round dello scontro aperto nell’ultima direzione nazionale. Veltroni, Gentiloni e Fioroni si sono tenuti ben distanti dal palco centrale allestito nella nuova area fiera di Roma.  Nessun intervento, neanche per un ma o un però. Sul palco, invece, sono saliti gli esponenti della segreteria nazionale del partito, compresi quei giovani che Bersani vuole lanciare ma che “le tv non vogliono invitare”. A loro è toccato il compito di illustrare le proposte dei gruppi  di lavoro sulle questioni programmatiche centrali, nelle intenzioni dei democratici,  per la costruzione dell’alternativa di governo.

Roberta Agostini, responsabile salute dell’esecutivo nazionale, ha così illustrato le idee in materia di sanità sulle quali il Pd intende caratterizzarsi: “La sanità deve restare pubblica – si legge nel documento approvato dall’assemblea –  Il servizio sanitario nazionale italiano è un caposaldo della nostra democrazia. Un no convinto al tentativo strisciante del Governo di privatizzare intere fette del servizio sanitario”.  E soprattutto “i partiti devono restare fuori da questa partita. Occorrono nuovi meccanismi di selezione della classe dirigente del Servizio sanitario. Trasparenti e verificabili. Per farlo devono essere ridefiniti i requisiti professionali, i criteri e le procedure delle scelte dei direttori generali di Asl e ospedali e dei Dirigenti medici e sanitari (gli ex primari e gli altri responsabili di strutture sanitarie), attraverso chiari percorsi di selezione basati esclusivamente sul merito.

Sul welfare, ha relazionato Cecilia Carmassi, responsabile delle politiche per la famiglia, associazionismo e terzo settore: “Il PD propone una svolta radicale nell’indirizzo di politica economica e sociale”. Al centro devono esserci le nuove generazioni. Per loro, tra le altre iniziative, il Pd propone la riduzione della prima aliquota IRPEF, il miglioramento delle detrazioni da lavoro, un fondo per la dotazione di capitale con l’apertura di un conto presso l’INPS alimentato dallo Stato. E poi le famiglie, per le quali si propone la riduzione  della prima aliquota IRPEF dal 23 al 20% , la riunificazione di detrazioni per figli a carico e assegni familiari in un nuovo assegno la “dote fiscale per i figli”, l’ estensione e potenziamento del congedo parentale e istituzione del congedo di paternità obbligatorio (entro i tre anni di vita del bambino e con indennità al 100% della retribuzione. Quanto alle donne, i democratici puntano sulla  trasformazione dell'indennità di maternità in diritto di cittadinanza e relativo finanziamento a carico della fiscalità generale, sul credito di imposta per l’occupazione femminile nelle aree del mezzogiorno, su una detrazione Irpef aggiuntiva per ogni figlio a favore delle donne che lavorano.

Marco Meloni ha invece presentato le proposte di riforma della pubblica amministrazione. Un settore sul quale “ il Governo ha adottato una politica demagogica, peggiorando le cose”. Occorre ripartire dal “no all’abuso delle gestioni speciali e commissariali, dalla revisione delle norme sugli appalti, dalla trasparenza assoluta, anche patrimoniale, dei titolari di funzioni pubbliche”. E ancora “investire sull’open source, istituire uno specifico organismo di audit in grado di valutare l’operato dei diversi soggetti, adottare le best practices internazionali in fatto di gestione e governance dell’IT.

“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura”. E’ questo il titolo della proposta programmatica del Pd, illustrata da Matteo Orfini, sui temi della cultura e dell’informazione. “Avvicinare progressivamente la spesa pubblica per la cultura a livelli europei, partendo dalla chiara affermazione di un principio: quello in cultura è un investimento. Nell’affermare questa esigenza occorre però individuare strumenti di programmazione che aiutino a spendere meglio e a evitare dispersione di risorse, cominciando ad esempio dalla riorganizzazione dei diversi rivoli di finanziamenti straordinari, troppo spesso sprecati per ragioni clientelari”. Ai fondi pubblici vanno inoltre aggiunte risorse private perché “l’esperimento degli incentivi fiscali per il cinema, voluti dal governo Prodi, dimostra che, se ben congegnate, queste politiche aiutano lo sviluppo del settore e portano allo stato risorse maggiori di quelle a cui rinuncia”.

“Nel difficile contesto che attraversa la società italiana da diversi anni, va inquadrata la discussione programmatica del PD sulla questione della sicurezza”. Comincia così il documento votato dall’assemblea piddina sul tema della sicurezza, esposto dall’on. Emanuele Fiano. “La nostra credibilità in questo campo risulta minore rispetto a quella tradizionalmente assegnata al centro- destra. Per questo ci può aiutare l’esempio di quegli amministratori locali di centro- sinistra che, capaci di interpretare con coerenza le richieste dei loro concittadini, hanno saputo attuare, rispettando i principi fondamentali di convivenza civile, politiche di sicurezza efficaci e comprensibili, raccogliendo consenso e autorevolezza”. Tre i nodi centrali, enunciati dal parlamentare democratico, dai quali ripartire: 1) la conferma della centralità costituzionale della competenza esclusiva dello Stato in materia di pubblica sicurezza e la costruzione di un sistema integrato di sicurezza con un forte ruolo degli Enti locali; 2) una chiara suddivisione dei compiti, per garantire funzionamento, qualità e dignità delle forze dell’ordine; 3) la legalità e la certezza della pena.

Delle politiche per il rilancio del sud, ha parlato Umberto Ranieri, il principale sfidante di Cozzolino nelle contestatissime e “politicamente superate” primarie di Napoli per l’individuazione del candidato sindaco di centrosinistra. Significativo, nel documento votato dall’assemblea, il passaggio in cui si invita tutti ad “avviare una lettura critica ed autocritica sulla recente stagione di governo del centrosinistra nel Mezzogiorno. Il problema del Mezzogiorno come questione meridionale consiste soprattutto in una difficoltà di settori rilevanti della società meridionale a concepire la politica e le istituzioni come dimensioni volte all’affermazione di regole e interessi generali”. Per lo sviluppo e il rilancio del Sud è prioritario che “grandi  società pubbliche come Anas, Ferrovie dello Stato e Enel vadano impegnate ad aumentare significativamente i loro investimenti. E’ quanto mai opportuno per il Mezzogiorno il ritorno in campo di una politica industriale, perché l’industria è la via maestra per formare risorse manageriali, tecnologiche ed organizzative in grado di trasmettersi nella società circostante, alimentando processi innovativi. Oltre alle riforme di portata nazionale, è necessario rilanciare anche strumenti, quali i contratti di programma, che siano in grado di una funzione di indirizzo selettivo, nella direzione di un mutamento del mix produttivo del sistema industriale meridionale a favore di iniziative più innovative e con effetti propulsivi e duraturi sui sistemi locali”.

Sanità, welfare, pubblica amministrazione, sicurezza, cultura, sud. Sono dunque questi i temi principali che hanno animato la discussione programmatica durante i due giorni romani. Ma altri ancora sono gli spunti che l’assemblea democratica ci consegna. E’ stato infatti approvato un ordine del giorno, primo firmatario Ermente Realacci, che impegna il Partito a promuovere la partecipazione al voto del referendum sul nucleare. Votare si alla proposta di abolire il piano sul nucleare varato dal Governo Berlusconi: questa sarà l’indicazione elettorale di Bersani. Resta, invece, ancora da definire una posizione netta riguardo un altro, sentitissimo, quesito referendario: il Pd si schiererà per l’abrogazione del Decreto Ronchi che introduce la privatizzazione forzata delle aziende che gestiscono oggi la risorsa acqua? Al momento, una posizione chiara, da parte democratica, tarda ad arrivare. Probabile che alla fine, come per il nucleare, si scelga di sostenere l’azione dei movimenti per l’acqua pubblica. Comunque, l’assemblea di Roma questo dubbio non lo ha sciolto.

E’ stato invece votato all’unanimità un ordine del giorno che impegna il partito a sottoporre le candidature per le prossime elezioni politiche al vaglio delle primarie o di consultazioni comunque ampie (in caso di voto anticipato). Si anche al diritto di voto ai cittadini stranieri residenti e alla costituzione di una commissione sui diritti civili presieduta da Rosy Bindi e da Ignazio Marino. L’organismo si occuperà di definire le scelte programmatiche dei democratici su questioni spinose come le coppie di fatto e il biotestamento. E’ stata questa l’unica decisione presa non all’unanimità dall’assemblea…

Se l’idea di Bersani, in vista della due giorni romana, era quella di offrire all’opinione pubblica e al suo elettorato di riferimento l’immagine di un partito unito e capace di elaborare proposte programmatiche credibili, si può dire che l’obiettivo è raggiunto. Un passo avanti, su questo terreno, indubbiamente si è fatto. L’agenda di governo c’è, per usare un’espressione cara al segretario democratico.  Ma al governo ci si arriva con una coalizione ed è qui arrivano le dolenti note. Bersani ha rilanciato l’idea di un’alleanza di tutte le opposizioni per andare oltre Berlusconi.  Sulla stessa linea si è espresso Massimo D’Alema. L’ex segretario della quercia non si è tenuto distante dal microfono e nel suo intervento ha evidenziato come le proposte programmatiche presentate in assemblea siano da collegare a un appello a tutte le forze di opposizione, compresa la società civile, che vogliono reagire a “una vera e proprio emergenza democratica”. E certo le aperture di Casini su questa prospettiva rafforzano per D’Alema un percorso che lui ha provato a battere prima di altri. Il leader dell’Udc, insomma, non è più “l’amico immaginario” del politico gallipolino ma un interlocutore attento e disponibile alla costruzione di un nuovo CLN. Una strada che però non convince né Di Pietro né Vendola. E soprattutto non convince Fini. Il Presidente della Camera è infatti consapevole che l’ipotesi della grande alleanza, ogni volta che viene evocata, produce un nuovo mal di pancia nei suoi futuristi. Il Partito Democratico voleva rappresentare l’apoteosi del compromesso storico tra ex democristiani ed ex comunisti. L’ipotesi della grande coalizione va oltre e punta, in nome dell’emergenza, ad unire i figli della fiamma agli eredi di Berlinguer e Moro.

Un triplo salto indietro nella storia del Paese e nel cuore di tanti cittadini italiani, al di là delle loro appartenenze politiche. E comunque, le difficoltà non si riducono neanche se lo sguardo lo si rivolge al futuro. Perché da un lato c’è l’idea della destra europea e dall’altro c’è un centrosinistra teso a definire presto la propria identità riformista. In mezzo, nel presente, c’è un Governo che vuole andare avanti e una maggioranza parlamentare pronta a sostenerlo. I dubbi crescono. L’opzione dell’alleanza larga si tiene in piedi soltanto nel contesto politico attuale. Vive sulla prospettiva del voto anticipato (anzi, immediato). Una soluzione, quindi, inadatta a resistere nel tempo. Le speranze di una sua realizzazione sono fisiologicamente legate alla fine prematura di questa legislatura. E’ il gioco dell’oca: se Bersani non vince subito, rischia di ricominciare la corsa dalla casella iniziale.

A cura di Antonio Corbo

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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