La parabola del decreto Irpef è nota: da ipotesi, a misura annunciata, poi confermata ed effettivamente erogata. Così come è nota la polemica politica sulla presunta strumentalità del provvedimento a fini elettoralistici, rinfocolatasi dopo l'inatteso risultato delle elezioni europee. Nelle ultime settimane, però, è riesplosa la questione delle coperture e dell'effettiva incidenza del provvedimento che ora è in fase di conversione in Parlamento, dopo il passaggio in Senato e la blindatura della Camera. Dopo le prime obiezioni del Centro Studi del Senato, arriva il dossier tecnico del servizio studi della Camera dei deputati: con la conferma di alcune perplessità su coperture e "utilità finale" del provvedimento, questione che sta contribuendo a riaccendere la contestazione dell'opposizione. Ma proviamo a vedere nel concreto quali sono i "profili finanziari del dl 66/2014 Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale" e quali le perplessità evidenziate dal dossier.
Gli effetti del bonus in busta paga sui saldi di finanza pubblica e le coperture
Il dossier si apre con un doppio binario di considerazioni per quel che concerne l'impatto delle misure del bonus sulle finanze pubbliche. L'impatto netto determina infatti un peggioramento del saldo da finanziare (-18,1 miliardi di euro) e del fabbisogno per l'anno in corso (-8,4 miliardi di euro), mentre negli anni successivi non sembrano esserci problemi; solo marginali e comunque positivi, invece, gli effetti sull'indebitamento netto. Poi si analizzano le risorse attivate e le relative coperture. Si legge, infatti:
La riduzione del cuneo fiscale (6,6 miliardi di minori entrate nel 2014, cui si aggiungono maggiori spese per l’istituzione dell’apposito fondo pari a 2,7 miliardi nel 2015 e 4,7 miliardi nel 2016) e dell’aliquota IRAP (minori entrate per 700 milioni nel 2014, 3,1 miliardi nel 2015 e 2 miliardi nel 2016), nonché le risorse destinate all’edilizia scolastica (122 milioni nel biennio 2014-2015) e alle micro – piccole imprese (50 e 100 milioni, rispettivamente nel 2015 e 2016), trovano copertura, oltre che nelle entrate rivenienti dalla lotta all’evasione (300 milioni annui) e dalla riduzione di agevolazioni (circa 400 milioni annui), nel maggior gettito conseguente all’innalzamento delle aliquote sulle rendite finanziarie (720 milioni nel 2014, 2,3 miliardi nel 23015 e circa 3 miliardi nel 2016) e nei risparmi derivanti dalla razionalizzazione della spesa pubblica.
A tali risorse bisogna aggiungere le entrate relative all'incremento dell'aliquota sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia e all'anticipo del versamento dell'imposta sostitutiva per le rivalutazioni dei beni e delle partecipazioni societarie. Provvedimenti che, si rileva, si configurano come "una tantum" e, come tali, "incidenti sull’indebitamento netto in termini nominali, ma non sul saldo di bilancio strutturale, parametro questo rilevante ai fini del rispetto delle regole della governance europea".
Su quest'ultimo punto, il dossier insiste nelle pagine successive, mostrando come la tassazione dei redditi da rendite di natura finanziaria debba essere necessariamente oggetto di ulteriori chiarimenti, sia per il "caso Bankitalia" che per la gestione di obbligazioni e titoli emesse da paese membri della Comunità Europea (e non si escludono conflittualità con la normativa Ue). C'è poi il rischio sostanziale di una diminuzione del gettito relativa alla "fuga" degli investitori a seguito dell'aumento dell'aliquota.
I dubbi sulle modalità di calcolo del bonus di 80 euro
Nell'analisi del provvedimento di riduzione del cuneo fiscale per lavoratori dipendenti e assimilati, il servizio studi della Camera si sofferma su un aspetto particolare: i modelli di simulazione e la base dati su cui sono stati realizzati i calcoli del ministero dell'Economia. Il problema è che la microsimulazione è stata effettuata con riferimento ai redditi del 2011, "estrapolati al 2014"; scelta che apre un doppio quesito: perché non usare dati aggiornati? E come è avvenuta l'estrapolazione dei dati per il 2014? Infatti, si legge, "la platea dei soggetti interessati potrebbe aver subito un cambiamento significativo sia dal punto numerico sia, per altro verso, dal punto di vista del reddito di riferimento realizzato da ciascun soggetto". Insomma, potrebbero aver accesso al bonus anche persone che superano le soglie, o di contro, potrebbe essere cresciuto il numero degli incapienti. Ma ancora: è necessario che il Governo chiarisca "sugli effetti in termini di pressione fiscale tenuto conto che il credito introdotto non rileverebbe per la quota che si registra come maggiori spese riferite al datore di lavoro privato", causando ulteriori problemi di quantificazione del carico fiscale.