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Opinioni

Cosa c’è di vero nel caso del complotto ai danni di Di Maio sul decreto dignità

Cosa sappiamo del caso che ha coinvolto Luigi Di Maio, Giovanni Tria, l’INPS e la Ragioneria generale dello Stato in relazione al decreto dignità e alla previsione della perdita di 8mila posti di lavoro l’anno per i prossimi dieci anni. Una polemica politica che rischia di avere ripercussioni decisamente rilevanti.
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I contorni del caso che ha visto protagonisti il ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio, quello dell'Economia Giovanni Tria, l'INPS e la Ragioneria generale dello Stato in relazione al decreto dignità sono già noti e ruotano intorno a una tabella con l'indicazione di 80mila posti di lavoro in meno nei prossimi dieci anni per effetto del provvedimento approvato dal governo Conte. La tabella compariva nell'ultima relazione tecnica predisposta dalla Ragioneria Generale dello Stato, che accompagnava il testo del decreto e ne chiariva l'impatto in termini di costi e di effetti sull'economia del Paese. Sulla "genesi" dei dati contenuti nella tabella e sulla sua affidabilità, ma anche sul perché fosse stata allegata "in un secondo momento" alla relazione tecnica della Ragioneria, si è scatenata una furiosa polemica politica, animata anche da Luigi Di Maio, che ha parlato di "numero che non ha nessuna validità, non ha una cosa che ci hanno messo i miei ministeri, non è una relazione che hanno chiesto i miei ministeri e soprattutto la relazione non è stata chiesta dai ministri della Repubblica". Il leader 5 Stelle aveva anche ipotizzato che ci fosse la regia delle "lobby che temono gli effetti del decreto dignità", mentre alcune fonti interne al partito ipotizzavano epurazioni interne alla Ragioneria Generale dello Stato(che, lo ricordiamo, dipende dal Ministero dell'Economia).

La questione è abbastanza complessa e Repubblica ha provato a ricostruirne i passaggi essenziali, per evidenziare eventuali responsabilità e fornire un contesto alle note apparse in queste ore. A quanto pare, nella prima relazione tecnica, ovvero quella allegata al decreto approvato dal Consiglio dei ministri il 2 luglio, la tabella incriminata non compariva. Stando alla ricostruzione della giornalista Valentina Conte, dunque, dopo l'ok del Cdm gli uffici del ministero del Lavoro chiedevano all'INPS di fornire un parere sul testo "come accade sempre per provvedimenti sul lavoro o sulle pensioni". L'istituto presieduto da Boeri rispondeva pochi giorni dopo, il 5 luglio, con una valutazione in cui non c'era traccia della tabella né della stima dei posti di lavoro a rischio. Questa valutazione passava dal ministero del Lavoro alla Ragioneria dello Stato, come da prassi. A questo punto, però, accadeva qualcosa. Lo spiega Lorenzo Salvia sul Corsera, partendo proprio dalla relazione presentata il 5 luglio:

La Ragioneria lo considera insufficiente per procedere alla cosiddetta bollinatura, cioè al via libera sulla correttezza delle coperture. In particolare per un passaggio, quello in cui dice che «l’eventuale minore gettito derivante dalla contrazione dei contratti a tempo determinato sia bilanciato» in parte dalle «maggiori entrate derivanti dalla maggiore propensione al consumo dei lavoratori assunti a tempo indeterminato». Troppo vago, soprattutto senza numeri. È a questo punto che la Ragioneria generale dello Stato chiede all’Inps di stimare gli effetti del decreto in modo più approfondito: di quanto potrebbero calare i contratti a termine? E di quanto potrebbero aumentare quelli stabili? I tempi si allungano ma poi arriva la nuova relazione tecnica, quella con il possibile calo di 80 mila posti in dieci anni. Quando arriva?

Stando alla versione di Di Maio, questa relazione sarebbe arrivata poco prima di essere inviata al Quirinale, senza passare per gli uffici del suo ministero. Dall'INPS fanno sapere che il testo è stato inviato prima, ma soprattutto si sottolinea come sia praticamente impossibile che al Ministero del Lavoro non sapessero, come spiega sempre Salvia: "Quando si lavora a documenti così complessi, Ragioneria, Inps e ministeri non si limitano a inviare i testi finali «al buio». Collaborano nella stesura delle bozze successive. E l’Inps, che ha i dati e la competenza tecnica necessaria, è comunque un organo «vigilato», cioè controllato, dal ministero del Lavoro. Possibile che in quel ministero nessuno sapesse nulla?".

AGGIORNAMENTO: Da una ricostruzione di Alessandro Barbera su La Stampa, con tanto di "carte" a sostegno, emerge una risposta diversa alla domanda "quando è stata spedita la nuova relazione?" Il quotidiano torinese ricostruisce la vicenda così:

Tutto inizia il due luglio, quando l’ufficio legislativo del ministero del Lavoro scrive all’Inps per chiedere di predisporre «con la massima urgenza» la platea dei lavoratori coinvolti «al fine di quantificare il minor gettito contributivo». Detto fatto: quattro giorni dopo, il sei luglio, la segreteria tecnica di Boeri spedisce all’ufficio legislativo del ministero quanto richiesto. Mail certificata e testo non lasciano dubbi: al ministero la scheda che stima impietosamente il calo degli occupati è sul tavolo del ministero sei giorni prima della bollinatura da parte della Ragioneria generale dello Stato, il 12 luglio.

Di Maio e Tria, a questo punto, decidono di rilasciare una nota congiunta, per disinnescare quella che potrebbe essere una vera bomba, con organismi come la Ragioneria dello Stato (controllata dal MEF) e dell'INPS (che risponde al ministero del Lavoro) accusati più o meno direttamente di aver messo in atto un vero "agguato" al governo. La prima parte della nota vuole chiarire come non sia ipotizzabile una caccia alle streghe all'interno del MEF e della Rgs, dunque smentendo i retroscena che ipotizzavano massicce epurazioni in salsa grillina: "Il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio non ha mai accusato né il ministero dell’Economia e delle Finanze né la Ragioneria Generale dello Stato di alcun intervento nella predisposizione della relazione tecnica al dl dignità. Certamente, però, bisogna capire da dove provenga quella ‘manina’ che, si ribadisce, non va ricercata nell’ambito del MEF".

Il problema resta, come evidente, anche per chiarire i dettagli della relazione tecnica dell'INPS, che Di Maio e Tria ritengono campata in aria: "In merito alla relazione tecnica che accompagna il dl Dignità, il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ritiene che le stime di fonte Inps sugli effetti delle disposizioni relative ai contratti di lavoro contenute nel decreto siano prive di basi scientifiche e in quanto tali discutibili". Insomma, per sintetizzare: da un lato Di Maio e Tria vogliono capire come sia stato possibile che questa tabella sia comparsa solo prima dell'invio del decreto al Quirinale e chi sia stato a caldeggiare un secondo parere all'INPS; dall'altro si punta il dito proprio contro l'istituto presieduto da Tito Boeri, che avrebbe fornito una stima priva di basi scientifiche. E proprio in relazione a questo aspetto, la Ragioneria generale dello Stato fa sapere di aver "preso atto delle stime Inps sul decreto dignità", ma vista la loro "inevitabile incertezza", di aver chiesto "la clausola di monitoraggio", che prevede un check trimestrale degli effetti dei provvedimenti sull'economia italiana.

Insomma, Di Maio, Tria e ora anche la Rgs criticano più o meno direttamente il lavoro dell'INPS, cui viene attribuito un lavoro impreciso e una gestione non lineare. E anche il ministro dell'Interno Matteo Salvini picchia duro, direttamente dalla Russia, dove è volato per assistere alla finale della Coppa del Mondo: "Questo è un decreto che mira a creare nuovi posti di lavoro e so per certo che ci sono alcuni organismi, penso all'Inps, con cui non ho da fare polemiche personali perché non mi interessano, che però hanno una visione della realtà che è assolutamente lontana da quella degli italiani, da quella del mondo del lavoro, del mondo delle pensioni".

La palla, a questo punto, passa a Tito Boeri e all'INPS. Che possono rispondere alla domanda essenziale, la sola che dovrebbe contare: ma davvero sono a rischio 80mila posti in dieci anni a causa del decreto? Una risposta decisiva, che dovrebbe influenzare anche il lavoro del Parlamento, chiamato a breve a convertire in legge il decreto.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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